Milan, to B. or not to Bee questo è il problema: un miliardo di motivi per cambiare

A Casa Milan tiene banco l'offerta di un magnate thailandese

17 Febbraio 2015   05:53  

Un miliardo di motivi per cambiare questo Milan. Dopo l'ennesimo scivolone dei rossoneri in campionato (1-1 con la rivelazione Empoli), arriva puntuale il forte scossone mediatico direttamente dalla Thailandia. Infatti, stando a quanto riferito dal quotidiano "Bangkok Post", sembrerebbe che l'uomo d'affari Bee Taechaubol , a capo del gruppo finanziario Thai Prime", sarebbe interessato a rilevare una quota superiore al 50% delle azioni del club di Via Aldo Rossi.

In tal senso, da Casa Milan, non sembrano esserci aperture reali all'affare, anche se Fininvest, il gruppo finanziario che si occupa delle casse rossonere, pur smentendo l'esistenza di qualsiasi trattiva o negoziato in corso, aveva dichiarato che l'interesse ad acquisire alcune quote del club di Berlusconi è stato palesato da diversi imprenditori.

A questo punto c'è da chiedersi: sarà vero? E' questa la scelta giusta per riportare il Milan ai fasti di un tempo? C'è da fidarsi?

In un primo momento, anche il tifoso più ottimista risponderebbe di sì di fronte al "miliardo" di cui parla il falcotoso signor "Bee". Eppure, i vertici di Casa Milan, nel pomeriggio di ieri, hanno espresso forti perplessità rispetto alla notizia riportata dalle agenzie. Tale perplessità è ribadita dalla stessa Fininvest che ha diramato un nuovo comunicato sempre nel pomeriggio di ieri: "In relazione a notizie di stampa, la Fininvest ribadisce di non essere interessata alla cessione di quote di maggioranza dell'AC Milan. Per il resto, la società non può che confermare quanto dichiarato sabato 14 febbraio: vari soggetti hanno mostrato interesse per partnership relative al Milan stesso, ma non esistono colloqui di qualche concretezza e tantomeno pre-accordi o incontri decisivi in agenda".

Insomma, sembra che, come al solito, non se ne faccia niente. Tuttavia, il tifoso rossonero medio, non può essere felice di questa resistenza da parte del club rossonero, soprattutto alla luce di quanto visto dal 6 gennaio in avanti: l'involuzione della squadra allenata da Inzaghi ha dell'incredibile, la media punti si è dimezzata e lo stesso vale per le statistiche riguardanti  gol, tiri in porta e occasioni create. Gli unici numeri a crescere dalle parti di Milanello sono quelli relativi a gol subiti, infortuni ed espulsioni, oltre al divario con le rivali. Inzaghi sembra non capirci più nulla e la squadra pare essere completamente abbandonata a sè stessa. Il momento è il più buio dell'era berlusconiana e ha del clamoroso se si pensa in proiezione futura: infatti, neanche un anno fa, al momento dell'avvicendamento tra Allegri (che naviga tranquillamente verso il suo secondo Scudetto personale) e Seedorf si era detto che era proprio quello di Allegri il peggior Milan dall'avvento dell'ex Cavaliere; il chè significa che al peggio non c'è mai fine, soprattutto se sul futuro ci sono tanti nuvoloni grigi. A questo punto, in una totale incertezza dal punto di vista economico, gestionale e sportivo il miliardo promesso da Mr. Bee (il cui nome già si presta allo scherno delle delle altre tifoserie) si presenta come un'occasione imperdibile, soprattutto se fosse realmente vera l'intenzione della famiglia Berlusconi di riportare il Milan sul tetto del mondo. Certo, lasciando da parte i sentimentalismi (per non urtare la sensibilità del tifoso anti-Silvio), c'è da dire effettivamente che il Milan, il club italiano più seguito nel mondo, non è un giocattolo, tantomeno uno strumento per farsi pubblicità. Ed è questa la perplessità maggiore che affligge i pensieri delle alte sfere del club.

Detto questo, rimane la sfrenata voglia di cambiamento. Attenzione, però: cambiamento non va inteso necessariamente come avvicendamento nelle quote di maggioranza, bensì un cambiamento profondo e viscerale di cui questo Milan-ino non può fare a meno. Dalla panchina agli interpreti, dallo staff medico a quello tecnico e atletico, dall'immagine (che non è più quella ai tempi di Sheva o Van Basten), per finire, alla dirigenza. Uno dei maggiori vanti calcistici del Paese non può ritrovarsi a balbettare di fronte a Cesena, Parma, Empoli e via dicendo, soprattutto se nella sua storia ci ha sempre abituato a far tremare gli avversari, dal Legnano al Real Madrid.

Insomma, Thailandia sì, Thailandia no, il Milan rimane la solita terra dei cachi, per citare un successo Sanremese (visto che ne siamo reduci) di Elio e le Storie Tese. Il dilemma rimane, B. o Bee? Non importa ormai più di tanto, quel che importa è tornare a vedere grande il Milan.

Daniele Polidoro


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