Barnard, Facebook e gli aquilani che non meritano l'università

04 Marzo 2011   12:08  

Rivela il giornalista Paolo Barnard: ''Facebook è una trappola dove milioni di persone hanno consegnato alle multinazionali del futuro, quelle Web, i propri dati personali/gusti/idee/intenzioni (...) L'attivismo di tastiera in cui milioni di persone sono cadute trova il suo apogeo nell'illusione che "grazie ai social network le informazioni si diramano". Non è vero. E' vero il contrario, cioè che per colpa di questo maledetto aspetto della Rete siamo sempre più inutili e incapaci di uscire di casa e agire.''

Sarà vero. Fatto sta che a L'Aquila, in una città senza quasi più luoghi d'incontro, e un opinione ancora più afona, asfittica, menefreghista rispetto a quella che era prima del sisma e della diaspora, nel non-luogo di Facebook è possibile spesso confrontarsi, scambiarsi opinioni anche scomode.

A seguire a mò di esempio, un dialogo captato in forma di post sul tema dell'Università prima e dopo il sisma.

''L'Aquila non è mai stata una città universitaria, ha semplicemente fondato per una ventina d'anni la sua economia sull'università. Per questo dire "L'Aquila città universitaria" significa pretendere di mimetizzare una relazione essenzialmente predatoria nei panni di una relazione simbiotica.''

''D'accordissimo. Del resto oltre alla questione culturale/mentale la faccenda è stata sempre di politica economica: privilegio la rendita (affitti alti e in nero) o rendo la città attrattiva per i migliori (prof e studenti) investendo su servizi (una grande casa delle studente, trasporti, vita culturale, ...)? Finora si è privilegiata la prima (quale sindaco va contro i proprietari di casa a vantaggio degli studenti che non votano?), ora visto che le case non ci sono, forse, ma forse, si può immaginare altro.''

''A Cambridge tenevano gli studenti due anni su tre nelle residenze dai College e il terzo anno dovevano affittare qualcosa in città, così ci guadagnava sia l'università che la città (io compreso perchè avevo una casa). Con un po' di intelligenza e spirito di collaborazione i due interessi possono essere entrambi soddisfatti.''

''Io sono arrivata qui una ventina di anni fa e ho già trovato lo scollamento tra città e università, come fossero mondi paralleli, e non sono mai riuscita a comprendere cosa avesse determinato questa frattura .. prima del terremoto l'unico c...ollante erano gli studenti, non soltanto perchè pagavano gli affitti, spendevano etc etc, ma soprattutto perchè la città "la vivevano", e la vivevano più loro che tanti aquilani (bastava andare un po' in giro la sera per rendersene conto) ... ora che non c'è più una città che gli studenti possano vivere, la frattura si è palesata al suo massimo io come "universitaria" trovo estremamente irrritante la diffidenza e il fastidio che la città (in tutte le sue classi sociali) prova verso di noi, ma ciò nonostante continuo a fare ogni sforzo per provare a sanare la frattura laddove mi è possibile intervenire .. e non smetterò di farlo occorrerebbe far notare che l'aver riportato tutte le facoltà in città nel giro di 4 mesi (tra difficoltà *indicibili*) è stata una scelta dettata dalla percezione dell'obbligo morale di rimanere parte integrante della città e di essere presenti da subito nel processo di ripresa .. non so quanto questo sia stato capito ...''

''D'accordissimo. Del resto oltre alla questione culturale/mentale la faccenda è stata sempre di politica economica: privilegio la rendita (affitti alti e in nero) o rendo la città attrattiva per i migliori (prof e studenti) investendo su servizi (una grande casa delle studente, trasporti, vita culturale, ...)? Finora si è privilegiata la prima (quale sindaco va contro i proprietari di casa a vantaggio degli studenti che non votano?), ora visto che le case non ci sono, forse, ma forse, si può immaginare altro.''

Mario, certo, ne parliamo con piacere

''Fra poco le virgolette le dovremo mettere anche sul termine 'città'... non si tratta solo di economia legata alla residenzialità, come pure il riconoscimento si basa sulla relazione nella reciprocità (es, manca da sempre la connessione tra amministrazione comunale e università, a partire dall'assenza di un assessorato ...dici che non un pò di intelligenza e spirito di collaborazione le cose potrebbero andare? allora ci sono pochissime speranze (la prima dote non mi pare sia rilevabile in eccesso in questa valle, il secondo è scarso in Italia e praticamente assente in Abruzzo)...già, descrivere la relazione città/università in termini di rapporti ecologici può essere utile per costruire spiegazioni pregnanti... per la borghesia urbana gli studenti sono stati da sempre assimilabili a una sorta di servitù della gleba (cosa che, in varia misura, succede in molte città universitarie, ma non ai livelli che spesso si sono visti qui)''


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