Chiodi e De Dominicis: fronte comune per l'emergenza Bussi

In arrivo 80 ml per bonifica della discarica

14 Febbraio 2009   13:13  

A palazzo Centi alla buon ora, il presidente della provincia di Pescara Pino De Domincis è arrivato con una cartellina piena di problemi ed  emergenze da consegnare al presidente della Regione Gianni Chiodi, in vista di un comune impegno. Tre nello specifico le priorità  da affrontare: la crisi del Polo chimico di Bussi, la bonifica della mega discarica dei veleni sempre a Bussi, l’accordo di programma quadro per le aree in crisi, ovvero investimenti, infrastrutture e utilizzo dei fondi disporli da concertare con le altre province.  

La Regione, ha affermato Chiodi farà tutto quello che è in suo potere per risolvere l’emergenza di Bussi e si è detto pronto ad incontrare  i vertici della multinazionale Medavox. Per quanto riguarda la bonifica della mega-discarica, afferma Chiodi, una svolta è vicina

Ma sottolinea Chiodi: per superare la crisi non bastano i soldi,  occorre utilizzarli  bene investendo in progetti che abbiano un respiro più ampio rispetto alle scadenze elettorali

NELL'ESPRESSO DI QUESTA SETTIMANA UN ARTICOLO SULLA DISCARICA DI BUSSI

Piombo nell'acqua

di Primo Di Nicola

Per l'inquinamento delle falde chiesto il processo per 25 persone. Compreso il vertice di Montedison. Gli avvelenatori stavolta hanno un nome e un cognome. E potrebbero finire tutti molto presto alla sbarra. Con accuse pesantissime che vanno dall'avvelenamento delle falde e delle acque destinate al consumo umano (almeno 15 anni la pena prevista, ergastolo in caso di morte di più persone) al disastro ambientale, dal commercio di sostanze contraffatte alla turbativa d'asta. Lo chiede il sostituto procuratore della Repubblica di Pescara Anna Rita Mantini che ha chiuso le indagini sulle megadiscariche abusive di Bussi sul Tirino invocando il rinvio a giudizio dei responsabili di una delle più grandi catastrofi idrico-ambientali italiane (il Gup che deve decidere sulle richieste del pm non ha ancora fissato l'udienza). Si tratta in tutto di 25 imputati, tra i quali spiccano personaggi come Guido Angiolini, amministratore delegato pro tempore di Montedison, indicata come la protagonista degli smaltimenti illeciti che hanno inquinato le falde dell'acquedotto che per anni ha rifornito un bacino di circa 500 mila persone, Pescara compresa; o come Giorgio D'Ambrosio, ex deputato della Margherita e presidente pro tempore dell'Ambito territoriale ottimale (Ato) che avrebbe dovuto vigilare sull'acqua e chiudere i rubinetti dopo la scoperta dell'avvelenamento.

Lo scandalo di Bussi esplode all'inizio del 2007 quando una soffiata consente alla Guardia forestale di scoprire una prima discarica abusiva di 4 ettari alla confluenza tra i fiumi Tirino e Pescara. Dagli scavi vengono alla luce rifiuti altamente tossici e nocivi frutto delle attività del polo chimico di Bussi (utilizzato anche per produzioni belliche, a cominciare dalla iprite, famigerato gas adoperato in passato in numerosi conflitti bellici), fino al 2001 di proprietà della Montedison, in seguito ceduto alla Solvay. In tutto 165 mila metri cubi di materiale (pari a circa 214 mila tonnellate) smaltito illecitamente e composto da sostanze altamente inquinanti come esacloroetano e percloroetilene oltre che da altissime concentrazioni di piombo e mercurio

A chi appartiene l'area della discarica? Alla Come iniziative immobiliari, società del Gruppo Montedison amministrata anch'essa da Angioini. Ma le sorprese non sono finite: nel giro di pochi giorni vengono alla luce altre tre discariche inquinanti, due delle quali parzialmente autorizzate, l'altra completamente abusiva. Anche stavolta i risultati delle analisi fanno rizzare i capelli: inquinanti e veleni come mercurio, piombo, alluminio e clorurati organici, anch'essi riconducibili alle attività del polo chimico, sono presenti in grande quantità nelle aree interessate. Con conseguenze devastanti per la salute dei cittadini. Le aree delle discariche pestifere (per bonificare le quali ci vorranno oltre 700 milioni di euro) sono infatti a monte della zona di Colle Sant'Angelo dove da decenni sono aperti i pozzi idrici che alimentano l'acquedotto che serve i comuni della valle fino a Pescara. E proprio in queste falde finiscono i veleni delle discariche.

Che cosa esattamente? Secondo la perizia ordinata dalla procura ai professori Antonio Di Molfetta e Francesco Fracassi, oltre a piombo e mercurio, tetraclorometano, tricloroetilene e cloruro di vinile, sostanze universalmente note per gli effetti cancerogeni sull'uomo.

E queste schifezze hanno bevuto chissà per quanto tempo gli abruzzesi. Senza che nessuno muovesse foglia per tutelare la loro salute. Qualcuno, anzi, sembra avere lavorato in senso opposto. Come i vertici della Montedison, che a partire dal 1992, a fronte degli allarmanti risultati di vari studi sull'inquinamento delle falde acquifere mettono in campo "una vera e propria strategia d'impresa" per insabbiare la bomba chimica che avevano innescato. O come Giorgio D'Ambrosio, l'ex presidente dell'Ato e oggi uomo di punta del Pd abruzzese. Quando nell'agosto del 2007, dopo avere appreso dell'inquinamento delle acque, Adriano Goio, commissario delegato nominato dal governo, decide la chiusura dei pozzi Sant'Angelo, D'Ambrosio come presidente dell'Ato, ne ordina addirittura la riapertura. Per lui quell'acqua era potabilissima

 

 

 

 

 


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