D'Alema il Clausewitz di Gallipoli tra le macerie aquilane

Parliamo dei giovani

17 Dicembre 2010   15:35  

Sempre retoricamente efficace, ma tutto sommato bolso e noioso, capace di far apparire assolute banalità e cose dette e ridette, come chissà quali rivelazioni e intuizioni di alta strategia politica. Il sessantenne e canuto Massimo D'Alema era a L'Aquila ieri sera, davanti una platea di giovani del Pd e moltissime sedie vuote al ridotto del Teatro Comunale dell'Aquila, in occasione di incontro formativo della scuola quadri del partito. Che evidentemente dal Von Clausewitz di Gallipoli volevano carpire i segreti della tattica e della strategia che conduce a vincere le elezioni, a creare maggioranze stabili, a diventare un grande e rinnovato partito di massa capace di cambiare il paese, a scegliere sempre e comunque il cavallo vincente nelle primarie del partito, a contrastare sul nascere senza se e senza ma il potere e la cultura berlusconiana , ad apparire persone simpatiche e credibili, a saper parlare al cuore e convincere gli indecisi, gli indifferenti, i nauseati dalla politica, a tener fermo il principio che in politica quando si fallisce le dimissioni sono un atto dovuto.

Gli aquilani, quelli di sinistra, hanno però snobbato l'importante momento di trasmissione della conoscenza. E l'impressione è che non è stata solo colpa del freddo, o della cattiva promozione dell'evento, perché ad esempio ad un concertino in centro dei giovani aquilani del Trio 99 c'era molta più gente.

Peccato, perché Massimo D'Alema a L'Aquila non si è quasi mai visto. Non c'era neanche quando in città è arrivato un intero pullman di parlamentari democratici. A far discutere era stata invece un sorprendente giudizio sul caso-Piscicelli, l'imprenditore che rideva la notte del terremoto assaporando ricchi appalti, pubblicato da Left Wing, sito dei dalemiani di ferro. Lo riproponiamo alla lettura per la serie ''al terremotato non far sapere...''.

'Senza le intercettazioni non avremmo saputo nulla di quegli imprenditori che ridevano del terremoto. Ecco, è vero: non l'avremmo saputo. Non essendo però ancora previsti nel nostro codice i reati di cattiveria, cinismo e avidità, per quale ragione, domandiamo, la famosa "opinione pubblica" avrebbe avuto il diritto di conoscere il contenuto di quella telefonata?''

Una cosa buona però l'ha fatta ieri lo skipper dei trionfi del centrosinistra italiano: ha firmato la legge di iniziativa popolare per la ricostruzione. Speriamo che non porti male.

Nella semi-deserto Ridotto del Teatro, con il sessantenne e incanutito leader, si è parlato poi di gerontocrazia.

Ha detto D'Alema: ''Non é proibito ai giovani affermarsi, il problema é essere capaci di farlo. D’altra parte Renzi é sindaco di Firenze, che non é proprio come fare l’usciere comunale''.

Tralasciando che fare per mestiere l'usciere comunale, con un contratto a tempo indeterminato e addirittura dei diritti ed una pensione, per decine di migliaia di giovani disoccupati e pezzenti sarebbe un sogno; tralasciando che per fare carriera in Italia - un paese dove chi comanda da sempre oggi digrigna le dentiere dopo essersi sbranato un paese lasciando debiti e ossa luccicanti a chi verrà dopo - bisogna già essere figli di qualcuno, come aver avuto ad esempio un padre parlamentare, ed essere già ricchi di famiglia, per cui alla fine la carriera significa consumare un privilegio, anche per non annoiarsi, premesso ciò dicevamo il medesimo D'Alema in modo un tantino sprezzante aveva detto del medesimo ''rottamatore fiorentino'': ''Matteo Renzi il futuro del Pd? Renzi innanzitutto è il futuro di Firenze, una delle città più importanti del mondo. Dopodiché, legittimamente, nel tempo libero che ha lancia delle idee". Della serie: non t'impicciare, moccioso, qui comandiamo noi.

Matteo Renzi a sua volta aveva invitato D'Alema e gli altri secondo lui dinosauri del Pd a farsi una buona volta da parte: ''Adesso basta con gli stessi volti da vent’anni, Cambiamo facce, idee, proposte. Non si può fare politica tutta la vita. Bindi e D’Alema andatevene a casa!''.

Ma D'Alema, visto il contesto, un incontro organizzato dai giovani del suo partito, ha avuto anche parole di apertura alle nuove generazioni e a chi ha meno di sessantanni e chiede di contare qualcosina di più:

''Io ho fatto il presidente del consiglio – rimembra il vecchio statista - quando avevo meno di cinquant’anni. Il problema é essere capaci di farlo, non é proibito''. Insomma il messaggio è chiaro, il problema non è l'età, è la capacità e i risultati che si ottengono....

Concludiamo questo volutamente spigoloso ma bonario pamphlet anti-dalemiano e forse ingenuamente giovanilistico, riproponendo un'intervista del giovane, lui si, Antonino Monteleone, che merita un applauso liberatorio.

Filippo Tronca

L'IMPORTANZA DELLA SECONDA E ANCHE DELLA TERZA E QUARTA DOMANDA


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