Franco Gabrielli: i miei primi 100 giorni alla Protezione civile

22 Febbraio 2011   12:31  

Ospitiamo sul nostro sito l'intervista a Franco Gabrielli, che da cento giorni ha assunto la guida del Dipartimento di Protezione civile.

Una intervista a tutto tondo rilasciata a Luca Calzolari, direttore de ilgiornaledellaprotezionecivile.it, nella quale il successore di Guido Bertolaso racconta la sua idea di Protezione civile, il suo rapporto con il volontariato, le differenze rispetto al passato. E sottolinea il problema dei fondi e la contrarietà ad alcune norme del decreto Milleproroghe.

 

Lei si è insediato il 12 novembre. Sono passati 100 giorni, un tempo quasi certamente sufficiente per elaborare un'idea complessiva del sistema della protezione civile analizzato del punto di osservazione di chi lo dirige. Vorrei partire dalla fotografia che Bertolaso ha delineato nella sua lettera di saluto del 12 novembre 2010, nella quale si è interrogato su quale Protezione civile le lasciava in eredità. Ripercorriamo alcuni passi riprendendoli direttamente dalla lettera. "La protezione civile è una nave solida ma ammaccata, essere al vertice vuol dire, secondo Bertolaso, condurre la nave in un mare fatto di tempeste in cui navigare a vista, in cui essere sordi e come Ulisse resistere al canto delle sirene. Gli effetti a scoppio ritardato delle scelte di sicurezza degli italiani si sommano oggi con fenomeni naturali che stanno cambiando, con una situazione sociale culturale ed economica che fatica a trovare un qualche equilibrio destinato a durare - sono sempre parole di Bertolaso - con una risposta politica e una capacità di governo reale del paese, ad ogni livello, non in grado di contrastare, ridurre e ricomporre le tensioni e le fratture reali del paese. I rischi aumentano.. ma il paziente Italia... aspetta l'ultimo momento per pretendere tutto dal nostro pronto soccorso. E aggiunge: fare protezione civile...non è facile con questo clima e con queste modalità di gestione complessiva dello Stato e della società". Concorda con questa analisi? E' questo il clima che ha trovato, è ancora così? E come è possibile migliorarlo?

"Il sistema della Protezione civile in questi 100 giorni mi è apparso lo specchio fedele di questo Paese, dove c'è una grande generosità, dove ci sono delle grandi eccellenze, ma dove vi è una sistematica allergia all'organizzazione e una difficoltà a traguardare al di là delle contingenze. La cosa che in questo momento mi impegna di più è tracciare delle linee, soprattutto sotto il profilo dell'organizzazione, e di definire ruoli, funzioni, competenze che invece in molti settori vedo mancare."

Bertolaso nel rivendicare la trasformazione "dell'ultima competenza che la politica locale assegnava all'Assessore più debole in una materia importante che fa gola a molti" ravvisa il rischio che i criteri di assegnazione si basino sull'appartenenza politica più che sulla competenza. Percepisce anche lei questo rischio e in che misura? A suo modo di vedere quali sono le competenze che un responsabile o un Assessore deve necessariamente possedere per poter operare con scienza oltre che con coscienza?

"Non mi appassiona il manuale Cencelli della politica nazionale o regionale. Mi interessa molto di più una sensibilità complessiva; più che assessori "ipercompetenti" mi piacerebbe che le amministrazioni regionali avessero nel loro complesso una maggiore sensibilità al problema della protezione civile. Questo poi lo si riscontra anche nei fatti: laddove esiste una storica maggiore sensibilità al problema i risultati sono sotto gli occhi di tutti".

Sempre nella lettera menzionata il suo predecessore sostiene che l'evoluzione di questi anni della protezione civile ha determinato un cambio di passo e ciò ha avuto riflessi anche su strutture operative del servizio nazionale, alcune sono cresciute moltissimo altre (ma non dice quali ndr) "stentano a seguire il passo e continuano a sprecare tempo ed energie". Un'affermazione di un certo peso, quale è la sua opinione? Se concorda con l'analisi, non le chiedo di fare nome e cognome delle strutture ma può dirci su cosa esse zoppicano e se e in che modo intende agire per aiutarle a superare questo gap e portare un cambio di passo per allineare la qualità delle strutture?

"Purtroppo alcune volte le logiche che sottendono l'agire delle strutture operative sono logiche di bottega, sono logiche più orientate a trarre beneficio da un Dipartimento della protezione civile vissuto più come grande mammella e non come sistema nel quale tutti svolgono la propria parte al meglio. Per fortuna anche qui stiamo parlando di eccellenze, perché le strutture operative della Protezione civile sono eccellenze; mi piacerebbe che queste eccellenze, indiscutibili, vivessero più il Sistema e un po' meno le logiche dell'appartenenza finalizzata a conseguire il maggior vantaggio economico-politico dalla partecipazione al sistema stesso".

Entriamo pian piano nel vivo della sua attività. In una protezione civile che è sempre sotto i riflettori mediatici non si può non notare un cambio di di stile e di registro nella comunicazione che sembra meno arroccata in difesa. Anche l'immagine del Capo dipartimento, compreso il suo look, sembra avere una coloritura più istituzionale, meno cristallizzata sull'idea di operatività, più attenta al contesto. Questo mutamento, se lo condivide, è legato alla sua storia di uomo delle istituzioni o c'è dell'altro?

"L'unica cosa che mi riconosco è non essere prigioniero di un personaggio. Per la verità amo moltissimo il maglione, più della grisaglia. Mi vesto in un certo modo perché ritengo che sia anche una forma di rispetto verso chi mi sta davanti. Siccome nella mia attività professionale non sono stato solo in ovattati uffici ministeriali, ma anche in uffici di frontiera, so anche sporcarmi le mani. Il mio stile, ammesso che possa definirsi tale, non ha nulla di costruito, mi muovo solo nella logica di essere rispettoso e istituzionale."

L'attenzione alla comunicazione si evince anche dagli strumenti istituzionali: il nuovo periodico cartaceo e il nuovo portale del dipartimento: a chi sono indirizzati e quali sono gli obiettivi?

"La comunicazione è uno strumento sempre più fondamentale nei rapporti fra le istituzioni e i cittadini. Lo sforzo che stiamo conducendo è quello di far crescere la cultura e la conoscenza della Protezione civile. Avverto in maniera sempre maggiore, invece, l'approssimazione, l'ignoranza, le verità precostituite, le rappresentazioni della realtà che con la realtà molto spesso hanno poco a che vedere. Ci piacerebbe che tutti gli strumenti della comunicazione fossero finalizzati in primis a un contributo di conoscenza".

Ad oggi lei ha incontrato diversi Presidenti di Regione. La sua dottrina è incentrata sul rafforzamento del rapporto con le istituzioni locali e sulla sottolineatura che la protezione civile dopo la riforma del titolo V della Costituzione è materia concorrente, basata anche sul principio di sussidiarietà. In questa sua attenzione c'entra qualcosa la sottolineatura contenuta nella lettera di Bertolaso sulla necessità di battersi per mantenere la protezione civile un servizio nazionale? Nello scenario politico, sociale e culturale dell'Italia di oggi lei ravvisa il rischio di frammentazione che potrebbe avere come conseguenza una protezione civile incapace di essere sistema?

"Sono un convinto assertore del fondamentale ruolo del sistema regionale e di un serio ed effettivo federalismo. Questo nasce dalla complessità del nostro territorio; le diversità sono importanti come importante è il loro riconoscimento. Sono anche un convinto assertore della necessità di avere una sintesi finale e tale sintesi non può che essere nazionale. In questa interlocuzione c'è alla base il convincimento che il Dipartimento della Protezione civile sia un Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri e come tale debba svolgere tre fondamentali funzioni: coordinamento, indirizzo, controllo. C'è un'esigenza di sintesi nazionale che, però, non può non traguardare gli aspetti internazionali: saremo sempre più parte di un sistema europeo".

Dal nostro osservatorio notiamo che quando si parla di protezione civile sembra esservi una polarizzazione su due elementi: il dipartimento e il volontariato, e poco sugli altri attori del sistema. In mezzo a questi due poli c'è il territorio di cui però emerge poco e che non appare percepito (né comunicato granché neanche dagli interessati) come elemento importante del sistema di protezione civile. Ci sembra che tra le chiavi di lettura della sua intensa attività di incontri con i presidenti regionali ci sia anche la volontà di far emergere al meglio tutti gli elementi del sistema. Cosa ne pensa?

"Questa terra di mezzo esiste e stiamo cercando di farla emergere anche attraverso l'intensa attività di incontri sul territorio per scoprirne la complessità e la straordinaria potenzialità. A noi piace immaginare che il nostro mondo sia una sorta di cerchio, più che una piramide. Perché il cerchio è anche plasticamente la rappresentazione di quello che per me è uno degli elementi distintivi del sistema della Protezione civile. Solo se immaginiamo che questo è un sistema nel quale tutte le componenti sono partecipi, ovviamente con le responsabilità, le funzioni, i ruoli diversi, del medesimo progetto e insieme lo perseguono con le loro capacità saremo in grado di fornire un efficace strumento di salvaguardia dell'incolumità di tutti".

Che idea si è fatto del sistema regionale di protezione civile nel suo complesso? Lei si è dichiarato particolarmente interessato ai modelli organizzativi, ha trovato velocità e competenze diverse?

"Dico spesso che questo è un sistema a quattro velocità, dove ci sono regioni che rappresentano grandi eccellenze, ci sono regioni che si stanno fortemente attrezzando per arrivare all'eccellenza, ci sono regioni con molta volontà ma che sono ancora nella fase della non completa realizzazione, ci sono realtà dove questa sensibilità è ancora tutta da costruire. Una grande sfida, quella di far crescere tutti, che dobbiamo perseguire instancabilmente".

Sono cambiate alcune figure tra cui anche il responsabile della Consulta del volontariato. Molti dei nostri lettori sono volontari. Cambia qualcosa nel rapporto con il mondo del volontariato?

"Fin dai primi atti della mia gestione del Dipartimento ho rivolto un'attenzione particolare al mondo del volontariato. La struttura che si interessa di volontariato, formazione e comunicazione è diventata il primo ufficio, perché volevo che anche nella forma ci fosse il senso di questa attenzione particolare al mondo del volontariato. Un mondo che ha vissuto in questi anni una crescita esponenziale, e che come tutti gli organismi che hanno crescite affrettate poi inevitabilmente sono soggetti anche a squilibri. Le norme, i regolamenti che lo inquadrano e lo definiscono sono, a mio giudizio, non più sufficienti a comprendere l'evoluzione del fenomeno stesso. Non a caso, nell'anno europeo del volontariato è intendimento non solo del Dipartimento, ma anche della Consulta nazionale del volontariato e delle organizzazioni che lo compongono arrivare agli Stati Generali del Volontariato in autunno per fare una seria riflessione su quello che oggi è il volontariato, su come è organizzato, su come può essere adeguatamente rappresentato in consessi che sempre più devono concorrere alle decisioni e anche vedere il percorso che il volontariato dovrà compiere nei prossimi anni".

Tra volontariato e Corpi dello stato talvolta c'è qualche aspetto di contrasto. Un esempio è la ricerca di persone disperse in ambiente ostile. In questo caso da tempo c'è un confronto aperto tra Vigili del Fuoco e Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico sul tema del coordinamento delle operazioni. Quale è la sua opinione e cosa può fare il Dipartimento in questi casi?

"E' una querelle antica che ha sicuramente all'origine un equivoco di fondo. Credo che bisognerebbe tutti fare un salto di qualità. Innanzitutto quando si parla del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico non si parla di un parvenu del mondo del volontariato ma si parla di un'eccellenza che magari non avrà il blasone della statualità o il crisma della dipendenza pubblica ma nulla ha da invidiare in termini di efficacia ed efficienza. Da questo punto di vista bisognerebbe superare steccati e pregiudizi che non servono alla crescita del sistema. Bisognerà sempre più guardare all'essenza delle cose e a ciò che l'organizzazione, sia essa pubblica o privata, potrà fornire in termini di contributo al sistema. Tutti citano la specificità del sistema nazionale di protezione civile perché il famoso metodo Augustus ha cambiato l'approccio: si è passati dalla gestione dell'emergenza attraverso competenze di singole organizzazioni a una gestione attraverso funzioni che sono spesso trasversali rispetto alle singole amministrazioni. L'ulteriore passaggio sarà quello di avere un sistema sempre più integrato dove la differenza la faranno non il gallone che si porta ma le competenze che si possiedono".

Nel suo recente incontro con Vasco Errani, che oltre che essere il presidente della regione Emilia-Romagna è anche il presidente della Conferenza delle Regioni, in un colloquio a porte chiuse avete affrontato anche il tema del ripristino Fondo Regionale per la protezione civile bloccato dal 2009. A che punto siamo? Quale scenario si apre se il fondo non sarà ripristinato? Lei in quella occasione ha affermato che vi state attrezzando per operare anche nel caso il fondo non venisse ripristinato. In che modo?

"Il Fondo nazionale dal 2004 non è più stato sistematicamente alimentato. Il Fondo nazionale è stato rimpinguato di volta in volta, ma non in modo sistematico. Anche la recente norma del "mille proroghe" prevede un sistema di alimentazione susseguente a eventi emergenziali. Noi contestiamo questa filosofia perché riteniamo che avere un fondo che possa consentire al Dipartimento di avere interlocuzioni sganciate da logiche eminentemente contabili consentirebbe di risolvere una miriade di problemi perché molto spesso gli stati emergenziali potrebbero essere gestiti e adeguatamente fronteggiati con somme non particolarmente eclatanti. Analogamente, unitamente al sistema delle regioni, abbiamo sollecitato il rifinanziamento del Fondo regionale perché anche questo, fino al 2008 quando è stato finanziato, ha rappresentato una sicurezza e ha consentito la crescita di tutto il sistema previsionale e di allarme. Non è che se non ci daranno più soldi chiuderemo le nostre attività; continueremo a lavorare, però tutti dovremo essere consapevoli del fatto che lo faremo nell'ambito di risorse fortemente ridimensionate".

La sicurezza dei volontari è un tema molto importante. Il 31 marzo 2011 scade la proroga dei termini per l'adozione del regolamento sulla sicurezza dei lavoratori previsto dal DLgs 81/2008. Lei ha dichiarato che confidava di "giungere ad una cornice generale di sicurezza nella quale possono riconoscersi tutti i volontari di protezione civile compatibili con le modalità di svolgimento delle attività di protezione civile", che come ben sanno i volontari hanno necessità specifiche. Ci sono novità? Può delinearci la sua idea di cornice generale di sicurezza?

"Anche per quest'anno le prescrizioni del decreto legislativo 81 del 2008 sono state derogate. Si è chiesta una proroga nell'applicazione del decreto; abbiamo la consapevolezza che un'applicazione stringente della norma al mondo del volontariato implicherebbe la morte delle associazioni di volontariato perché gli oneri che deriverebbero da un'applicazione rigida non potrebbero essere sopportati dal sistema. Da qui tutto il nostro sforzo di far comprendere al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e al Ministero della Salute la specificità del mondo del volontariato. Noi vogliamo solo far comprendere che i volontari svolgono attività non continuativa, che non tutti sono esposti ai medesimi rischi, che bisogna parlare più che di una sorveglianza sanitaria di un monitoraggio sanitario. Noi per primi siamo interessati a che i nostri volontari siano tutelati sotto il profilo della salute; però dall'altra parte bisogna comprendere le specificità di questo mondo, come sono soliti operare, quali sono gli ambiti di operatività; far riconoscere una specificità che diventa applicazione intelligente della stessa normativa".

Oggi (l'intervista è stava inviata il 14 febbraio ndr) il decreto Milleproroghe arriva in aula a Palazzo Madama. Cosa ne pensa della "tassa sul terremoto" contenuta nell'emendamento del senatore del PDL Giuseppe Esposito, approvata venerdì dalla Commissione congiunta Affari Costituzionali e Bilancio del Senato? Nonostante i problemi di risorse e il conseguente obbligo di risparmio a cui tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute, non c'è il rischio di penalizzare ulteriormente territori e popolazioni già fortemente colpite? E della possibilità di usufruire del fondo nazionale di protezione civile solo su esplicita richiesta e con l'obbligo di integrarlo con l'addizionale sull'accise regionale sulla benzina?

"Il decreto "Milleproroghe", che vedremo come sarà nella sua stesura finale, contiene due norme che ci interessano. La prima riguarda il meccanismo di finanziamento, da noi fortemente richiesto per la mancanza di un Fondo nazionale adeguato e preventivamente finanziato. Da parte nostra c'è la richiesta, in più circostanze ribadita, affinché gli stati emergenziali vengano accompagnati da una corretta, puntuale individuazione delle risorse a loro sostegno. Devono terminare le scene di popolazioni disperate e a volte discriminate, perché da una parte si dava di più e dall'altra non si prendevano nemmeno in considerazione legittime rivendicazioni. Dobbiamo essere in grado di individuare delle somme certe che siano a sostegno degli stati emergenziali. Che lo si faccia attraverso lo strumento delle accise o delle tasse sugli idrocarburi è una scelta che fa il governo e sulla quale non mi sento di interloquire. La seconda norma riguarda una modifica dell'art.5 della legge 225 del 1992 che qualora fosse confermata sarebbe per noi una grande iattura, anzi una profondissima intromissione nella capacità di intervento immediato del sistema di protezione civile. Questa norma prevede il concerto preventivo del Ministero dell'economia e delle finanze per l'emissione delle ordinanze di protezione civile. Se è legittimo e sacrosanto un controllo, anche da noi chiesto sulla copertura finanziaria, siamo fortemente contrari a prevedere un controllo tout court sugli aspetti finanziari, ma soprattutto siamo preoccupati rispetto ad una previsione indiscriminata che cancellerebbe ogni autonomia reale per gli stati emergenziali di somma urgenza. Se così sarà, per tutti i tipi d'intervento di qualsiasi natura dovrà esserci il preventivo assenso del Mef. Siccome il controllo di questo Ministero, per un suo meccanismo interno, non può essere espresso con tempestività, tutto questo potrà avere delle ripercussioni negative. Abbiamo sensibilizzato anche la Presidenza della Repubblica e ci auguriamo che questo intervento nelle forme in cui è stato delineato dal Senato della Repubblica trovi una modifica volta non a eludere i controlli, ma a salvaguardare gli aspetti dell'urgenza e dell'immediatezza con degli interventi emergenziali".

E del ricorso alla leva fiscale anche per l'emergenza rifiuti in Campania e per i Comuni in difficoltà sulla gestione dei rifiuti?

"Sono valutazioni che fa il governo. Rivendico solo la possibilità di avere fondi certi per gestire l'emergenza; gli strumenti attraverso i quali vengono acquisiti i fondi è una valutazione politica e correttamente in quell'ambito deve rimanere".

Per concludere, le chiedo un bilancio complessivo: "I miei primi cento giorni"...

"Potrei riassumerlo con una battuta: non mi sono annoiato. Ma non fornirei un contributo di conoscenza. Dico semplicemente che non siamo all'anno zero, abbiamo un servizio nazionale di Protezione civile che in 30 anni dalla sua fondazione ha fatto significativi passi; oggi abbiamo conoscenze, eccellenze, anche un'adeguata capacità di risposta alle emergenze e un sistema adeguato su molti rischi che in questi paese esistono. E' ovvio che tutto è perfettibile, migliorabile".


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