Il no blando sul filo del diritto contro trivelle e petrolio

03 Novembre 2010   13:53  

E' una battaglia che si gioca sul filo del diritto, l'impedire che l'Abruzzo diventi terra di conquista di trivelle e pozzi petroliferi. Rischio, od opportunità, secondo la Confindustria, che interesserebbe il 52% di territorio abruzzese e otre 6.000 km quadrati di mare lungo le nostre coste. Importante dunque in tal senso l'approvazione nel consiglio regionale di ieri delle modifiche alla legge regionale 32 del 2009.

In questa legge, lo ricordiamo, la Regione Abruzzo vietava la ricerca, estrazione e lavorazione di idrocarburi in aree protette e vincolate, zone sismiche, aree agricole di pregio. Una norma che non soddisfò pienamente le associazioni ambientaliste, perché ad esempio non metteva al riparo le aree marine e parte delle aree interne minacciate dalle trivelle.

Ma il niet più pesante era arrivato dalla corte costituzionale poiché le competenze in materia di politica energetica spettano allo stato e non alle regioni e che l'unica cosa che la Regione può vietare è la lavorazione del petrolio, quindi l'insediamento di un Centro oli, mentre tutto ciò che riguarda la ricerca e l'estrazione va rimandata a un'intesa tra Stato e Regione. Da qui la modifica approvata ieri, dove la parola ''divieto'' scompare, sostituta da formule più morbide come ''incompatibilità'' subordinate all'intesa con il Governo. E' un arma spuntata – criticano le opposizioni - perché l'ultima parola spetterà comunque allo stato''. Risponde la maggioranza: questa è l'unica legge che potevamo approvare, dopo una lunga trattativa con il governo nazionale per impedire l'impugnazione per incostituzionalità.''

Ma leggi a parte, ha assicurato il presidente Chiodi, il futuro verde o petrolifero dell'Abruzzo si giocherà sul campo della politica aggiungendo: '' verrà rispettata la nostra volontà e ricordo che da quando sono alla guida della Regione, nessuna autorizzazione è stata concessa alle imprese petrolifere''.

Volontà rimarcata dalla proposta di legge approvata dal consiglio all'unanimità da inviare alle Camere, finalizzata a vietare l'estrazione di idrocarburi liquidi in tutto il mare Adriatico.

LA MINACCIA DELLE TRIVELLE INCOMBE ANCORA SUL LAGO DI BOMBA

L'attivista no-oil Maria D'Orsogna lancia l'allarme sui progetti di estrazione nel Lago di Bomba

''Dopo l'annuncio della bocciatura del pozzo Ombrina Mare da parte degli uffici ministeriali, la cittadinanza della Valle del Sangro attende impaziente una simile decisione da parte della commissione VIA regionale per i pozzi di idrocarburi previsti per Bomba.

La societa' statunitense Forest Oil Corporation ha infatti presentato un progetto per sfruttare un giacimento di idrocarburi nella zona di Bomba in prossimitita' di due zone SIC (Siti di Interesse Comunitario) ai piedi di una fragile diga, in un territorio geologicamente instabile e sismico, nelle strette vicinanze del centro abitato di Bomba e con forti emissioni di sostanze inquinanti, dannose per la salute umana.

Come per Ombrina Mare molti sono stati i portatori di interesse a manifestare la propria contrarieta' al progetto della Forest Oil: singoli cittadini, associazioni e comitati di cittadini, scienziati, medici, associazioni di categoria, commercianti ed operatori turistici, la Comunita' Montana, e molti comuni della zona, fra cui Atessa, Bomba, Colledimezzo, Montebello Sul Sangro, Monteferrante, Montelapiano, Montenerodomo, Pennadomo, Perano, Pietraferrazzana, Roccascalegna, Tornareccio, Torricella Peligna.

Le osservazioni allo Studio di Impatto Ambientale della Forest Oil sono state inoltrate agli uffici regionali nei tempi utili e secondo quanto previsto dal trattato di Aarhus che obbliga chi prende le decisioni sul territorio a tener conto in maniera vincolante del parere dei residenti.

Da una attenta lettura delle motivazioni del rigetto di Ombrina, siamo giunti alla conclusione che tutte le ragioni del diniego per Ombrina possano essere applicate anche al caso Bomba-Forest Oil.

A nostro parere, sarebbe del tutto inutile preservare Rocca San Giovanni se poi si scavano pozzi e si costruiscono raffinerie a Bomba o qualsiasi altra localita' dell'entroterra abruzzese.

Ci ausipichiamo che le recenti vicende petrolfiere in Abruzzo, la recente puntata di Report sui pericoli delle piattaforme in mare e l'esempio della Basilicata martoriata convincano la classe politica abruzzese ad impegnarsi sul serio ed onestamente
per promuovere uno sviluppo fondato sulla tutela dell'ambiente e del territorio, sulla green economy, sulla promozione turistica e la valorizzazione delle risorse naturali e tradizionali.

L'Abruzzo non ha bisogno di sfruttare le sue scarse e scadenti risorse minerarie - come vorrebbe farci credere la propaganda affaristica di Confindustria - ma di una direzione chiara per un futuro migliore, libero dalle trivelle.''


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