Il rapporto Cresa 2010: l'Abruzzo stenta ad agganciare la ripresa economica

21 Luglio 2011   11:18  

Il Cresa, centro di ricerche e studi economico-sociali delle Camere di Commercio, ha presentato oggi il rapporto "Economia e società in Abruzzo. Anno 2010".

Eccone una sintesi.

L’Abruzzo, affetto da fragilità strutturali aggravate dalle profonde modificazioni indotte dal sisma del 2009, stenta ad agganciare la ripresa economica.

PIL: Abruzzo +0,7%, Italia +1,3%
ESPORTAZIONI: Abruzzo +20,0%, Italia +15,8%
TASSO DI OCCUPAZIONE: Abruzzo 55,5%, Italia 56,9%
TASSO DI DISOCCUPAZIONE: Abruzzo 8,8%, Italia8,4%%

Il Pil regionale, dopo l’importante flessione del 2009, torna a crescere a velocità ridotta. Nonostante la contrazione dei consumi pubblici, la domanda interna fa registrare un lieve incremento grazie ad un aumento degli investimenti fissi lordi e, anche se in misura modesta, dei consumi privati. Crescono le esportazioni i cui effetti sulla crescita del Pil sono tuttavia fortemente mitigati da un consistente incremento delle importazioni.

L’intero sistema imprenditoriale regionale mostra segni incerti di ripresa. Considerando il contributo dei vari settori sul valore aggiunto regionale, se si esclude il buon andamento dell’agricoltura, modeste sono le performance dell’industria e dei servizi e negative quelle delle costruzioni. L’Abruzzo risente fortemente della presenza di un tessuto imprenditoriale frammentato e parcellizzato che si dimostra spesso inadeguato a raccogliere le sfide che il mercato globale lancia. Nonostante ciò, il sistema delle imprese regionale è vitale e flessibile, cresce in termini di numerosità di aziende e rafforza progressivamente la sua struttura, come dimostra l’incremento delle società di capitale. Aumenta, in particolare, il numero delle imprese nei settori direttamente o indirettamente collegati con le attività di costruzione e ricostruzione.

Permane fortemente critico l’andamento del mercato del lavoro: si contrae ulteriormente il numero di occupati, diminuisce l’occupazione a tempo pieno e a tempo indeterminato, aumenta quella a tempo parziale e derivante da contratti flessibili, aumenta il tasso di disoccupazione. Particolarmente difficili sono l’accesso e la permanenza nel mondo del lavoro dei giovani, soprattutto delle giovani donne.
Le incertezze e debolezze del sistema economico trovano riscontro anche in una scarsa vitalità demografica della regione: il tasso di crescita naturale mostra negli ultimi anni un andamento negativo sensibilmente peggiore di quello nazionale e anche il tasso migratorio totale, pur restando positivo, a partire dal 2009, ha assunto valori inferiori alla media italiana. La popolazione tende ad invecchiare velocemente e pare mantenere un certo equilibrio tra le varie fasce di età soprattutto grazie all’ingresso di nuovi residenti dall’estero, apporto che, però, negli ultimi due anni è inferiore al dato nazionale.

L’ultima sezione della pubblicazione raccoglie i contributi dei componenti del Comitato Scientifico.

In occasione della ricorrenza dell’Unità d’Italia il prof. Landini ha trattato della regionalizzazione amministrativa e delle variazioni distributive della popolazione in Abruzzo negli ultimi 150 anni. Il lavoro evidenzia come in regione si sia passati da una situazione di sostanziale equilibrio nella distribuzione della popolazione ad una forte concentrazione urbana, soprattutto nella zona litoranea, senza che tale fenomeno sia stato accompagnato da un incisivo adeguamento dell’organizzazione amministrativa. L’autore ritiene inevitabile un ridisegno della struttura amministrativa del territorio e suggerisce il ricorso alla figura dell’unione di comuni, uno strumento capace di garantire maggiore efficienza ed efficacia all’azione pubblica e al tempo stesso salvaguardare l’identità culturale dei singoli comuni, anche di quelli più piccoli. Tali enti territoriali di secondo grado, infatti, presentano importanti vantaggi competitivi in un’ottica di marketing d’area. In Abruzzo allo stato attuale esistono solo 5 Unioni fra comuni (Vibrata, Frentania, Marrucina, Sinello, Marsica Est) ed è in itinere la creazione di quella dell’area Pescara-Chieti la cui posizione e dimensione riporta piuttosto alla problematica della città metropolitana. Si sottolinea la necessità in ambedue i casi di un salto di qualità della governance territoriale capace di mettere a sistema il policentrismo dell’armatura insediativa regionale per riposizionare la regione sotto i profili economico e funzionale al centro del complesso medio-adriatico.

L’importanza del ruolo del lavoro delle donne sullo sviluppo dell’economia e la criticità della relativa situazione regionale è il tema trattato dal prof. Mauro. L’incremento dell’occupazione femminile aumenta reddito, sicurezza e stabilità familiare, porta ad un innalzamento dei tassi di natalità, fa crescere i consumi, implica l’esternalizzazione dei servizi tipicamente familiari con conseguente creazione di un indotto significativo. A tali indubbi vantaggi, si aggiungono le considerazioni che le donne sono portatrici di livelli di istruzione particolarmente elevati e che lo sviluppo economico e tecnologico e l’ampliamento del settore dei servizi riducono il vantaggio competitivo maschile. Nonostante ciò nel mercato del lavoro abruzzese le risorse femminili non vengono ancora adeguatamente impiegate, essendo occupate specialmente nel lavoro atipico e nel settore irregolare dell’economia: forte il divario tra i tassi di occupazione maschile (67,0%) e femminile (44,1%), quest’ultimo ancora lontano dall’obiettivo del 60% che si sarebbe dovuto raggiungere entro il 2010; pesante la disoccupazione femminile (11,4%, superiore di oltre 4 punti percentuali rispetto a quella maschile); elevato tasso di inattività femminile (50,2%) rispetto a quello italiano (48,8%) al contrario di quello maschile che è ad esso allineato (27%). La situazione occupazionale femminile, sia sul fronte dell’offerta che della domanda, è condizionata dai valori prevalenti e condivisi della società che portano, in Italia più che negli altri Paesi UE e in Abruzzo più che in Italia, alla marginalizzazione della componente femminile nell’ambito del mercato del lavoro. Per “cambiare rotta” sono necessarie politiche di sostegno diretto alla domanda di lavoro femminile, di incentivazione all’imprenditoria femminile, per la conciliazione tra lavoro e famiglia.

Il prof. Properzi ha esaminato il tema dell’innovazione degli strumenti di governo del territorio nella ricostruzione. La fase successiva a eventi catastrofici si pone, generalmente, come momento di accelerazione di questo processo; ciò non si è verificato nel caso aquilano in cui gli strumenti straordinari dell’emergenza si contrappongono a quelli ordinari senza la mediazione di una governance ben temperata. L’Autore parte dalla analisi storica del modello di sviluppo abruzzese, basato sul dualismo costa-aree interne, in parallelo alla lettura degli strumenti di governo del territorio, fortemente caratterizzati dal paradigma del “riequilibrio”, e propone, nell’attuale fase congiunturale, politiche di stabilizzazione piuttosto che di trasformazione, in quanto ritenute più efficaci e coerenti, soprattutto in un territorio ricco di valori ambientali, paesaggistici e storico culturali. Il nuovo impianto di indirizzi, norme e procedure per la ricostruzione, così come strutturato, non appare coordinato né con il sistema di pianificazione esistente né con quello in itinere (PRP Piano Regionale Paesistico e ddl “Norme d’uso del suolo” all’esame del Consiglio Regionale), ma si caratterizza per complessità e al contempo per genericità. Di contro il sisma ha posto in risalto anche tutte le negatività della pianificazione di tradizione: tempi, efficacia, strumenti. Appare quindi opportuna una rivisitazione dell’approccio che connota gli “Indirizzi per la Ripianificazione” e una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni e in primis della Regione al ruolo degli strumenti ordinari. Un Piano Strategico Territoriale (PST), previsto peraltro dalla LR 70/95 e correlato ai nuovi Piani Paesaggistici, potrebbe divenire lo snodo tra i diversi Programmi Operativi Regionali (POR) e la pianificazione in itinere, ma anche uno strumento per orientare le politiche allocative connesse al finanziamento di nuove attività.


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