Internet, pedofilia, furti di identità. Intervista a Paola Catelli

Safer Internet Day

10 Febbraio 2009   16:20  

Paola Catelli, aquilana, lavora in Microsoft da nove anni ed attualmente ricopre il ruolo di Account Technology Specialist. L'abbiamo intervistata in occasione della Giornata europea per un’Internet più Sicura, che è parte del programma Sicuramenteweb, patrocinata anche dall’organizzazione “Save the Children”. Microsoft collabora a questo progetto per sensibilizzare, soprattutto sui temi della navigazione protetta dei minori sul Web e della sicurezza informatica, l’opinione pubblica in tutta Europa: durante la giornata dell’Internet Safer Day, infatti, sono impegnati 689 volontari Microsoft e verranno formate 5140 persone, soprattutto genitori e adolescenti, in tutto il vecchio Continente.

FT

 

Gli orchi che navigano nel web. 3.500 segnalazioni al mese

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Dal MAGAZINE del Corriere della Sera

COME DIFENDERSI DA FACEBOOK

La privacy? Sul sito più trendy del momento è impossibile garantirla. Non resta che seguire alcune regole...

Un bel mondo. Virtuale, semplice, complicato, divertente, pericoloso. Che tiene attaccati 110 milioni di utenti, oltre due milioni in Italia. Che ci fa tornare a casa la sera davanti al computer, solo per spiare le vite altrui. È Facebook, il social network fondato nel 2004 dallo studente di Harvard Mark Zuckerberg che in origine lo concepì come circolo esclusivo per tenersi in contatto con i compagni di college, scambiarsi dispense e appunti. Poi Zuckerberg ha capito: il “fenomeno” doveva divenire business. Ed eccolo Fb (acronimo per gli aficionados), una megalopoli da 300 milioni di dollari, aperto a tutti, gratis. Ma il prezzo da pagare è un altro. La propria privacy. Iscriversi è un attimo: mail, password, nome (vero o finto che sia), sesso (è obbligatorio). A scelta: il numero di cellulare, la data di nascita, le scuole frequentate, le preferenze musicali, politiche e religiose. Il numero di carta di credito. Poi si caricano le istantanee del matrimonio, delle vacanze, si “taggano” (nominano) gli amici sulle foto altrui, si commenta. E, non da ultimo, su Facebook c’è anche chi aggiunge le immagini di figli e di nipoti.
 
Un piatto troppo ricco anche per truffatori, ladri di identità, pedofili alla ricerca di immagini da scaricare e teenager da adescare. Incominciamo dai pedofili: «Certo, è possibile che un malintenzionato possa scaricare materiale, ma è difficile poiché il rapporto è mediato dal genitore, dal fratello, dallo zio che hanno caricato la foto. La pedofilia su Facebook è un fenomeno sporadico», tranquillizza Umberto Rapetto, colonnello del Gat, il nucleo anti frodi telematiche della Guardia di Finanza. Tuttavia i minori possono iscriversi senza problema. «Il furto di identità è invece molto più facile: nei social network come Facebook, MySpace, Linkedin milioni di persone consegnano a un universo di interlocutori sconosciuti la propria radiografia anagrafica. Chiunque può appropriarsi della vita di chiunque ». Casi ce ne sono già stati, con relative denunce (è successo in Gran Bretagna). È la teoria della finestra rotta, formulata dal giallista americano Jeffrey Deaver, secondo il quale sarebbero state create società con il solo scopo di immagazzinare i dati di milioni di persone per poi rivenderli. Leggende metropolitane? Come ogni mondo che si rispetti Facebook ha le sue. Spiega Rapetto: «Secondo i complottisti sarebbe un programma della Cia. Una maschera dietro la quale si cela l’Information Awareness Office (Iao), varato a ridosso dell’11 settembre».

Una volta creato il profilo vanno impostati i livelli di sicurezza. L’utente deve scegliere chi può vedere le sue foto (solo gli amici, o tutto il resto del “mondo”?), chi può leggere il suo status (solo chi è in connessione o anche gli amici degli amici?). Non è abbastanza per mettersi al riparo. «A leggere l’homepage di Facebook si scoprono due cose terribili», dice Rapetto. «“Non possiamo garantirti che i contenuti che invii al sito non siano visualizzati da persone non autorizzate” e poi un comodo (e altrettanto illegale) “non siamo responsabili di elusioni delle misure di sicurezza del sito o delle impostazioni della privacy”». E se il Garante sta tentando di disciplinare i siti di social network «controllare un mondo anarchico è impossibile, i server ricadono sotto legislazioni straniere fuori dall’orbita giurisdizionale italiana. Sarebbe possibile controllare il network solo se fosse “cittadino” italiano a tutti gli effetti», afferma il colonnello. Per difendersi la regola è: «Stare fermi il più possibile e non proporre più di quanto ci viene chiesto». Ma spesso i filtri saltano: il motore non regge. Così, pure chi non è amico può mettere il naso nei tuoi affari.

Un dilemma, esserci o non esserci? Sociologi, psicologi ed economisti si sono già espressi. «Facebook rende soli», ha detto Paola Vinciguerra, presidente di Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico). «Facebook non disturba il lavoro», tranquillizza una ricerca inglese. «Facebook ha bisogno di fondi perché spende oltre un milione di dollari al mese solo in energia elettrica», dice TechCrunch, il blog creato da Michael Arrington e dedicato alle segnalazioni sul Web 2.0. «E Facebook, non essendo una compagnia fondata con lo scopo di fare soldi, morirà». Già, morirà. Ma uscirne è difficile. In gergo si dice suicidarsi. Si compila un modulo spiegandone le ragioni. Le opzioni vanno da “Facebook sta creando problemi alla mia vita sociale”, fino a “si tratta di uno stato temporaneo. Tornerò”. Il profilo resta ad memoriam, coperto di grigio come una tomba, e i dati, attenzione, rimangono nel sistema.

Negli Usa molti utenti hanno già smesso. Così, proprio nel momento in cui Facebook raggiungeva l’apice, ha iniziato a soffrire. Come una bolla speculativa da subprime. Gli iscritti hanno capito. E si sono suicidati in massa.

Marta Serafini
 

 




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