J'accuse: poco tempo per salvare il paesaggio

di Salvatore Settis

28 Maggio 2010   16:29  

Un interesante articolo, anche per un aquilano post-terremotato, a firma di Salvatore Settis. Nella foto una superba vista sul quartiere montano del progetto CASE di Camarda.

''Ho fin qui raccontato una storia tutta "in crescendo" e potrei continuarla ancora aggiungendo leggi e norme più recenti, in particolare la fondazione del ministero dei Beni Culturali (1975) e, più recentemente, il Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici (2004, con modifiche del 2008), che ho contribuito a scrivere, e che ha modificato le leggi del 1939, mantenendone tuttavia la sostanza e lo spirito.

Devo però finire su un tono completamente diverso, dichiarando senza mezzi termini che questo complesso sistema di tutela (il più antico e probabilmente ancor oggi, sulla carta, fra i migliori del mondo) funziona oggi sempre meno. Qualche dato può aiutarci a capire quel che accade oggi in Italia. Sempre più drammatica è la devastazione del paesaggio, e basti ricordare che in 15 anni, dal 1990 al 2005, il 17 per cento delle campagne italiane è stato coperto di nuove costruzioni; che ogni anno si costruiscono in media fabbricati per oltre 250 milioni di metri cubi; infine, che la crescita degli insediamenti mediante nuove costruzioni è quasi 40 volte maggiore del modestissimo incremento demografico (pari solo allo 0.4 per cento). L'armonico rapporto città-campagna costruito attraverso i secoli sta cedendo terreno a un incontrollato urban sprawl, che ospita ormai circa un quarto della popolazione e delle attività produttive. L'antica forma urbis sta esplodendo, e la sua espansione indefinita ne vanifica non solo i confini, ma anche il centro.

Nel nuovo paesaggio di suburbi, lo spazio restante tra gli agglomerati perde il carattere di filtro e assume quello di terra di nessuno, mentre il terreno delle campagne, coperto dal cemento, perde per sempre le funzioni ecologiche che aveva esercitato. Un territorio eccezionalmente fragile, soggetto a frane, inondazioni e terremoti, viene sempre più abbandonato a se stesso, e mentre si avviano gigantesche opere pubbliche (per esempio il ponte sullo Stretto di Messina) quasi nulla vien fatto per consolidare le aree più a rischio. Mentre restano in vigore le leggi di tutela, che anzi vengono via via migliorate nel tempo, si creano di quando in quando "deroghe" ed "eccezioni", oppure condoni: in tal modo, chi ha compiuto un reato distruggendo una porzione di paesaggio può estinguerlo pagando allo Stato o al Comune una piccola multa. Poiché questi condoni sono fatti periodicamente (specialmente dai governi di destra), chiunque sa che può violare impunemente la legge, aspettando solo pochi anni prima di "mettersi in regola" con una multa.

Sul fronte della tutela del patrimonio culturale, si registra una profonda crisi di risorse umane e finanziarie. Da molti anni non si fanno più nuove assunzioni di personale, e gli addetti delle Soprintendenze hanno oggi un'età media di 55 anni, cioè sono destinati ad andare in pensione nei prossimi 5-10 anni al massimo. Nel 2008, il governo Berlusconi ha tagliato i fondi del ministero dei Beni Culturali di circa un miliardo e mezzo di euro, rendendo quasi impossibile ogni intervento, anche i restauri d'urgenza resi spesso necessari (per esempio, dopo il crollo di una volta della Domus Aurea di Nerone lo scorso 30 marzo). Di fronte a queste carenze, si è diffusa l'idea di "privatizzare" il patrimonio culturale o di vendere una parte dei monumenti, sulla base di un preteso "modello americano" che molti menzionano e quasi nessuno conosce davvero. Intanto, il crescente peso politico della Lega Nord, un partito nato con il progetto di operare la secessione delle regioni del Nord dal resto d'Italia, rende sempre più probabile una riforma costituzionale in senso "federalista", i cui enormi costi per il cittadino nessuno si ferma a calcolare.


Per tracciare il perimetro di questa crisi, almeno un terzo punto dev'essere velocemente accennato. Fra le ragioni della continua distruzione del paesaggio e del patrimonio italiano non c'è la carenza di leggi; al contrario, vige in questo campo una sorta di "accanimento terapeutico", per cui le leggi sono anche troppe, e per questo è difficile osservarle, anche perché spesso si sono sedimentate nel tempo in modo incoerente, creando un labirinto di conflitti di competenza.

Citerò a tal proposito il caso più grave, il caos terminologico che si è venuto a creare intorno alle tre parole-chiave "paesaggio", "territorio", "ambiente". Il "paesaggio", lo dice l'articolo 9 della Costituzione come abbiamo visto, deve essere tutelato dallo Stato, e in particolare dal ministero dei Beni Culturali; ma il "territorio", dice l'articolo 117 della Costituzione, dev'essere regolato e pianificato non dallo Stato centrale, bensì dalle Regioni e dai Comuni; infine, l'"ambiente" è di competenza mista, e comunque a livello dello Stato centrale se ne occupa un altro ministero, detto appunto "dell'Ambiente".

Non si tratta di una dispiuta astratta. Se, per esempio, si deve decidere se distruggere o no una grande pineta sulle coste del Tirreno, chi dovrà prendere le decisioni in merito, e dare i relativi permessi? Lo Stato, la Regione, il Comune? La normativa è talmente intricata, specialmente dopo la riforma costituzionale del 2001, che vi sono ogni anno numerosi casi di conflitto di competenza davanti alla Corte Costituzionale.

Nessun partito politico oggi attivo in Italia, senza nessuna eccezione, ha posto questo tema al centro dell'attenzione, per esempio in occasione delle elezioni politiche del 2008 o delle elezioni regionali del 2010.

Eppure sono sorte in questi anni in Italia centinaia, forse migliaia di associazioni di cittadini, piccole e grandi, che fanno campagne di informazione e di difesa dei rispettivi territori. Questo "particolarismo italiano", che oggi sembra aggiungersi alle tante altre forze di disgregazione del Paese, potrebbe forse avere in sé -io lo spero- qualità positive, ma certamente non basta. Per salvaguardare il prezioso patrimonio italiano, per evitare che quanto resta del paesaggio possa esser distrutto, occorre ripartire dai diritti delle generazioni future, e sulla base di quelli costruire (o ri-costruire) un quadro istituzionale e legislativo credibile, funzionale, efficace.

 

 


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