L'Abruzzo ricorda la tragedia di Marcinelle

08 Agosto 2013   13:18  

Sono passati quasi 60 anni dalla tragedia avvenuta nella miniera di carbone a Marcinelle, in Belgio, nella quale persero la vita 262 minatori. Per meta' erano italiani e di questi ben 60 erano abruzzesi. Ed oggi l'Abruzzo non dimentica questa tragedia, anche ne corso della cerimonia di conferimento dei riconoscimenti degli “Ambasciatori d’Abruzzo nel Mondo”, in fase di svolgimento a Pescara, nella sala conferenze della “Casa d’Annunzio”.

«La tragedia di Marcinelle - ha detto il presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano - è un simbolo ancora vivo e indelebile dell’emigrazione abruzzese e testimonia, a distanza di 60 anni, come il tema della sicurezza del lavoro sia un valore assoluto, attuale e irrinunciabile. In questo giorno dedicato al ricordo, rivolgo il mio pensiero di solidarietà alle famiglie dei nostri emigranti morti nella tragedia della miniera del Bois du Cazier».

Dichiara invece il consigliere regionale del Pd Giuseppe Di Pangrazio:

“Credo che la giornata odierna, in occasione del 57^ anniversario della tragedia di Marcinelle dove persero la vita 262 lavoratori, quasi la metà italiani di cui una sessantina abruzzesi, debba poter costituire un’occasione di riflessione sui tanti temi che caratterizzano oggi il mondo del lavoro a cominciare da quelli della sicurezza.

L’Abruzzo che ha conosciuto nel tempo la piaga dell’emigrazione ed ha pagato nella circostanza un tributo elevato di vite umane. Nel ricordo commosso di quanto accaduto – ha proseguito Di Pangrazio - oggi è nostro dovere, a qualsiasi livello di responsabilità siamo chiamati, di intensificare il nostro impegno per garantire ad ogni cittadino la dignità ed il diritto al lavoro ma soprattutto le condizioni massime di sicurezza”.

Scrive sul suo profilo Facebook Giovanni Legnini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'Attuazione del programma e all'Editoria.

''Sono passati quasi 60 anni dalla tragedia avvenuta nella miniera di carbone a Marcinelle, in Belgio, nella quale persero la vita 262 minatori. Per meta' erano italiani e di questi ben 60 erano abruzzesi.

Uomini, anche giovanissimi, costretti a lasciare la propria terra per cercare altrove l'opportunita' di una vita migliore ma che, invece, hanno trovato la morte. In occasione dell'anniversario di quel terribile giorno e' doveroso ricordare quanti, in Italia e all'Estero, continuano morire sui luoghi di lavoro.

La memoria deve servire da sprone per non abbassare mai la guardia sul piano della regolazione, dei controlli, della crescita della cultura della sicurezza e dell'integrazione". 

LA STRAGE DI LAVORATORI DI MARCINELLE

l disastro di Marcinelle fu una catastrofe avvenuta la mattina dell'8 agosto 1956 in una miniera di carbone, denominata Bois du Cazier, recentemente inserita tra i patrimoni dell'Unesco[1], situata a Marcinelle, nei pressi di Charleroi, in Belgio. L'incidente provocò 262 morti su un totale di 274 uomini presenti nella miniera. Questo disastro è il terzo per numero di vittime nella storia dei minatori italiani emigrati, dopo quello di Monongah e il disastro di Dawson.

Cronologia

Alle 7:56 dell'8 agosto Antonio I., addetto alle manovre del livello 975 m, una volta caricato l'ultimo carrello pieno dà il via alla rimonta [4] . Poi lascia il suo posto di lavoro e va alla ricerca di altri carrelli pieni; il suo aiutante Vaussort rimane sul posto.

Verso le 8:00 Mauroy, addetto alle manovre in superficie, telefona a Vaussort poiché ha bisogno dell'ascensore per il piano 765 m. Mauroy e Vaussort prendono un accordo previsto dai protocolli di lavoro, ma che in seguito risulterà fatale. L'accordo è il seguente: per due viaggi l'ascensore sarà "libero", e questo permette a Mauroy di fare partire l'ascensore senza il via libera del piano 975 m: ma questa decisione implica che il piano 975, per 2 volte, non potrà più caricare l’ascensore. Dopo essersi accordato, a sua volta Vaussort parte alla ricerca di vagoncini pieni; secondo le registrazioni del "Rockel" sono le 8:01 min e 40 sec.

Alle 8:05 uno dei due ascensori (d'ora in poi indicato con A) arriva al piano 765 m per essere caricato. L'altro (B) si ritrova nel pozzo verso 350 m [5] .

Alle 8:07 l'ascensore A è carico e rimonta in superficie, mentre B riscende a 975 m. Durante questa movimentazione, Antonio I. è ritornato al suo posto di lavoro. Qui vi sono due versioni divergenti. Secondo Antonio I., lui avrebbe chiesto al suo aiutante Vaussort se potesse caricare, ricevendone una risposta affermativa; mentre secondo Mauroy, Vaussort era ancora assente e quindi non avrebbe potuto autorizzare Antonio I. a caricare, e neppure avvertirlo che quell’ascensore gli era vietato. Nessuna delle due versioni è totalmente soddisfacente, Vaussort morirà nella sciagura e non potrà quindi testimoniare e confermare una delle due versioni o fornirne una sua terza.

Alle 8:10, l’ascensore A arriva in superficie mentre B arriva al livello 975. Incurante (o ignaro) del fatto che quell'ascensore gli fosse vietato, Antonio I. comincia a caricare i vagoncini pieni, arrivati dai cantieri durante la sua assenza. Ma la manovra non riesce: il sistema che blocca il carrello durante la rimonta dell’ascensore s’inceppa. Questo sistema avrebbe dovuto ritirarsi un breve istante per lasciare uscire totalmente il vagoncino vuoto. Ma ciò non accade, e i due vagoncini si ritrovano bloccati e sporgenti dal compartimento dell’ascensore. Il vagoncino vuoto sporge di 35 cm, mentre il pieno sporge di 80 cm. Per Antonio I. la situazione è fastidiosa ma non pericolosa: è sicuro che l’ascensore non partirà senza il suo segnale di partenza. In superficie Mauroy ignora totalmente la situazione verificatasi al piano 975 m. Mauroy è nel protocollo di lavoro «ascensore libero» e farà partire l’ascensore allorché avrà finito di scaricare i vagoncini rimontati dal piano 765 m.

Alle 8:11 Mauroy ha finito di scaricare l’ascensore A e dà il via alla partenza, il che immancabilmente provoca anche la partenza dell'ascensore B. Al piano 975 m Antonio I. vede l’ascensore B rimontare bruscamente. Nella risalita l'ascensore, con i due vagoncini sporgenti, sbatte in una putrella del sistema di invio.

A sua volta questa putrella trancia una condotta d'olio a 6 kg/cm² di pressione, i fili telefonici e due cavi in tensione (525 Volt), oltre alle condotte dell'aria compressa che servivano per gli strumenti di lavoro usati in fondo alla miniera: tutti questi eventi insieme provocarono un imponente incendio. Essendo questo avvenuto nel pozzo di entrata dell'aria, il suo fumo raggiunse ben presto ogni angolo della miniera causando la morte dei minatori.

In quanto al fuoco, la sua presenza si limitò ai due pozzi e dintorni, ma il suo ruolo fu determinante perché tagliò ogni via d'accesso nelle prime ore cruciali, fra le 9 e le 12.

L'incendio non scese sotto il piano 975 m mentre divampò nei pozzi fino al piano 715 m. A questo piano Bohen, prima di morire, annotò nel suo taccuino "je reviens de l'enfer" (ritorno dall'inferno).

L'allarme venne dato alle 8:25 da Antonio I., il primo risalito in superficie tramite il secondo pozzo, anche se già alle 8:10, in superficie, si era capito che qualcosa di gravissimo era accaduto poiché il motore dell'ascensore (1250 CV) si era fermato e il telefono non funzionava più (il responsabile Gilson era corso ad avvertire l'ingegnere Calicis che probabilmente erano di fronte a un cassage de fosse, cioè a una "rottura nel pozzo", un deragliamento). Calicis ordinò al suo aiutante Votquenne di scendere nelle miniera per informarsi.

Verso 8:30 6 minatori superstiti arrivano in superficie mentre Stroom scende nella miniera.

Verso 8:30 Votquenne è pronto a scendere ma il freno d'emergenza è bloccato per mancanza di pressione d'aria. Votquenne ordina la chiusura della condotta d'aria che scende nel pozzo: ci vorranno più di 10 minuti per ristabilire una pressione sufficiente. Votquenne e Matton scendono senza equipaggiamento, arrivano sotto 835 m ma devono rinunciare a causa del fumo.

Alle 8:35 Calicis telefona alla centrale di soccorso chiedendo di tenersi pronti e precisa che richiamerà in caso di bisogno.

Alle 8:48 Calicis chiede l'intervento della centrale di soccorso distante 1,5 km dalla miniera. I soccorritori impiegheranno 10 minuti per arrivare.

Alle 8:58 La prima squadra di soccorritori arriva sul posto. Votquenne e uno dei soccorritori equipaggiati con i respiratori Dräger fanno un secondo tentativo. Arrivano a 1035 m ma non riescono ad uscire dall'ascensore, in quanto i suoi occupanti erano montati nel terzo compartimento dell'ascensore fermo a 3,5 m più in alto del livello di uscita. Odono dei lamenti ma l'addetto alle manovre non risponde più alle loro chiamate, probabilmente già incosciente.

In superficie, Gilson decide di far rimontare l'ascensore. Rimontando, a livello 975, Votquenne vede già le fiamme che hanno raggiunto l'ultima delle tre porta di sbarramento fra i due pozzi.

Verso 9:10 il pozzo di estrazione dell'aria era a sua volta inutilizzabile, raggiunto dall'incendio. I cavi delle gabbie di questo pozzo cedettero a poco a poco. Il primo si spezzo verso le 9:30, il secondo cavo si spezzo verso le 10:15  

Verso 9:30 due persone tentarono, senza equipaggiamento, di farsi strada attraverso un tunnel laterale comunicante col pozzo in costruzione. Il tentativo risultò vano. Il passo d'uomo venne allargato solo quattro ore e mezza più tardi e ciò permise di scoprire numerosi cadaveri.

D'altro lato fu anche verso le 9:30 che si decide di fermare la ventilazione.

Alle 10:00 Calicis decide di separare i due cavi del pozzo numero I. Questo permetterà di servirsi dell'ascensore rimasto bloccato in superficie. Questo lavoro lungo e delicato sarà finito poco prima mezzogiorno

Alle 12:00. 3 uomini, Calicis, Galvan e un soccorritore, scendono fino a 170 m ma un tappo di vapore impedisce loro di continuare.

Alle 13:15 Gonet, il caposquadra del piano 1035 lascia un messaggio su una trave di legno. «On recule pour la fumée vers 4 paumes.On est environ à 50. Il est 1h 1/4. Gonet» ("Indietreggiamo per il fumo verso 4 palmi. Siamo circa 50. È l'una e un quarto. Gonet"). Questo messaggio sarà ritrovato dai soccorritori il 23 agosto.

Verso 14:00 Si decide di rimettere la ventilazione in marcia.

Verso 15:00 Una spedizione scende attraverso il primo pozzo e scopre tre sopravvissuti. Gli ultimi tre furono scoperti più tardi, da un'altra spedizione.

Il 22 agosto, alle 3 di notte, dopo la risalita, uno di coloro che da due settimane tentavano il salvataggio dichiarò in italiano: «tutti cadaveri».

Persero la vita 262 uomini, di cui 136 italiani e 95 belgi. Solo 13 minatori sopravvissero.

FONTE WIKIPEDIA

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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