L'Abruzzo soffre, piange e prega, a Chieti tutto tace

di Nando Marinucci

12 Novembre 2010   12:48  

Trema ancora la terra nell'aquilano, traballa qualche scranno politico nel teramano, sussulta la Pescara delle inchieste; nel teatino nemmeno la sensazione di una piccola vibrazione.

A Chieti tutto tace, il mondo è tranquillo: tutto sereno. Nemmeno il tempo di assaporare qualche novità che subito si ricade nel grigiore di una città che ricomincia la solita cantilena del lamento e dell'accusa. Una sorta di sintomatica ricaduta ciclica nell'indolenza più autentica.

Sembra di assistere ad una bizzarra forma di rilassamento ovvero allo strano fenomeno di quel mondo che ricade puntualmente nella trappola dell'inerzia più cronica. Nemmeno i grandi eventi del passato e la luce dei riflettori nazionali ed internazionali sono riusciti ad innescare la miccia del tanto auspicato decollo, del tanto recriminato ritorno ai fasti della mitica Teate.

Sembra di assistere oramai impotenti, nonostante qualche disorientata scintilla solitaria, all'epilogo più triste di una città, che precipita lentamente nell'anonimato.

Un mondo che oramai si limita all'ordinario, alla routine; incredibile a dirsi, si assiste oramai all'azione meticolosa di decisori impegnati alle sole opere di sopravvivenza varia.

Eppure le occasioni fioccano da tutte le parti: nell'arte, nella cultura, nella scuola, nel turismo, nello spettacolo, nel sociale, nei grandi interventi, perfino nel commercio e nell'artigianato si aprono varchi incredibili per azioni di rilancio se non di vera esplosione.

Nemmeno i vantaggi e la fortuna di vedere in difficoltà i temuti avversari pescaresi o di verificare le complicate questioni degli antagonisti teramani oppure di assistere impotenti alla decadenza dei martoriati aquilani, nemmeno queste brutte vicende riescono a spronare e ad incoraggiare alla salita nella cabina di regia e all'occupazione del posto guida di questa regione oramai allo sbando.

Nemmeno questo stato di opportunità riesce a produrre effetto o la benché minima idea di slancio. Si riprende invece il vizio o la consuetudine del lamento e delle denunce finalizzate a se stesse per chissà quali torti subiti, per chissà quali dispetti ricevuti. Una sorta d'inutile tecnica auto celebrativa, con il solo scopo di giustificare ogni mancato tentativo, ogni mancato traguardo, ogni mancata occasione.

Una tecnica votata purtroppo ad una inconsapevole ed ineluttabile autodemolizione. Giustificazioni, accuse e scusanti per non essere in grado di proporre iniziative possibili, per non riuscire a capire e ad usare gli strumenti utili a disposizione, per non voler sacrificare l'insignificante orgoglio ad una più sana condivisione; un sistema di cose sconclusionate per demolire ogni idea possibile sul futuro ed il ruolo della Chieti dei teatini, della Teate dei Marrucini, della città guida di un territorio molto più ampio.

Eppure i tempi sono quelli giusti per poter decollare. Aver potuto contare sull'opera dissodante della giustizia, poter puntare sugli enormi intangibili che offre la città e soprattutto poter sfruttare il risveglio di nuovi entusiasmi che emergono dall'attento e giovane mondo dell'economia; tutte queste opportunità non fanno altro che mettere in evidenza un vuoto incolmabile, una strana mancanza di energia nel mondo dei decisori.

Il tempo scorre inesorabile mentre il mondo vola nel futuro. L'Abruzzo soffre, piange e prega; nel marasma delle incertezze e del disagio, dalla nostra terra qualche speranza fortunatamente affiora ancora per poter cogliere l'occasione giusta e per poter concretizzare le vere opportunità di questa terra, di questa regione.

Qualche certezza emerge ancora per poter cancellare l'immagine di un popolo inerte, logoro ed umiliato, e rilanciare quella di un popolo vivo, laborioso e soprattutto orgoglioso delle proprie virtù.

Nando Marinucci


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