28 Giugno 2012   11:26  

È adagiata, a circa 720 m. s.l.m., sull'’articolato declivio di un colle che domina la valle dell’'Aterno, e divide l’ampia e luminosa conca alla quale fa da sfondo una intera cerchia di montagne. La città, oltre all’'attrattiva dei suoi monumenti, offre un gradevole soggiorno di villeggiatura allietato dalla magnifica visione della sua conca e delle sue montagne che le fanno da cornice fino al superbo sfondo del Gran Sasso d'’Italia.
Ai piedi del colle dove fu costruita la città sgorgavano numerose sorgenti ed era per questo chiamata S.Maria de Aquilis oppure de Acquilis da secoli detti e scritti Acculum e successivamente Acilie, Akilie, Accule, Accula, Acquili tutti diminutivi latini di “acqua”. Da qui il nome della città, anche se l’'assonanza lo fece subito paragonare a quello del rapace che figurava nelle insegne imperiali. La città nacque nel 1254, in esecuzione del diploma dell'’Imperatore Federico II di Svevia, per volontà delle popolazioni che in quei tempi erano sparse in tanti piccoli villaggi, i castelli, desiderosi di costituire una città per gestire al meglio l’'attività economica.
Dai vari castelli, una parte della popolazione si trasferisce nella nuova città ed edifica una chiesa, corrispondente a quella di provenienza. Fu così che risultò composta da tanti piccoli rioni, 99, secondo la tradizione leggendaria, ognuno con la sua chiesa, la sua piazza e la sua fontana, raggruppati in quattro quartieri.
A ricordo di questo fatto, la campana della Torre Civica, fino a qualche decennio fa, batteva a mezzogiorno 99 rintocchi.
Regnava allora Corrado IV, succeduto a Federico II che morì nel 1254. Gli successe il fratello Manfredi, ma in quegli anni era già in atto la contesa tra il papato ed il nuovo re Svevo, la città rimasta fedele alla chiesa pagò duramente: nel 1259 Manfredi dopo aver riconquistato la parte meridionale del regno assediò e distrusse L'’Aquila che rimase abbandonata per sette anni fino al 1266.
Fu questo l'’anno in cui Carlo I d’Angiò, sceso in Italia contro Manfredi, diede agli abitanti il permesso di riedificarla e cingerla di mura.
La nuova città vasta e popolosa divenne sempre più fiorente, il 29 agosto 1294, l'’eremita Pietro del Morrone venne incoronato pontefice, col nome di Celestino V, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, da lui stesso fatta costruire, alla presenza di re, cardinali e principi con circa 200.000 pellegrini tra cui Dante Alighieri.
Il trecento è un secolo importante di grande fervore, si attiva il collegamento interno Firenze-Napoli, la cosiddetta via degli Abruzzi, in tempi in cui le vie litoranee erano qua e là paludose ed infestate dai banditi, ne favorì le attività commerciali.
Nel 1257 il Pontefice Alessandro IV vi trasferì l’'antica sede vescovile di Forcona. L'’Aquila si amministrava con la figura del Camerlengo e con i Cinque delle Arti, espressione degli interessi corporativi che erano venuti sviluppandosi nella città. Con un governo così strutturato, massima espressione della vitalità imprenditoriale, la comunità aquilana raggiunse benessere e prestigio nonostante le lotte interne tra i Pretatti e i Camponeschi.
Le principali ricchezze vennero agli aquilani dalla pastorizia, dalla coltivazione dello zafferano e dalla lavorazione dei metalli.
Nel 1423 la città venne assediata dal famoso condottiero Braccio da Montone, barone e capitano di ventura, signore di Perugia. Ebbe dalla regina Giovanna II d'’Angiò la promessa del dominio della città come compenso dell'’aiuto prestatole nella lotta contro i nemici: fallita la promessa cercò di assoggettare la città ma poiché non riuscì a vincere la resistenza l'’assediò duramente per tredici mesi. A soccorrere la città si mosse un esercito guidato da Muzio Attendolo Sforza, che perì annegato mentre attraversava a cavallo il fiume Aterno. Giunse allora un nuovo esercito guidato da Giacomo Caldora e da Francesco Sforza che si scontrarono nella battaglia di Bazzano. Braccio Da Montone, uscito dal campo sconfitto e gravemente ferito morì qualche giorno dopo.
La regina Giovanna per ringraziare L’'Aquila della sua fedeltà le concesse una serie di privilegi che ne incrementarono lo sviluppo economico e sociale. Risorse per i suoi commerci con la lana, ben presto divenne la seconda città del regno di Napoli, ebbe una zecca e batté moneta propria, nel 1458 fu sede di un’'università, con una completa indipendenza amministrativa vi fu aperta la tipografia da A. di Rottwil, discepolo di Gutemberg. Ebbe il privilegio di ospitare tre grandi Santi francescani: San Bernardino da Siena (1380-1444), San Giovanni da Capestrano (1386- 1456) e San Giacomo della Marca (1391-1476).
Le lotte con Rieti e le discordie interne diedero inizio alla decadenza dell’'Aquila. A ciò si aggiunsero i danni del terremoto del 1461 e la pestilenza del 1478.
Durante le lotte tra Spagnoli e Francesi per il possesso del regno di Napoli, per punire la città di aver parteggiato per Francesco I, Carlo V ordinò a Filippo d’'Orange, viceré di Napoli di assediarla e distruggerla.
L’'Aquila fu punita e costretta a pagare una multa e una taglia annuale per la costruzione del castello “ad reprimendam audaciamAquilanorum” fatto costruire nel 1535, dal viceré don Pedro di Toledo che doveva garantire il possesso della città al dominio Spagnolo.
Durante la rivolta di Masaniello nel 1647 la città si ribellò di nuovo agli Spagnoli e fu per questo condannata a dure repressioni economiche e sociali, che ne causarono un lento declino.
Nel 1703 vi fu un disastroso terremoto che rase al suolo la città. Nel 1799 gli aquilani insorsero contro i Francesi, e nel 1831-1833-1841 parteciparono ai moti per l’'unità d'’Italia.
Recentemente sono sorti, nella zona circostante la città nuovi quartieri ma nell'’insieme il nucleo urbano si presenta al visitatore con le caratteristiche di una città medioevale


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