Le pose sorridenti del turismo post-sismico

di Pasquale Giordano

17 Agosto 2010   11:03  

Stavo percorrendo il centralissimo Corso Vittorio Emanuele II che da Piazza Duomo si estende fino alla 'Fontana luminosa'. Parlavo fitto con il mio ospitale contatto aquilano. Ci stavamo scambiando opinioni su come e quanto la ricostruzione aquilana sia una partita che si sta giocando lontano da L'Aquila. Stringevo sotto il braccio sinistro il caschetto bianco che mi avevano fornito i vigili del fuoco poco prima.

Mentre parlavo, d'improvviso si fa sotto un italico signore 'maturo' (per modo di dire), che con faccia tosta mi dice "Le dispiace se glielo rubo per fare una foto?" Ingenuo come non mai ho creduto che parlasse del mio compagno di chiacchierata e con fare divertito avevo fatto un passo indietro dando il mio assenso con un cenno del capo. Ma lui, il signore di prima, invece parlava del caschetto bianco che stringevo sotto il braccio e che mi era servito per visitare le ferite de L'Aquila. Voleva farsi una foto ricordo con il caschetto. Con una scusa banale, intontito e un po' arrabbiato, ho rifiutato la proposta del signore, ma mentre lo facevo alla mente mi sono balzati diversi flash. Poche ore prima ci stavamo riposando all'ombra dopo un'impegnativa prima parte di viaggio nelle viscere de L'Aquila. Ci trovavamo in piazza Duomo e chiacchieravamo del più e del meno quando un turista, presumibilmente spagnolo, chiede ad uno dei vigili del fuoco che era con noi di fare una foto (casco in testa) con loro. Come davanti al Colosseo con i figuranti che impersonano gli antichi romani; come a Camden Town con i punk che si lasciano fotografare in cambio di pochi spiccioli; allo stesso modo questi voleva fare una foto insieme al vigile del fuoco, evidentemente assurto a protagonista del dopo terremoto. Ma non solo.

Una dozzina di metri prima dello sfortunato incontro con il signore, avevo osservato dubbioso una madre mettere in posa i propri bambini davanti ad un mazzo di chiavi appese ad un rete metallica, dove erano presenti delle altre chiavi. Probabilmente si trattava dell'opera plateale di protesta del popolo delle carriole. Erano delle coloratissime chiavi di plastica, simili a quelle che si danno ai bambini per giocare. Anche i soggetti della foto, loro malgrado, erano degli inermi bambini che stringevano infastiditi questi oggetti per una foto ricordo.

Continuo a camminare in silenzio e ripenso alle intercettazioni e alle risate tra gli imprenditori Francesco Maria De Vito Piscicelli, direttore tecnico dell'impresa Opere Pubbliche e Ambiente Spa, ed il cognato Gagliardi nella notte del terremoto. Mi viene spontaneo da chiedermi se questi che si mettono in posa con il caschetto in testa e sorridenti davanti alle macerie, davanti alla distruzione, siano consapevoli dell'eventualità che sotto quelle macerie qualcuno ci ha lasciato la vita. Un'idea che schiuma rabbia fino a cozzare con lo spirito vacanziero di questi beceri villani.

 

Fonte: www.dazebao.org

Foto: Alessandra Di Stefano

 


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