Le recensioni dei film di Natale

Speciale cinema

24 Dicembre 2009   12:44  

Natale a Beverly Hills

Regia: Neri Parenti
Cast: Christian De Sica, Massimo Ghini, Sabrina Ferilli, Paolo Conticini, Emanuele Propizio, Michela Quattrociocche, Michelle Hunziker, Alessandro Gassman, Gian Marco Tognazzi.
Genere: Commedia
Durata: 100 minuti
Voto: O

Dopo diciassette anni Cristina incontra, per un caso fortuito a Los Angeles, Carlo, il mascalzone che l’aveva abbandonata incinta di sette mesi e che oggi, cinquantenne, vive ancora come un gigolo insieme a una donna molto più vecchia di lui. Cristina non si lascia sfuggire l’occasione di affrontarlo e gli comunica che il figlio Lele ora ha un padre putativo, Aliprando, che si è preso cura di lei e del ragazzo. Serena e Marcello sono in procinto di sposarsi ed entrambi organizzano una festa per dire addio alla loro vita da single. Durante il suo party Marcello incontra per caso Rocco, un vecchio compagno di liceo che non vedeva da anni e che si trova a Los Angeles per un convegno.
De Sica & co. tornano negli States con il loro nuovo (si fa per dire!) film di Natale. Gli anni passano, gli interpreti cambiano ma la solfa è sempre la stessa: se non c'è volgarità, non ci sono risate, e allora ecco il comico romano nei panni del solito cinico cinquantenne, mai arresosi al passare degli anni. Se la fa con tutte, giovani e vecchie, purchè si parli sempre e solo delle sue doti (sia ben chiaro, non mentali). Ogni battuta, ogni sketch è all'insegna dello humor da caserma o, peggio ancora, da osteria casereccia. Nell'episodio parallelo, invece, troviamo la rediviva coppia Gassman - Tognazzi jr. dividersi le simpatie della svampita Michelle Hunziker. LO scenario è ancora una volta Beverly Hills, e lo schema comico resta invariato. Al posto di De Sica, c'è il figlio del grande Vittorio a tenere alto l'infimo livello della commedia, interpretando il classico burino arricchito che in testa ha una cosa sola. Al suo fianco, l'esatto opposto ovvero il milanese tutto buisness. Ma che originalità!
Neri Parenti deve ancora rendersi conto di trovarsi al cinema e non in tv. Gira questa ennesimo cinepanettone con i ritmi di una fiction, del resto, però, il pubblico che si trova davanti non è di certo composto da cinefili incalliti. Sarà questo il motivo per cui, per l'ennesima volta, troviamo sugli schermi cinematografici attrici come la Hunziker o la Ferilli ( e poteva andare peggio con Belen), belle donne, questo si, ma totalmente inadatte a recitare. La sceneggiatura  rimasta orfana del duo Martani Brizzi ne risente, non riuscendo più a creare una situazione divertente senza ricorrere al prurigionoso, o comunque allo stomaco di chi guarda.
Prodotto al livello di uno scantinato, recitazione pessima, risate stanche. Forse, il cinepanettone è diventato più una consuetudine che un'esigenza.

 

Io e Marilyn

Regia: Leonardo Pieraccioni
Cast: Leonardo Pieraccioni, Suzie Kennedy, Biagio Izzo, Barbara Tabita, Rocco Papaleo, Marta Gastini, Francesco Pannofino, Francesco Guccini, Massimo Ceccherini, Luca Laurenti
Genere: Commedia
Durata: 96 minuti
Voto: OO

La nostra storia si svolge a Firenze e ruota tutta intorno ad una domanda: si può chiamare durante una goliardica seduta spiritica tra amici Marilyn Monroe? Si lo si può fare. Ma c'è di più ... lei può anche arrivare! Ed è così che il nostro Gualtiero se la ritrova in casa. La può vedere solo lui, parlarci solo lui e ai carabinieri chiamati quando ancora credeva che fosse una ladra, non resta che pensare che lui sia un pazzo o solo uno che ha bevuto troppo.
Gualtiero Marchesi è l'ennesimo personaggio tipico dei film di Pieraccioni: provincialotto, con un lavoro insolito (stavolta riparatore di piscine), innamorato perso della propria moglie (anche se non ricambiato) e amico di tutti. Ritornano le solite tematiche del cinema del toscano, con la purezza dell'amore che si scontra con gli egoismi della società odierna, vista come una specie di inferno per chi, come Gualtiero, sogna la principessa con occhi solo per lui. Evidentemente, la donna ideale non è di questa terra, e allora bisogna richiamare alla mente, e non solo, un mito del cinema che fu come Norma Jean, meglio conosciuta col nome d'arte: Marilyn Monroe. In fondo, si sa, affezionarsi ad una stella è facile come bere un bicchier d'acqua e, a guardar bene, pur essendo così distante da noi, forse è l'unica a non deludere mai. Meglio, allora, vivere in un mondo di celluloide piuttosto che in questa valle di lacrime, chiamata vita.
Il regista toscano omaggia l'attrice simbolo del cinema americano, ma, ad analizzare tutto, forse la sfrutta solo per aggiungere un altro tassello alla sua piatta filmografia. Lo fa aggiudicandosi la presenza della sosia, famosa in tutto il mondo, di Marilyn, Suzie Kennedy. Effettivamente, sono proprio due gocce d'acqua e, senza nulla togliere alle grandi prove d'attrice dell'originale, anche la copia sembra disimpegnarsi bene in quegli scomodi panni, ormai per lei così familiari. Buoni anche gli attori di contorno, con particolare menzione per la coppia gay Ceccherini - Laurenti, e per il folle Rocco Papaleo. Delude, ma non è una novità, Biagio Izzo, il quale dovrà al più presto convincersi che i suoi personaggi non sono marionette. Cosa dire, infine, di Pieraccioni? Dispiace ripetersi, ma i film fin qui realizzati sono mediocri come i protagonisti da lui creati. Fa rabbia tutto questo, perchè la sensazione è che possa fare molto di più. Eppure si accontenta di 'fabbricare' pellicole per il grande pubblico. Bisogna ammetterlo, però, in questo è davvero un maestro.

 

A Christmas Carol

Regia: Robert Zemeckis
Cast: Jim Carrey, Robin Wright Penn, Gary Oldman, Colin Firth, Cary Elwes, Daryl Sabara, Bob Hoskins, Sammi Hanratty, Sonje Fortag, Fay Masterson, Raymond Ochoa, Tarah Paige, Ryan Ochoa, Molly C. Quinn, Kelly Connolly, Jacquie Barnbrook, Beckie King, Ron Bottitta, Lesley Manville, Steve Valentine
Genere: Fantastico
Durata: 90 minuti
Voto: OOO


Il vecchio e avaro strozzino Ebenezer Scrooge non ha alcuna intenzione di condividere le gioie del Natale. Né con il nipote Fred né con il suo dipendente Bob, che riceve uno stipendio da fame e ha una famiglia numerosa, né tantomeno con chi gli chiede sottoscrizioni in favore dei più diseredati. Per lui il Natale è solo un giorno in cui deve pagare Bob che resterà però a casa. La notte della vigilia compare, terrorizzandolo, il fantasma del suo socio in affari Marley, morto sette anni prima, il quale gli annuncia l'arrivo di tre Spiriti. Uno gli mostrerà i suoi Natali passati, uno quello presente e l'ultimo quello futuro in cui lui sarà morto e nessuno avrà un buon ricordo della sua esistenza. La lezione gli servirà.
La novella di Dickens ha, da sempre, un ottimo rapporto con il grande schermo. La storia del cinema è piena di versioni in bianco e nero e non di questo autentico capolavoro della letteratura mondiale. Ebenezer Scrooge è diventato, negli anni, uno dei personaggi più noti al grande pubblico. In fondo, rappresenta la parte gretta di ognuno di noi, quella che tutti cercano di tenere nascosta, soprattutto quando si accendono le prime luminarie e si tirano fuori da scatoloni impolverati gli addobbi natalizi. Il protagonista di questa favola ha l'anima piena di pulviscolo, dovuto all'egoismo, tipico dell'essere umano odierno, e solo il pensiero della morte potrà riportarlo sulla retta via. 'Beato l'uomo che sa cotare i suoi giorni', recitava un vecchio adagio, ed allora il nostro eroe, grazie all'aiuto di tre spiriti (vagamente evangelici), riesce a capire il vero senso della vita, quello di donarsi completamente agli altri. Chiunque abbia portato sullo schermo il Canto di Natale non è riuscito a scappare alla mielosità che lo pervade. Un eccesso di zucchero giustificato, però, dal grande merito di quest'opera: il saper trasmettere il vero senso di una festa, caduta ormai nelle logiche commerciali babbo natalizie.
Robert Zemeckis non è nella forma straordinaria dei fasti della sua carriera, lo dimostrano gli eccessivi virtuosismi e la noia, regnante sovrana nella prima ora di pellicola. Si riprende nel finale, quando anche il grande pubblico si risveglia dal torpore grazie a qualche scena pseudo - horror e una decisa accellerata verso il sentimentalismo di chiusura. Ottima, bisogna dire la verità, la panoramica iniziale sulla città vista dall'alto ma, come dicevo prima, tutte queste acrobazie visive risultano, alla lunga, più esercizi di stile che altro.
Jim Carrey, dal canto suo, gigioneggia come di consueto sdoppiandosi in una marea di maschere, non tutte perfettamente riuscite. Nessuno ha più dubbi su quanto sia bravo, ma ora gli si chiede di tornare all'umiltà degli esordi, quando si 'accontentava' di interpretare un personaggio alla volta. Il cast di contorno è solo un ninnolo (per riamnere in tema natalizio). L'abete è maestoso, ma quando le luci sono troppo forti rischiano di abbagliare e basta. Pomposo.

 

La principessa e il ranocchio

Regia: Ron Clements
Voci: Domitilla D'Amico (Principessa Tiana), Karima Ammar (Principessa Tiana, canto), Francesco Pezzulli (Principe Naveen), Luca Ward (Dr. Facilier), Franco Zucca (Lawrence), Graziella Polesinanti (Mamma Odie), Luca Laurenti (Ray), Pino Insegno (Louis), Micaela Incitti (Charlotte La Bouff), Sergio Cammariere (Dr. John).
Genere: Animazione
Durata: 97 minuti
Voto: OOO

Sullo sfondo della magica New Orleans, tra gli sfarzosi viali del quartiere francese e gruppi di musicisti jazz lungo le strade, nasce una storia indimenticabile che ha per protagonisti la bella aspirante cuoca Tiana, un principe trasformato in ranocchio che vuole disperatamente tornare umano e un bacio, che cambierà il destino di entrambi e li trasporterà in un’incredibile avventura attraverso le mistiche paludi della Lousiana. Ad accompagnarli nel loro viaggio, un caleidoscopio di personaggi indimenticabili tra cui la goffa lucciola Ray e il simpaticissimo alligatore musicista, Louis.
La Disney torna al 2-D facendo un bel tuffo nel passato. Il ritorno ai tempi che furono non si limita, però, alla sola veste grafica. Anche la storia sembra un mix di alcuni classici della storica casa d'animazione: La principessa e il ranocchio ruba qualcosina a La Sirenetta, ha un non so che di Cenerentole ed anche, perchè no, qualche personaggio alla Aladdin (il cattivo di turno ricorda molto Jafar). Anche le tematiche trattate sono  vicine a quelle dei primissimi lungometraggi, dove il bene più puro si scontra contro degli autentici diavoli. Del resto, i perfidi di papà Walt sono simbolo del male irremediabile, quelle persone cui l'odio e la tracotanza ha tolto il cuore e , di conseguenza, la capacità di amare. Come in tutte le favole che si rispettino, però, il lieto fine non solo è assicurato, ma è quasi dovuto.
Ron Clements copia sè stesso, riportandoci però tutti alle magiche atmosfere di quando eravamo bambini, con una natura antropomorfa e solidale, dove le differenze di razza non hanno impoertanza, l'importante è aiutarsi l'un l'altro. Forse si avrà l'impressione di trovarsi davanti ad un qualcosa di già visto (ed in effetti è così), eppure si sentiva il bisogno di un ritorno ad un prodotto riservato ai più piccoli. L'animazione è piacevole, i personaggi di contorno sono, come al solito, più simpatici dei protagonisti e il buonismo permea tutto questo prodotto dal gusto squisitamente retrò. Non è, però, tutto oro quello che luccica.  Questo cartoon, infatti, sembrerebbe essere sbucato fuori a distanza di vent'anni, ma le canzoni non sono all'altezza della situazione. Se i classici Disney riscuotono tutt'oggi un grande successo lo devono, per una buona metà, alla colonna sonora. Qui mancano motivietti orecchiabili. Non si può non tenerne conto.

 

Cado dalle nubi

Regia: Gennaro Nunziante
Cast: Checco Zalone, Dino Abbrescia, Fabio Troiano, Giulia Michelini, Raul Cremona, Gigi Angelillo, Anna Ferruzzo, Ludovica Modugno, Stefano Chiodaroli, Ivano Marescotti
Genere: Commedia
Durata: 99 minuti
Voto: O 1/2

Checco Zalone, un giovane pugliese che sogna di diventare cantante, è stato lasciato dalla sua ragazza perché insegue un sogno difficile da realizzare mentre lei vorrebbe sposarsi e mettere su famiglia. Checco decide quindi di lasciare Polignano e raggiungere Milano, dove forse riuscirà a combinare qualche cosa. Giunto in città, viene ospitato dal cugino Alfredo, ma ovviamente fatica ad adattarsi alla mentalità aperta della città del nord. Poi, un giorno, incontra Marika. Tra i due è colpo di fulmine, ma il padre di lei, leghista convinto e pieno di pregiudizi sui meridionali, mal sopporta la loro relazione. Nel frattempo, Checco partecipa a provini e audizioni finché, improvvisamente, il suo talento viene riconosciuto da un discografico che vuole lanciarlo come nuovo fenomeno nel mondo dello spettacolo...
E' ormai consuetudine del nostro cinema, concedere almeno un film al comico di successo in tv. Miglior sorte non poteva capitare a Luca Medici, in arte Checco Zalone, che porta sul grande schermo il suo personaggio catodico, un aspirante cantautore ignorante e volgare. Con il suo essere poco attendibile, si permette il lusso di affrontare temi spinosi come l'omosessualità, il razzismo e la politica offendendo a destra (soprattutto) e a manca senza temere censure. Del resto, lo ha detto lui stesso, con la mia maschera posso dire ciò che voglio, nessuno da peso al pensiero di un asino come lui. Morale della favola, si può dir male di tutto e tutti, basta non azzeccare un congiuntivo.
La sceneggiatura del film è quanto di più banale si sia visto in una sala cinematografica: il solito ragazzotto ingenuo del sud va al nord in cerca di fortuna, scontrandosi con i soliti clichè delle differenze tra settentrione e meridione. La novità, dunque, non c'è ma il vuoto è riempito da canzoni omofobe ma in perfetta metrica tanto gradite al pubblico. Quindi, qualche risata qua e là ci scappa, se non siete persone particolarmente sensibili all'argomento, ma per lo più è la noia a farla da padrona. Gennaro Nunziante di mestiere scrive i testi di Checco, non è dunque un regista, e si vede. Non sa dirigere gli attori i quali, non essendo fenomeni, recitano come i bambini agli spettacolini di fine anno lasciando, senz'altro volutamnte, tutta la scena al protagonista.
Se amate alla follia Medici e molto meno la settima arte, il consiglio è quello di accomodarvi in sala cercando di non sbellicarvi troppo. Se, invece, pensate che il cinema sia ancora un luogo dove le capcità contano qualcosa, non aprite quella porta.

Francesco Balzano

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