No alla legge-bavaglio. Il documento comune

25 Maggio 2010   01:38  

Il testo comune concordato dai direttori delle maggiori testate giornalisiche italiane nel corso dell'incontro di ieri promosso dalla Fnsi:

"I direttori e le redazioni dei giornali italiani, con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, denunciano il pericolo del disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche per la libera e completa informazione.
Questo disegno di legge penalizza e vanifica il diritto di cronaca, impedendo a giornali e notiziari (new media inclusi) di dare notizie delle inchieste giudiziarie - comprese quelle che riguardano la grande criminalità - fino all'udienza preliminare, cioè per un periodo che in Italia va dai 3 ai 6 anni e, per alcuni casi, fino a 10. Le norme proposte violano il diritto fondamentale dei cittadini a conoscere e sapere, cioè ad essere informati. E' un diritto vitale irrinunciabile, da cui dipende il corretto funzionamento del circuito democratico e a cui corrisponde - molto semplicemente - il dovere dei giornali di informare.
La disciplina all'esame del Senato vulnera i principi fondamentali in base ai quali la libertà di informazione è garantita e la giustizia è amministrata in nome del popolo. I giornalisti esercitano una funzione, un dovere non comprimibile da atti di censura. A questo dovere non verremo meno, indipendentemente da multe, arresti e sanzioni. Ma intanto fermiamo questa legge, perché la democrazia e l'informazione in Italia non tollerano alcun bavaglio".

INTERCETTAZIONI: FRONTE COMUNE DIRETTORI MEDIA CONTRO DDL

Un fronte comune e compatto dei direttori degli organi di informazione italiani contro il ddl intercettazioni. È quello scaturito oggi con l'iniziativa promossa dalla Fnsi e che ha coinvolto i direttori di quotidiani, agenzie di stampa, televisioni, con interventi in videoconferenza dalla Sala Tobagi della Fnsi a Roma e dal Circolo della Stampa di Milano.

Nell'intervento d'apertura, il segretario della Fnsi Siddi ha sostenuto che il Ddl contiene "divieti, censure preventive, è inaccettabile. I testi proposti dal legislatore sono inaccettabili. Il Parlamento compia uno sforzo vero per trovare equilibrio che non travolga la verità dei fatti, di vita del Paese, di informazione libera". Siddi ha aggiunto "non è in discussione il diritto o il principio della privacy ma la possibilità o meno di rendere noti ai cittadini quanto di un procedimento giudiziario dev'essere noto a tutti se è già noto alle parti in causa. Negare i fatti ci porta alla favola del re nudo.

La verità dei fatti s'impone comunque, trova il modo di affermarsi". Per Siddi "la notizia non può essere considerata un reato, il giornalista non può essere punito per il solo fatto di essere testimone della verità. Il nostro Paese non dev'essere tra quelli considerati illiberali". Il segretario della Fnsi ha confermato l'intenzione di ricorrere alla Corte europea di giustizia, a Strasburgo, nel caso il provvedimento divenisse legge, "i nostri legali stanno già lavorando a questo". E la prossima settimana (forse giovedì 3 giugno) è in programma una riunione di tutte le forze sociali coinvolte nella questione. "La notizia non si può mettere in prigione, lì devono andarci i delinquenti, i malfattori. occorre tenere alta la bandiera della libera informazione", ha concluso Siddi.

Subito dopo è stata la volta di Ferruccio de Bortoli, che ha parlato di "ddl pericoloso per la democrazia e non solo per la categoria dei giornalisti. Scongiurare gli abusi della professione è giusto, ma esprimere fastidio della libera stampa deve preoccupare". Il direttore del Corsera ha parlato di "tentativo di imbrigliare la stampa che non viene solo da questo governo, già in passato ci sono stati episodi anche se non si è raggiunto un testo così pericoloso come l'attuale".

Il ddl "limita l'attività dei colleghi, colpisce l'attività investigativa e rappresenta un forte vulnus per la democrazia".

De Bortoli ha detto inoltre che questa "non è una battaglia corporativa, riguarda anche lo stato di salute della stampa del nostro Paese e anche dell'opinione pubblica, che è l'architrave dello Stato. È giusto che non si facciano sconti su questo tema, sarebbe opportuno che ci fosse la massima trasparenza. Quando gli atti sono depositati non si può chiedere al giornalista di non tenerne conto". Per de Bortoli sarebbe opportuno "trovare una soluzione concordata con gli operatori dell'informazione". Questa in corso "è una battaglia importante, decisiva, non è corporativa".

Anche il direttore de Il Tempo ha parlato di "battaglia di libertà" aggiungendo "siamo anche costretti a farla perché il nostro mestiere è vendere notizie.

Il ddl è frutto di imperizia e ignoranza ed anche di malignità". E se dal rappresentante della direzione de Il Fatto Quotidiano è venuto l'appello alla "disobbedienza civile, a una violazione di massa della legge, sotto l'egida della Fnsi e dell'Ordine nazionale dei giornalisti, di fronte a notizie certe", il direttore di Repubblica ha parlato subito di "ddl non sulle intercettazioni ma sulla libertà", ricordando che "il cittadino consapevole fa la qualità del Paese". Mauro ha aggiunto che il provvedimento in discussione introduce elementi "irrazionali e irragionevoli, cozza contro il principio della libertà di stampa" e inoltre - sulla base dei dati certi forniti dall'amministrazione della Giustizia, "il cittadino normale non deve temere nulla dalle intercettazioni".

Se c'è il problema della privacy - ha detto Mauro -, allora "si faccia un'udienza stralcio che coinvolga le parti in causa e di fronte ad un giudice terzo si definisce quali siano le cose rilevanti e che debbano essere rese pubbliche". Per il direttore di Repubblica è quindi un falso problema parlare di privacy e dire che siamo tutti intercettati, si può risolvere alla radice. In realtà "c'è il sospetto che si voglia interrompere il circuito dell'informazione e del diritto ad essere informati e il dovere di informare". Mauro ha detto inoltre "faremo di tutto per fare il nostro dovere, nessun atto di eroismo ma il dovere. Però prima bisogna fermare questa legge che cozza contro il diritto fondamentale di essere informati e di esercitare il diritto di cittadinanza".

Anche i cdr di Tg5, News Mediaset, Sport Mediaset, Studio Aperto, Videonews aderiscono alla proposta indicata dalla Fnsi di organizzare una mobilitazione permanente e diffusa nel territorio che dovrà sfociare in uno sciopero nazionale dell'intera categoria qualora non vengano apportate significative e positive modifiche ai testi in discussione in parlamento sulle intercettazioni.
A tutti va riconosciuto il diritto innegabile alla privacy, ma i provvedimenti all'esame del Parlamento pongono ostacoli alla libertà di stampa e pertanto la nostra iniziativa è a tutela di tutti i cittadini. Un'iniziativa doverosa oggi, quella della Fnsi e dei giornalisti italiani, come del resto analogamente venne fatto quando provvedimenti simili furono proposti da una diversa maggioranza politica e da un diverso ministro.

 


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