Pettorano sul Gizio, cenni storici e turistici

05 Luglio 2012   12:17  

Pettorano sul Gizio sorge su una ridente collina alle pendici del monte “la Guardiola” a 656 m. s.l.m. circondato da folti boschi e bagnato dal fiume Gizio e dal torrente Riaccio.
L’abitato conserva la caratteristica struttura medioevale con case addossate le une alle altre e con viuzze strette che si intersecano tra loro creando delle belle piazze come piazza Umberto I, che si apre a balcone sulle verdi pianure circostanti.
Le origini di Pettorano risalgono a tempi lontani, come testimoniano i ritrovamenti archeologici italici e romani lungo il Gizio.
È dominato da un imponente castello medioevale al centro del quale si erge una svettante torre costruita dai Longobardi come vedetta e ampliata più tardi con le torri laterali per necessit à difensive in seguito alle ripetute incursioni dei Normanni.
Poco distante dal castello troviamo il rinascimentale palazzo ducale, dimora dei duchi Cantelmo, di forma quadrata, con un ampio atrio al centro. Vi si accede da due grosse porte che immettono nell’atrio, e da questo si raggiunge, tramite una scalinata interna, il magnifico portale cinquecentesco in pietra, con al centro lo stemma dei Cantelmo.
A poca distanza sorge il palazzotto di stile barocco detto “castaldina” in quanto dimora dei Castaldi divenuti amministratori dei beni dei Cantelmo verso la metà del ‘600. È interessante il portale d’ingresso, in pietra, con bei capitelli, sulla cui sommità è incastonato uno splendido stemma dei Castaldi.
Accanto al palazzo ducale fu costruita una bertesca ducale, ora palazzo Orsini, come avamposto di vigilanza che nel corso degli anni è stata ampliata e con l’abolizione della feudalità passò agli Orsini: che lo ampliarono ulteriormente abbellendolo esternamente.
Da visitare il palazzo Vitto-Massei, una costruzione del ‘700 con spaziosi saloni e belle stanze arredate con eleganza, tanto che nel 1832 Ferdinando II di Borbone in visita in Abruzzo fu ospitato in questo palazzo.
Vicino al palazzo Vitto-Massei troviamo l’elegante palazzo Croce, nel quale è custodito il primo frammento dell’editto di Diocleziano scoperto in Italia nel 1933, trovato fra il materiale di risulta durante i lavori di restauro.
Da visitare sono il palazzo Gravina e il palazzo del Prete Nola, entrambi del ‘700. La chiesa più antica di Pettorano, dedicata a S. Nicola, fu eretta su un tempio pagano nel secolo XI, come testimonia una bolla di papa Lucio III del 1183.
Della vecchia struttura della chiesa di S. Antonio di Padova rimane l’atrio ed un’apertura girevole dove una volta venivano depositati ibambini da genitori ignoti. Attualmente la chiesa è molto più grande e all’interno presenta un artistico tempietto in marmo sopra l’altare maggiore.
La maggior chiesa esistente è la chiesa Madre costruita nel ‘400 sulle rovine di un’antica chiesetta del ‘200. È di stile romanico e conserva un portale in pietra scolpito a bassorilievo con segni dello zodiaco e allegoriche figurazioni di animali e piante di notevole valore artistico.
 Da vedere il santuario di S. Margherita d’Antiochia, patrona del paese, eretto verso la fine del ‘300, originariamente a tre navate ma più volte distrutto dalle calamit à naturali e più volte ricostruito e oggi meta di pellegrinaggi in onore della Santa. Altre chiese da visitare sono S. Sebastiano, S. Rocco del 1359 e la chiesa della Madonna della Libera (1680).
Pettorano sul Gizio ebbe sei porte d’accesso, ma ne rimangono solocinque in buone condizioni, attraverso le quali si può ricostruire la cinta perimetrale, che racchiudeva l’antico “pagus fabianus”: la porta delle macchie o di S. Marco, vicina al castello, su cui troneggia la statua di S. Antonio, la porta di Cencio o reale, a ricordo del trionfale ingresso di re Ferdinando II di Borbone, la porta S. Nicola, sulla cui parete sovrastante spicca un affresco, la porta del mulino, attraverso la quale si raggiungeva il mulino e la fonderia del rame, la porta delle frascare e di S. Margherita, che i taglialegna dovevano attraversare per andare in montagna, chiamata S. Margherita perché per essa si va al santuario nella valle Frevana. L’ultima è la porta Cimenilli o S. Antonio, di cui rimane ben poco.
Tra le manifestazioni più belle merita particolare rilievo la “sagra della polenta”, celebrata l’ultima domenica dell’anno. La degustazione di questo piatto tipico sta a rievocare la tradizione dei carbonai pettoranesi che si nutrivano quasi esclusivamente di polenta.


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