#Regeni: La Madre, Sul Viso DI Giulio Il Male Del Mondo. La Famiglia Chiede Chiarezza - IL VIDEO

Conferenza stampa al Senato "Torturato come nel nazifascismo"

30 Marzo 2016   09:42  

I genitori di Giulio Regeni in conferenza stampa al Senato chiedono di chiarire le circostanze che hanno portato all'uccisione del figlio, scomparso al Cairo il 25 gennaio e ritrovato senza vita il 3 febbraio scorso.

"Se il 5 aprile, giorno in cui arriveranno in Italia gli investigatori egiziani, sarà una giornata vuota, confidiamo in una risposta forte del nostro governo".

Lo ha detto Paola Regeni, la mamma di Giulio durante la conferenza stampa. 

"Attendiamo una risposta su Giulio" e ha rilevato di sperare "di non dovere arrivare a mostrare" l'immagine del corpo del giovane ricercatore dopo le torture subite al Cairo. 

Il 5 aprile è previsto un incontro tra la polizia italiana e quella egiziana impegnate sul caso legato alla morte di Regeni: quel giorno sarà trasmessa tutta la documentazione richiesta più volte dall'Italia e anche quella successivamente raccolta in Egitto dopo tale richiesta. E' quanto ha garantito il procuratore generale della Repubblica araba d'Egitto, Ahmed Nabil Sadek, nella telefonata avuta ieri con il capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone. 

"Forse è dal nazifascismo - ha ricordato la mamma Paola - che in Italia non ci trovavamo di fronte ad un caso di tortura come quella che ha subito Giulio".

La differenza è che "mio figlio non andava in guerra mentre i partigiani, per i quali ho il massimo rispetto, erano in guerra, lui era li' solo per fare ricerca ed e' stato torturato e ucciso". 

"Non vi dico che cosa gli hanno fatto, in quel viso ho visto tutto il male del mondo. Quando sono entrata nella sala dell'obitorio, qui a Roma - ha raccontato - ho detto 'è lui, è Giulio' perché l'ho riconosciuto dalla punta del naso. Per tutto il resto non era più lui". 

"Quello di Giulio è un caso isolato rispetto alla nostra storia ma non puo' certo dirsi un caso isolato rispetto a quello che è successo a tanti altri egiziani".

Lo ha sottolineato al Senato Paola Regeni.

Non una lacrima, ma tanto dolore. Un "dolore necessario", da affrontare "tutti insieme". Paola Regeni ha lo sguardo fiero, una sciarpa gialla dello stesso colore dello striscione con cui chiede verità e giustizia, la forza di una madre che combatterà fino all'ultimo per avere quell'unica risposta che conta: perché Giulio è stato ridotto in quel modo.

Accanto al marito Claudio, nella sala del Senato dedicata ai morti di Nassiriya, Paola affronta decine di giornalisti con la consapevolezza di chi sa che la morte del ricercatore è un fatto enorme che non ha cambiato soltanto la vita della sua famiglia.

Per un attimo, prima di affrontare i media, i genitori di Giulio hanno pensato ad un gesto estremo per smuovere le acque, diffondere la foto di Giulio all'obitorio della Sapienza. Come fece già Patrizia Aldrovandi, come continua a fare Ilaria Cucchi.

Poi alla fine ci hanno ripensato, anche se non è escluso che più avanti possano cambiare idea, soprattutto se dall'Egitto continueranno ad arrivare depistaggi.

"Crediamo che le parole della madre siano più forti" ha detto il loro avvocato, Alessandra Ballerini. E allora eccole, quelle parole.

"L'ultima foto che abbiamo di Giulio è del 15 gennaio, il giorno del suo compleanno - dice Paola - , quella in cui lui ha il maglione verde e la camicia rossa. Non si vede, ma davanti a lui c'è un piatto di pesce e intorno gli amici, perché Giulio amava divertirsi. Il suo era un viso sorridente, con uno sguardo aperto. E' un'immagine felice".

Poi ce un'altra immagine. Quella che "con dolore io e Claudio cerchiamo di sovrapporre a quella in cui era felice", quella all'obitorio.

La madre di Giulio non piange. Non ci riesce. "Io che piango sentendo le canzoni romantiche, i funerali e pure per i disegni dei bambini, finora ho pianto pochissimo. Per Giulio non riesco a piangere, ho un blocco totale e forse riuscirò a sbloccarmi solo quando riuscirò a capire cosa è successo a Giulio".

Le chiedono quale sia la cosa che le fa più male.

"Pensare a quando lui avrà cercato in tutti i modi di far capire chi era, parlando in arabo, in inglese, in italiano, in spagnolo, in tedesco, magari anche nel dialetto del Cairo, e niente e successo. Poi mi capita di vedere i suoi occhi, quei suoi occhi felici, che dicono 'ma cosa sta succedendo, non può accadere a me'. E ancora, lo immagino quando, alla fine, capisce che quella porta non si aprirà più, perché lui aveva tutte le chiavi cognitive, linguistiche, e storiche per capire cosa stava accadendo".

In questi due mesi, dice ancora Paola, ci sono stati "momenti di rabbia", ma soprattutto "di gran dispiacere": per non avere più Giulio. Che è una cosa che "ha cambiato la vita a noi, ma anche a sua sorella. E a Fiumicello. E a molti altri. Una cosa così - conclude cercando gli sguardi di tutta la sala - cambia la vita a tutti, sapete?".


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