Sotto i portici: le novità

Dopo l'apocalisse

17 Giugno 2009   14:10  

Racconto agli amici, come in una chiacchierata sotto i portici, che ero fra il pubblico del concerto che il 13 giugno 2009 il Maestro Claudio Abbado e l'orchestra Mozart hanno offerto al pubblico abruzzese all'Auditorium della Guardia di Finanza per una raccolta di fondi a favore della costruzione di una Casa della Musica, dove il Conservatorio Casella e tutte le istituzioni musicali aquilane possano avere una sede adatta. E così dal pullman ho visto l'interno degli spazi recintati della Scuola della Guardia di Finanza. Oggi ci sono non solo le solite palazzine ordinate in fila, intorno al grande spazio centrale da cui si accede all'auditorium, ma anche delle palazzine nuove, di cemento a chiare tinte pastello e vetri, dall'aspetto tutto sommato confortevole, un po' civettuolo, e totalmente estranee come stile al resto del complesso.

Ignoro la destinazione di quelle palazzine, sono una novità, come è una novità l'ampliamento dell' aeroporto di Preturo e della strada che collega l'aeroporto alla Scuola della Guardia di Finanza, lavori fatti in tempi rapidissimi con tecnologie avveniristiche in vista del G8 di luglio. Doni utilissimi, indubbiamente regali di prestigio, di grande importanza per la sventurata città che sarà il centro del mondo per pochissimi giorni.

Da segnalare che sono anche iniziati i lavori di costruzione delle case per ospitare i senza tetto, possibilmente entro la fine dell'estate e prima che arrivi il freddo dell'inverno.

Contemporaneamente alla costruzione delle palazzine ed ai lavori per il G8, è stata organizzata una manifestazione a Roma, da tenersi davanti a Montecitorio, durante la discussione per l'approvazione del decreto che regolerà la ricostruzione, manifestazione a sostegno delle richieste dei politici locali che ritengono che l'erogazione dei fondi previsti per la ricostruzione del centro storico de L'Aquila e dei centri del cratere del sisma sia insufficiente. “Non si può rifare un centro storico con il Gratta e Vinci”, diceva il sindaco Massimo Cialente durante una recente manifestazione. Richiedeva una tassa di scopo a tempo determinato che garantisca delle entrate certe su cui programmare anno dopo anno la ricostruzione. Chiedeva anche l'istituzione di una zona franca che favorisca la ripresa delle attività delle imprese aquilane ed abruzzesi in tempi brevi. Ambedue le proposte finora sono state respinte.

Ricordo l'alluvione del Polesine e l'addizionale di una imposta per la ricostruzione e la rinascita di quelle terre, che ho pagato fino a tempi recenti, e così tante altre. Perchè ciò che è stato fatto per gli altri non può essere fatto per noi? E la zona franca, perchè no?

Doni sontuosi e chiusure ingiustificate alle giuste richieste della popolazione e dei suoi rappresentanti eletti suscitano una qualche giusta preoccupazione.

Mi viene spontaneo un ricordo di scuola, ricordo quel tale che di fronte al cavallo di Troia, dono dei greci alla città che assediavano inutilmente da anni, inascoltato diceva: Timeo Danaos dona ferentes, temo i greci anche quando portano doni. Non siamo alla guerra di Troia, il contesto è diverso, ma doni enormi, e rifiuti altrettanto grandi ed ingiustificati a giuste richieste suscitano preoccupazione per il futuro.

L'Abruzzo aquilano tradizionale ed arcaico ma aperto al mondo contemporaneo con tante istituzioni culturali e piccole e medie imprese che producevano ricchezza e benessere diffuso, finora era estraneo alla cultura oggi dominante del grande capitale asso pigliatutto. Il benessere della classe medio alta aquilana era di misura modesta e moderata, rispetto ai giganti oggi dominanti. Assente, o di limitate proporzioni l'esibizione cafonal della ricchezza acquisita di recente.

Ora che le nostre proprietà non esistono più, chi saranno i futuri proprietari del nostro centro storico, se sono negati agli aquilani veri i mezzi per rifarlo? Quali avide mani di squali e sciacalli faranno e gestiranno una Pompei di montagna per turisti in cerca di emozioni facili, una specie di Disneyland dove pochi proprietari estranei alla natura dei luoghi ed alla cultura locale organizzeranno un divertimentificio di massa, in quello che era un centro storico vivo e pulsante di attività vere, genuine e legate alla cultura del luogo? Perchè la nostra cultura deve sparire o diventare oggetto da museo, travolta da culture economicamente più forti ed attualmente vincenti?

La gente della mia età non avrà il tempo di vivere la nuova realtà, ma sarebbe opportuno che i nostri figli si ponessero questa domanda e trovassero una qualche risposta adeguata e coerente, in nome della difesa della propria cultura, seriamente minacciata nel dopo terremoto.

Questa volta mi auguro veramente di essere dalla parte del torto.

Emanuela Medoro

emedoro@yahoo.it


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