Terremoto e ricostruzione in Abruzzo: così si uccide una regione

L' Inchiesta di Carlo Cipiciani

15 Dicembre 2009   12:13  

Pubblichiamo dal sito ''www.giornalettismo.com'' l'articolo di Carlo Cipiciani.

Dopo la consegna delle prime casette prefabbricate, sul sisma è scesa una cappa di silenzio, squarciata solo dalla recente conferenza stampa di Bertolaso che ammette “qualche ritardo”. Siamo andati a vedere che succede

Sembrano lontani i tempi in cui non c’era giorno che i media non riportavano il grande miracolo della ricostruzione in 100 giorni. Anche il G8, con i grandi della terra a commuoversi in mezzo alle macerie e Berlusconi a fare il gran ciambellano, è uno sbiadito ricordo. Da terremoto_abruzzo1quando il Presidente del Consiglio ha consegnato “chiavi in mano” le prime C.A.S.E. (che poi erano Moduli abitativi in legno donati dalla Provincia di Trento, ma questo è un dettaglio) dall’Abruzzo arrivano solo voci ovattate e lontane. Cosa c’è dietro questo silenzio?

IN GIRO PER L’AQUILA – Girando per L’Aquila si vedono tante facce. Tutte diverse, ma con una caratteristica comune: occhi spenti, stanchi e rassegnati. Anche nei ragazzi di trent’anni. Ormai fa freddo, ogni tanto ci sono fiocchi di neve trasportati dal vento. Le tende non si vedono in giro. Le C.A.S.E. arrivano con il contagocce, ma arrivano. Hanno riaperto le scuole, anzi i MUSP, Moduli ad Uso Scolastico provvisori. C’è pure qualche scuola “vera”, come la Media Teofilo Patini, zona di Pettino, proprio sulla faglia, circondata dal silenzio delle case disabitate. È stata recuperata ed è stata dipinta di un colore squillante. Ma chi va in questi MUSP, o nelle scuole rimaste in piedi, deve spesso fare una “gita” di decine di chilometri, se è tra i tanti – molti – che vive ancora negli alberghi sulla costa. Ma basta essere sistemato in paesi limitrofi: d’inverno anche 20 km diventano proibitivi, specie quando si tratta di bambini o studenti. Se si entra nel Centro storico, si può andare solo in Piazza Duomo, che è ancora in parte transennata. Ma più in là, sui cumuli di macerie lasciati dalla maledetta notte di 8 mesi fa in cui L’Aquila sprofondò, sta nascendo l’erba. E in tutto il centro storico hanno riaperto un bar, una cantina ed un ottico.

MA A L’AQUILA NON SUCCEDE NULLA? – Il freddo acuisce il silenzio. Solo il vento urla a L’Aquila. Eppure, nel silenzio assordante, qualcuno sta provando a far sentire la voce de L’Aquila ferita. Si è mossa la rete, a partire dal blog di miskappa. Tempo fa alcuni hanno scritto anche al presidente Napolitano: “la verità è che restiamo senza case”. Ma se è così perché le istituzioni locali non parlano? Il 9 dicembre Massimo Cialente, sindaco de L’Aquila ha tenuto il Consiglio comunale in Piazza palazzo, in piena zona rossa, di fronte al palazzo della sede inagibile del Comune, per “mostrare all’Italia e al mondo qual è la vera condizione dell’Aquila”. Peccato che i media ufficiali sono distratti da altro, o se parlano di L’Aquila raccontano una relatà “virtuale”. Tvblog.it ci mostra quello che è accaduto quel giorno, ma la stragrande maggioranza degli italiani si ciba solo dell’informazione ufficiale, quella di Minzolini & C. Come ha scritto un aquilano nauseato da un servizio del Tg5: “Io mi metto nei panni di un ragazzo di Palermo o di una casalinga di Trieste. Cosa penseranno dopo aver visto questo video? Forse penseranno che a L’Aquila è tutto a posto. Tutti hanno una casa, tutti hanno un lavoro ed il centro è stato riaperto.” Per capire come stanno davvero le cose guardiamo i dati ufficiali: quelli della Protezione civile, quindi del governo.

I DATI DELLA PROTEZIONE CIVILE – Secondo i dati riepilogativi della Protezione civile, i cittadini Aquilani residenti nelle zone con case non abitabili sono 32.433. Il piano della Protezione civile prevede di sistemarne 22.598 nelle C.A.S.E. o nei Map, 1.105 in affitto, 8.532 in “autonoma sistemazione”. Al 10 dicembre 2009, secondo la protezione civile nelle C. A.S.E. risiedono al momento solo 7.922 persone, mentre nei nei Map sono 882. Sempre secondo la protezione civile, la popolazione assistita, quella cioè che continua a risiedere in alberghi o case private è di 19.587 persone: 10.739 in alberghi, 7.298 in case private, 1.550 in caserma. C’è un piccolo mistero in questi dati: se si sommano le persone assistite o quelle in sistemazione provvisoria, sia arriva a 28.391 persone. Ma se i cittadini Aquilani con la casa distrutta sono 32.433, dove stanno gli altri 4 mila? Spariti? Non è che, come ci ha raccontato un sacerdote che è stato a L’Aquila Terremoto_abruzzo2per 3 mesi, c’ é ancora tanta gente che sta in tenda, anche se ufficialmente tutti i centri sono stati chiusi? Gente che forse non aveva diritto per l’accesso alle abitazioni temporanee (perché anche quelle non sono per tutti) e non ha voluto o potuto accettare di essere sbattuta sugli alberghi delle coste, magari a 70-90 km o più da casa?

IL MEZZO FALLIMENTO DELL’EMERGENZA – Tralasciando questo non piccolo particolare, i dati della Protezione civile dicono anche altro. Dicono che la fase dell’emergenza non è quel grande successo che è stato descritto dai media “ufficiali”. Anche ammettendo che (quasi) nessuno stia più nelle tende, molti – dati alla mano – continuano a non avere neppure la casa “provvisoria”. Sono quelle 19.587 persone che vivono in albergo o in caserma. D’altronde è stato proprio Guido Bertolaso ad ammettere che ci sono ritardi, sia per i senza tetto del Comune de L’Aquila che per quelli limitrofi. La scelta di passare immediatamente alle casette prefabbricate o in legno, si chiamino C.A.S.E. o Map, saltando la fase container aveva un grave inconveniente, come Giornalettismo ha denunciato solo pochi giorni dopo il sisma: se non si fa in tempo – come sta effettivamente accadendo – poi si deve far alloggiare la gente in posti molto più costosi ad esempio, la sistemazione in albergo. Un costo economico per il contribuente italiano (questa è la più costosa emergenza che si ricordi da quando esiste la protezione civile), sia per le famiglie senza casa, costrette ad un pendolarismo lungo ed assurdo e ad uno sradicamento sociale grave e che può avere conseguenze anche di lungo periodo.

L’INESISTENZA DELLA RICOSTRUZIONE – La scelta di moduli provvisori meno “d’effetto” e più concreti, come i container, utilizzati in ricostruzioni di successo come quella del Friuli prima e dell’Umbria poi, forse sarebbe stata migliore: per il contribuente italiano e per le famiglie terremoto_abruzzo3abruzzesi. Ma c’è un’altra cosa che ci mostrano i dati, ed è confermata dall’erbetta che cresce sulle macerie de L’Aquila: la ricostruzione, è una perfetta sconosciuta. Non è neppure iniziata: sempre prendendo i dati forniti dalla Protezione Civile, sono state fatte 78.289 verifiche di agibilità dall’8 aprile al 3 novembre 2009. 75.949 per edifici privati, di cui il 48,6% è agibile in zona “A” (danni lievisismi) , il 14,2% è classificato nelle zone “B” o “C” (danni medi), mentre il 25,1% è di tipo “E”, cioè è quello assolutamente non agibile. Al 3 novembre 2009, sono state accettate dal Comune dell’Aquila appena 1.400 domande di contributo per riparazioni per immobili di tipo A, per una spesa prevista di 11,2 milioni di euro, 3.900 domande per edifici di tipo B, 528 per edifici di tipo C e di solo 8 domande per edifici di tipo E, quelli totalmente inagibili. Quindi, dopo 8 mesi dal terremoto, la ricostruzione non è neppure iniziata.

POVERO ABRUZZO – Molte della ragioni per cui sta avvenendo questo fenomeno le abbiamo già spiegate mesi fa, commentando quello che abbiamo chiamato il decreto abracadabra. Che ora trovano conferma, anche da sito della protezione civile. Vediamo un’interessante spunto sull’effettiva possibilità di rivedere quei cumuli di macerie coperti dall’erbetta tornare ad essere case. Prendiamo questa domanda, tra le cosiddette FAQ sulla ricostruzione.

Sono proprietario di un immobile in un edificio inagibile con esito “E”. Come posso tutelarmi nel caso in
cui uno dei comproprietari si rifiuti di svolgere i lavori, mettendo in pericolo anche gli altri condomini?

Se il ripristino dell’agibilità di un edificio dipende da interventi riguardanti singole unità immobiliari, e
se il mancato intervento comporta un pericolo per l’incolumità pubblica e privata, l’amministratore –
o il comproprietario o il sindaco – deve invitare il proprietario/condomino a provvedere. Nel caso in
cui quest’ultimo si rifiuti di eseguire i lavori, il sindaco può agire in sua sostituzione facendosi carico
delle spese sostenute.

Se non fosse chiaro: quando un palazzo è andato distrutto, e – come capita spesso in questi casi – uno dei condomini non ha i soldi per rimettere in piedi il suo appartamento o comunque non intende farlo (perché quella era la sua seconda o terza casa e quindi il contributo dello Stato non sarà integrale ma coprirà al massimo l’80% delle spese), ad esso può eventualmente sostituirsi il sindaco de L’Aquila, terremoto_abruzzo4mettendoci soldi suoi. La domanda è: ma quali soldi, santiiddio?

LA TRISTE E SCOMODA VERITA’ – Il terremoto d’Abruzzo per qualcuno non è stato una tragedia, ma un gran bello show. Adesso che non serve più, che per i media è un emergenza risolta, viene il momento della verità. Una verità che era sotto gli occhi di tutti sin dalla presentazione del Decreto abracadabra, e che tutti hanno voluto far finta di non vedere. E che si continua a nascondere: la ricostruzione della città distrutta il 6 aprile non ci sarà. Perché è stata “fatta” con il Progetto C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili). Un acronimo che già tradiva le vere intenzioni del governo: fu proprio Berlusconi, poche ore dopo il sisma, a parlare di new town. New town né provvisorie né definitive, ma “durevoli”, concepite poche ore dopo il terremoto, quando nessuno sapeva l’entità del danno. Ed ecco che nell’immaginario collettivo degli italiani i C.A.S.E. diventano quasi subito le case. E, come è scritto qui, “Anche se non piacerà vivere nelle new town, la gente ci resterà. Prima o poi gli verrà proposto un baratto. Ti prendi questa casa e rinunci a quella di prima. (…) Nel frattempo, il centro storico resterà abbandonato. Nemmeno puntellato. Gli edifici saranno sottoposti ad una specie di selezione naturale, anche oltre la scossa demolitrice. Sopravvivranno i migliori. (…) L’Aquila bella si ripopolerà per enclaves determinate dagli interventi di chi potrà e dalle logiche speculative”. E intanto sull”Abruzzo soffia un vento gelido. Su L’Aquila cade la neve. Povero Abruzzo, povera L’Aquila.

fonte: www.giornalettismo.com


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