Al Vittoriano la luce di Marcello Mariani

23 Marzo 2011   16:52  

A distanza di due anni dall’ultima personale romana, tenutasi a Palazzo Venezia, Marcello Mariani, maestro aquilano, recentemente invitato da Vittorio Sgarbi presso il "Padiglione Italia" della Biennale di Venezia 2011, incontrerà nuovamente il pubblico romano con un’opera imponente: Angelo d'ombra (cm 200 X 200 cm, 2006, collage e tecnica mista su tela antica).
Nell’ambito delle manifestazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, il maestro rappresenterà la pittura neoinformale italiana nella autorevole mostra "Arte e Regioni" (Complesso Monumentale del Vittoriano).

Sono uno sciamano”, dice di sé Mariani, che continua, nonostante i disagi vissuti a seguito del terremoto, a tradurre l’enigma della vita nello splendore e nel mistero della sua pittura.  

Con Mariani al Vittoriano 76 capolavori scelti per definire compiutamente l'eccellenza dell'esperienza artistica italiana post unitaria: di Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Alberto Burri, Leoncillo Leonardi, Emilio Vedova, Afro Basaldella, Osvaldo Licini, Giorgio Morandi, Mimmo Rotella, Giovanni Fattori, Gerardo Dottori. La manifestazione romana, è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Unità Tecnica di Missione e dal Comitato dei Garanti per le Celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia, presieduto da Giuliano Amato, con la partecipazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Ministro per i rapporti con le Regioni e Coesione Territoriale e Ministro del Turismo.

La mostra, che raccoglierà il meglio della produzione artistica dal 1861 ad oggi, si preannuncia come l'evento più importante di queste celebrazioni, si avvale della consulenza storica del prof. Lucio Villari e della cura del prof. Louis Godart, consigliere per la conservazione del Patrimonio Artistico della Presidenza della Repubblica Italiana. Ogni regione esibirà quattro capolavori, Marcello Mariani rappresenterà il meglio dell'arte abruzzese, in aperto dialogo con le maggiori correnti dell'arte moderna e contemporanea, al fianco di Teofilo Patini, Francesco Paolo Michetti e Tommaso Cascella.

 


Note a cura di Carlo Di Stanislao

Mircea Eliade, ne Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi, Edizioni Mediterranee 1974, ci ricorda che lo sciamano può operare in vari modi e che molti di essi sono artistici, musicali o grafici. Joan Halifax, ne Lo sciamano. Il maestro dell'estasi, Red Edizioni, Como 1990, ci dice inoltre che quello sciamanico è un processo, spesso drammatico, di smembramento e dissolvimento del vecchio sé; è il passo indispensabile per poter rinascere come soggetto nuovo, rinnovato e rigenerato attraverso il contatto intimo e l'unione con la realtà spirituale. Per Halifax, lo sciamano è il "guaritore ferito" - the wounded healer, come dice il titolo dell'originale inglese - colui che, portando ancora le ferite della propria malattia, può identificarsi con quella degli altri e, in questo modo, aiutarli a combatterla e superarla. E' colui che, attraverso l'esperienza di iniziazione, ha ottenuto l'accesso al mondo degli spiriti ed è divenuto partecipe del loro potere, che ora può canalizzare e far fluire nel mondo degli uomini.

Quindi ha ragione il nostro Marcello Mariani quando si definisce uno sciamano, in primo luogo perché ricerca il nuovo, in secondo luogo perché fa della sua arte un mezzo salvifico per se e per gli altri. In attesa di presentare le sue opere al l "Padiglione Italia" della Biennale di Venezia, il Maestro aquilano espone a Roma, nella autorevole mostra "Arte e Regioni" (Complesso Monumentale del Vittoriano), con un'opera di rara forza ispirativa e catartica, intitolata "Angelo d'ombra", di ampie dimensioni (cm 200 X 200 cm), realizzata nel 2006 e consistente in un collage e tecnica mista su tela antica.

Come le cose più belle di Mariani, anche in quest'opera è gremita di campiture di colore appoggiate come panni stesi su ulteriori campiture, che vanno a costituire tanti piani di colore su cui appaiono ombre ipotetiche e forme baluginanti, in un fervore e un impegno espressivo che negli anni sono cresciuti sempre più evidenti e sempre più diretti ed essenziali. Sicchè, guardandola, si ricorda che il Maestro Berengo Gardin, dedicando a Mariani un suo superbo libro fotografico, volle intitolarlo "Percorsi di luce", intuendo che nello pera complessiva del pittore, vi è un tragitto che porta nel cuore della materia, qualunque sia il contenuto esplicito, qualunque sia la destinazione immediata, secondo un percorso compiuto sul filo della luce, che, persino in uno stesso quadro, può assumere valenze diverse, perché depositato su un tipo diverso di materia.

Così "l'ombra de l'Angelo" ne esalta la luce, creando un contrasto che gioca ad individuare, secondo un rimando di specchi, in chi osserva, un riferimento alla sua anima, fatta di luci e ombre: chiaroscuri che disegnano l'angelo che ciascuno custodisce dentro e che ci salva, nei momenti più disperati. Il quadro, come la più parte dei suoi, ma con maggiore autorevolezza e maturità, che altrove, disvela un percorso di lucenti cromatismi minerali, che emergono dalla materia con violenza diretta, con risolutezza di segno, con orditi e trame che generano un gioco di cuci e scuci, per poi strappare le imbastiture, secondo scelte assolutamente irrevocabili. E, ancora una volta, il luogo, lo sfondo su cui imbastire storia è racconto, è un vecchio muro aquilano: luogo di dense memorie stratificate e sedimentate, luogo in cui, dinamicamente, ogni traccia e presente e mescolata alle altre, assorbita e trasformata dalla storia degli eventi umani e materiali.

"L'Angelo d'ombra" è stato concepito come un'opera del 1400: mallo di noce, sambuco e terra, tuorlo d'uovo per generare colori, assemblando pezzi di intonaco, macerie e rottami perchè dal dolore, può nascere una nuova sensibilità ed una nuova, più vivida luce.


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