Centinaia di fedeli hanno partecipato ieri nel capoluogo alla messa e ala processione in onore di San Massimo, patrono della città dell’Aquila. Ad officiare il rito nella chiesa di Santa Maria del suffragio è stato l’arcivescovo Giuseppe Molinari, alla presenza del nunzio apostolico della Santa Sede nel Paraguay, monsignor Orlando Antonini e delle autorità civili. Una celebrazione raccolta ma vissuta da tutti con intensità e partecipazione, perchè una festa patronale è comunque un momento di identità collettiva. Eroismo nella fede, coerenza ai valori in cui si crede: è anche questo il messaggio che si può trarre dall'esperienza di vita di San Massimo.
Nato nel 228 dopo cristo ad Aveia, la vicina Fossa, da giovanissimo aspirò al sacerdozio e professò pubblicamente la sua fede cristiana, in un epoca in cui essa non era certo esteriorità e conformismo, bensì uno scandalo e un atto di sovversione nei confronti dell'ordine costituito. Massimo fu infatti imprigionato pochi anni dopo durante la persecuzione dell'imperatore Decio.
Lungamente sottoposto a terribili torture, Massimo non rinnegò mai la sua fede in Gesù in per aderire alla religione di stato che Decio era determinato ad imporre con tutti i mezzi ai sudditi del suo vasto e sempre più fragile impero. Il preside della città per dissuaderlo arrivò anche a promettergli sua figlia Cesaria come sposa, ma inutilmente. Così Massimo fu gettato da una rupe del monte Circolo, anfiteatro di pietra che si affaccia sulla natia Fossa.
FT