Antiterrorismo, operazione contro cellula Hezbollah turca. Perquisizioni anche all'Aquila

21 Febbraio 2012   11:00  

La polizia di Terni, coordinata dal Servizio centrale antiterrorismo dell'Ucigos, ha eseguito vari arresti, di cui uno all'Aquila, nei confronti di appartenenti ad una struttura criminale riconducibile all'organizzazione terroristica turca Hezbollah dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

L'indagine ha avuto inizio con l'arresto in Lombardia di un cittadino turco destinatario di mandato di cattura internazionale per terrorismo, che ha portato alla luce l'esistenza e l'operatività, in Italia, di una struttura clandestina di Hezbollah turchi.

Questi facevano giungere in Italia clandestini curdi e palestinesi con falsa documentazione relativa ad inesistenti vicende umane per poter richiedere asilo politico ed ottenere il permesso di soggiorno. In manette sarebbero finiti 9 esponenti dell'organizzazione, la polizia ha compiuto una quarantina di perquisizioni. Facevano entrare immigrati clandestini in Italia fornendo loro, dietro pagamento, un pacchetto "all inclusive" che gli garantiva viaggio, alloggio e un lavoro. Tutto questo dopo averli istruiti sulle dichiarazioni da fare alle autorità italiane, con storie false di torture in realtà mai avvenute nei paesi di origine per ottenere l'asilo politico.

La base dell'organizzazione era a Terni ma perquisizioni sono state eseguite anche a Como e a Trieste. Almeno 30 gli immigrati che sono riusciti ad entrare in Italia grazie all'attività di questa organizzazione, secondo quanto accertato dalla polizia nel corso di un anno e mezzo.

L'Hezbollah turco, di credo islamico sunnita, non ha alcun legame con l'omonima formazione libanese e nasce nei primi anni ottanta con l'obiettivo di creare uno "stato islamico retto dalla sharìa sul territorio della Repubblica turca".

CELLULA HEZBOLLAH FINANZIAVA ORGANIZZAZIONE AD ANKARA 

Quella smantellata dalla digos di Terni era un'associazione a delinquere con ramificazioni nazionali e internazionali, composta da cittadini turchi operanti nel settore della ristorazione (kebab), riconducibili alla "Hezbullah Turca" che faceva arrivare clandestini e li sfruttava nella catena di lavorazione e vendita di kebab per finanziare l'organizzazione terroristica ad Ankara. 

L'intera filiera del kebab - precisano fonti investigative - dalla lavorazione delle carni, alla distribuzione all'ingrosso, sino alla vendita al minuto, si e' palesata funzionale alla raccolta di denaro, una sorta di salvadanaio, periodicamente svuotato dai vertici dell'organizzazione, diretto alla Turchia per sostenere la causa curda. L'operazione, tuttora in corso in sette regioni d'Italia e che vede impegnate le digos di Terni, Roma, L'Aquila, Modena, Milano, Trieste, Como, Venezia, Latina e Viterbo, ha condotto all'arresto ed alla conseguente traduzione in carcere di sei cittadini turchi, i vertici dell'organizzazione per delinquere, A.S. di 37 anni, U.F. di 43 anni, E.V. di 38 anni, A.M. di 31 anni; A.I. di 32 anni, K.M. di 53 anni, e di una donna italiana B.S. di 46 anni, responsabile di avere consentito fraudolentemente e per fini di lucro il rilascio a cittadini stranieri di abilitazioni per la conduzione di esercizi pubblici.

Due cittadine di origine ucraina, K.M. di 30 anni 30 e O.L. di 31, responsabili di concorso in reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sono state condotte agli arresti domiciliari nelle loro abitazioni di Terni e Milano. I 30 denunciati sono responsabili a vario titolo di reati che vanno dall'associazione per delinquere, al favoreggiamento dell'immigrazione, al falso documentale. Tra di essi anche un avvocato del foro di Terni.

Eseguite, in tutto il Centro-Nord Italia, circa 50 perquisizioni domiciliari, nei confronti di cittadini turchi e presso le sedi delle principali associazioni curde, finalizzate al rinvenimento di cose o documenti utili a supportare le tesi investigative. 

Secondo quanto emerso dalle indagini, i vertici dell'associazione gestivano in diverse regioni esercizi di vendita di kebab e avevano regolarizzato la loro posizione in Italia, avendo ottenuto in modo fraudolento il riconoscimento di rifugiati politici. Proprio attraverso la prospettiva della regolarizzazione, mediante l'abuso dello strumento dell'asilo politico, l'organizzazione induceva e favoriva l'ingresso in Italia di numerosi connazionali (piu' di 50 i casi gia' emersi) attraverso diversi sistemi.

I turchi giunti irregolarmente in Italia, alcuni dei quali destinati ad altri paesi europei, ottenevano fiancheggiamento da parte dell'organizzazione (vitto, alloggio, occupazione) che li avviava alla procedura per il riconoscimento dell'asilo, attraverso la predisposizione delle dichiarazioni "fotocopia" ideologicamente false, accompagnate da documentazione contraffatta. Il piu' delle volte e' stato accertato che i cittadini turchi dichiaravano falsamente l'appartenenza a partiti politici organici all'organizzazione terroristica turca Pkk, per ottenere piu' facilmente il riconoscimento, che ha consentito a tali cittadini curdi, non solo la possibilita' di ottenere il permesso di soggiorno, ma anche di sottrarsi al rischio di estradizione in altri paesi ove risultavano destinatari di pene definitive da scontare per gravi reati, anche di natura eversiva.


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