Assunzioni in Regione, Sindacati unitari: "Sul reclutamento troppe ambiguità"

30 Marzo 2017   13:02  

Da mesi le organizzazioni sindacali sollecitano la Regione ad attivare procedure di reclutamento di personale a tempo determinato, a fronte dei tanti precari che lavorano, alcuni da oltre un decennio, con contratti precari ( co.co.co. e non solo), impegnati da anni in attività spesso nevralgiche nella Amministrazione regionale.

Tutto bene dunque con l'emanazione dei bandi, più volte annunciati, per il reclutamento di 36 persone per un contratto a tempo determinato, cioè per un anno?
Decisamente No, non ci siamo.

La Regione ha utilizzato infatti, nelle stesura dei bandi, indicatori che penalizzano le professionalità e le competenze maturate dai collaboratori, quando invece si tratta di professionalità elevate, non solo per i titoli di studio posseduti ma soprattutto per le competenze maturate in anni di lavoro nella pubblica amministrazione.

Tanto è vero che la stessa Regione riconosce di non averne di analoghe né tra il personale dipendente della Regione né tra quello recentemente transitato dalle Province.

La struttura dei bandi “premia” i titoli di studio ma dimentica che molti hanno anche più di una laurea, a cui non si attribuisce alcun punteggio aggiuntivo, poi definisce punteggi per master e dottorati, giustamente, dimenticando però i post-doc, che pure sono incentivati nella programmazione regionale. I titoli di studio, inoltre, andrebbero premiati se coerenti con il profilo professionale di cui si necessita per le attività.

Occorre ancora precisare che la maggior parte di loro ha già superato brillantemente uno o più concorsi pubblici, requisito di accesso fondamentale nella pubblica amministrazione che nei bandi non viene citato né premiato.

Ma nella valutazione dei servizi già prestati si tocca il punto di maggiore caduta.
Intanto rendendo uguale il lavoro svolto nel pubblico o nel privato, come se essere un bravo ingegnere, tanto per fare un esempio, permetta automaticamente di saper predisporre una delibera, competenza che solo nella amministrazione si acquisisce.

Sul tempo di lavoro dedicato alla pubblica amministrazione si registra una profonda lesione in quanto si valutano i servizi prestati considerando solo 2 su 4 anni. Numero inventato in Abruzzo che sembra ignorare la direzione che il Governo intende intraprendere con la prossima emanazione della cd. Legge Madia. Infatti la norma, ampiamente anticipata sulla stampa in questi mesi, dovrebbe prevedere 3 anni di lavoro nella pubblica amministrazione negli ultimi dieci.

Ma l'ambiguità non finisce qui. Se si tratta di stabilizzazione infatti occorrerebbe una valutazione completa dei servizi e questo non permetterebbe l' apertura ai privati, se si tratta di concorso invece occorrerebbe riservare il 50% dei posti al personale interno.

Allarmante e preoccupante quindi la scelta della Regione, che rischia ricorsi ed impugnazioni, scelta compiuta senza nessun confronto, pur richiesto, con le organizzazioni sindacali.

Resta solo una domanda, cui prodest? 


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