Birmania, oltre la repressione

Perdonanza celestiniana

26 Agosto 2008   18:13  

Nel servizio la mostra "Birmania, oltre la repressione" a L'Aquila fino a 29 agosto presso il Palazzetto dei Nobili organizzata dall'associazione Events for rights nel contesto della Perdonanza celestiniana. Al microfono di Abruzzo24ore.tv Giulia Menegotto, di Events for rights, e Carlo Mangolini, del comitato organizzatore della Perdonanza. Le foto sono di Marco Buemi.

"Chi visita la Birmania spesso non può rendersi conto di quanto sia difficile la nostra vita quotidiana. In superficie c' è un' apparenza serena ma chi ha qualche familiarità con gli Stati governati da dittature, sa vedere dietro l' apparenza".
Nelle parole di Aung San Suu Kyi, premio Nobel e leader dell'opposizione interna al regime birmano, si può trovare una delle chiavi di lettura della mostra fotografica, non la sola, ovviamente, essendo le vie dell'ermeneutica molto più infinite ( e interessanti) di quelle del Signore. Una lettura che impone di polarizzare le serene immagini di vita quotidiana di un popolo umile, semplice, e profondamente spirituale, con la drammatica situazione politica e sociale che vive il paese del sud est asiatico.

Nel maggio scorso, infatti, la Birmania è stata devastata dal terribile ciclone Nargis, la più grave crisi umanitaria dallo tsunami del 2004, con le sue 150mila le vittime e milioni di sfollati.
Il regime autarchico del generale Than Swe, cosa ancora più grave, ha di fatto boicottato gli aiuti internazionali, ha impedito l’ingresso degli osservatori, si è impadronito degli aiuti dell' Onu e ha bloccato nei porti della Thailandia le navi cariche di razioni di cibo. I gerontocrati birmani, che vivono arroccati in palazzi fatti costruire in gran segreto in una foresta, hanno paura di aprire le porte della Birmania al mondo. Negli stessi giorni della tragedia, per di più, il regime ha festeggiato la vittoria di un referendum, ovviamente pilotato, il cui esito di fatto blocca il processo di democratizzazione annunciato anni fa solo a parole, su pressione della comunità internazionale Ma la Birmania è anche la storia dell’eroismo di chi si oppone al regime. La signora Suu Kyi , che ha passato la maggior parte degli ultimi 17 anni isolata dal mondo, agli arresti domiciliari nella sua casa di Rangoon.
I monaci buddhisti, che sono scesi in strada contro il regime nel settembre del 2007. sono stati picchiati, arrestati e uccisi. Molti di loro sono di fatto in stato di reclusione dentro i loro conventi, se va bene, oppure nelle abominevoli carceri di Rangoon. Mezzo milione di monaci e monache disarmati e non violenti. Contro 400.000 soldati che hanno aperto il fuoco contro chi era armato solo del suo coraggio e della sua coerenza.
Il 90% della popolazione birmana sopravvive con meno di un euro al giorno. La benzina "legale", rigidamente razionata, è rincarata del 500%. La stessa stangata ha colpito il gas liquido che si usa per cucinare. È un colpo insopportabile per un paese già stremato dalla miseria e oppresso dalla dittatura militare più longeva della storia. Il rialzo della benzina e del gas ha fatto esplodere la più estesa protesta degli ultimi 10 anni. La Cina, ma anche l'occidente continuano però a fare affari con il regime a parole condannato, e che vende ogni anno miliardi di barili di gas naturale, e tonnellate di oppio e legname.

FT


 

 


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