Buoni Pasto è Rivolta. I Supermercati Sono Stufi, le Gare "Distorte"

20 Febbraio 2015   07:19  

ROMA - Sono la manna per molti italiani, sono i "buoni pasto" i tagliandi che alcune società danno ai propri dipendenti per chè impegnati in turnazioni che "svalicano" il pranzo o la cena e valgono dai 4/5 euro ai 12 euro.

Spendibili nei ristoranti, trattorie, bar per un pasto, oggi sono utilizzati dall'85% delle persone per fare la normale spesa di casa.

Vengono utilizzati da oltre 2 milioni di lavoratori del Bel Paese e possono essere un blocchetto ricevuto con la busta paga oppure una più moderna carta elettronica.

Purtroppo, come ogni buona cosa, in Italia si è trovato il modo per distorcerla, visti anche i 3 miliardi l'anno di introiti "da buono pasto".

C'è chi, addirittura, minaccia di indire un referendum per rimettere quei soldi in busta paga ed è la provocazione che lancia Federdistribuzione, sigla che mette insieme un gruppo di super e iper mercati che da soli assorbono circa un terzo dei buoni pasto in circolazione in Italia.

La Legge di Stabilità ha innalzato la defiscalizzazione dei ticket portandola dai 5,90 ai 7 euro, (il tetto esentasse era fermo da 15 anni): misura che dovrebbe avere effetti positivi su consumi e occupazione. Ma la norma, che entrerà in vigore dal primo di luglio, sarà applicata solo alle card, ai buoni elettronici, un segmento che occupa il 15 per cento del mercato.

Come ogni conversione tecnologica che sta portando avanti il Governo, anche questa è strutturata per "stanare i furbetti",  ma Giovanni Cobolli Gigli presidente di Federdistribuzione la pensa diversamente ed avverte, "prima di pensare a come potenziare il mercato, sarebbe utile ristrutturarlo profondamente perché distorto e inefficiente". Se così non sarà "meglio mettere i ticket in busta paga".

Secondo la grande distribuzione il problema numero uno sono le gare al massimo ribasso, utilizzate sia dalla Consip nel settore pubblico, che dai privati. Si premia la società emettitrice che presenta il maggiore sconto sul valore facciale dei buoni: in genere si arriva al 20 per cento: "Ma se la società che emette i buoni pasto è tarata su una struttura di costi per un ticket di 100 e poi lo vende a 80, è chiaro che per recuperare redditività aumenta le commissioni a carico di chi eroga il servizio". Bar, trattorie, supermercati. L'altro problema è appunto quello delle commissioni che in Italia vanno dal 6 al 15 per cento contro il 3 pagato in Francia. E per le card - premiate dalla defiscalizzazione - sono più alte rispetto a quelle applicate al ticket cartaceo (differenza media di 3 o 4 punti).

In tutto questo vero e proprio caos si aggiunge che ogni società emettitrice di card elettronica ha il suo POS, non compatibile con gli altri. Questo costringerebbe bar, supermercati o ristoranti ad installarle tutte per avere un ampio ventaglio d'offerta, ma con i costi di installazione, acquisto e mantenimento del caso.

Sul piede di guerra sono scesi anche i piccoli esercenti di Fipe-Confommercio. "Abbiamo fatto ricorso al Tar del Lazio contro l'ultima gara Consip su un appalto da 1 miliardo per i ticket della pubblica amministrazione - dice Marcello Fiore, presidente Fipe - il Tar non ha sospeso la gara: andremo al Consiglio di Stato. Non basta fissare, nei criteri di gara, punteggi maggiori per chi applica commissioni basse: una volta vinto l'appalto la società che emette buoni rincara il costo di servizi venduti come facoltativi, ma che in realtà sono essenziali, come il conteggio dei buoni stessi".

Dai bar, ai supermercati, alle trattorie il fronte della protesta è compatto. Al governo si chiede di fissare tetti per le commissioni, come avviene in Francia. "Ma quello è un mercato completamente diverso - dice Luigi Ferretto, amministratore delegato di Qui Group, una delle principali società emettitrici di buoni - ci sono pochi operatori che agiscono in regime di quasi oligopolio e la normativa protegge le società nazionali. Da noi non è così, tant'è che i francesi dominano il 70 per cento del mercato. Ci sono tanti operatori, tanta concorrenza e la guerra si fa sui prezzi".

Intanto all'orizzonte si affaccia un possibile accordo sul POS unico, ma è solo una breve panacea al male oscuro che divora il buono pasto.


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