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A grande richiesta pubblichiamo un altro pezzo di bravura dei cantori a braccio Alessio Runci e Paolo Santini, grandi interpreti di un'antica tradizione contadina ancora viva tra Lazio e l'Abruzzo, in particolare intorno al lago di Camposto e a Borbona, in provincia di Rieti, dove ogni anno si celebra un importante festival.
I nostri due amici questa volta affrontano con la tecnica d’improvvisazione poetica in ottava rima e con endecasillabi cantati a cappella, l'arduo argomento del rapporto tra laici e cattolici. Alessio interpreta il prete, Paolo il paesano scaltro e diffidente della santità del suo interlocutore. Un originale contributo ad un dibattito secolare senz'altro più godibile delle dottissime disamine storico-filosofiche di Paolo Flores D'Arcais e Massimo Cacciari.
"La poesia in
genere - spiega Paolo - si nutre del già detto, e cantando si esprimono le sfumature, si intensifica il sgnificato".
Un modo per dire, a proposito di religione, che il più grande peccato è forse l'indifferenza e la mancanza di attenzione.
Ha scritto Enzo Angelini sul periodico Abruzzocultura:
"Canto a braccio, celebrazione della forza creatrice della parola, arte sublime dove vincono fantasia, prontezza di spirito ed intelligenza: il contrario del karaoke. Vince il protagonismo schietto dei cantori che, cercando di sedurre o battere i compagni, ammaliano il pubblico in una sorta di “ragionar poetando”. E questo con la potenza di figure retoriche ereditate da chierici vaganti, trovatori, giullari e cantastorie. Ereditate da Dante Alighieri, Torquato Tasso e Ludovico Ariosto, i cui poemi erano recitati a memoria dai pastori durante le pause lavorative, trasmessi durante le transumanze in altri regioni e raccolte dai contadini. Cultura orale espressa nelle aie, davanti il focolare e nelle osterie, fino agli anni sessanta. Poi venne la televisione e Pasolini, isolato e lucido profeta del “genocidio culturale” che la “borghesia più ignorante d’Europa” stava commettendo nei confronti della cultura contadina. Ma in alcune zone dell’Appennino, sono rimasti epigoni del canto a braccio."
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Filippo Tronca