Che sono e quanto ci costano le intercettazioni?

Aiuto alla giustizia o solo violazione della privacy

11 Marzo 2009   06:05  
Il 9 Marzo a Novara si è tenuto il meeting “Governincontra” organizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministro per l’Attuazione del Programma di Governo e dalla Prefettura di Novara. A questo importante evento hanno preso parte grandi personalità del nostro panorama politico-istituzionale tra cui il  Ministro dell’Interno Roberto Maroni, i Ministri delle Riforme e del Federalismo Umberto Bossi, della Giustizia Angelino Alfano, dell’Istruzione Università e Ricerca Mariastella Gelmini, e della Semplificazione Normativa Roberto Calderoli.
In tale occasione, Il Ministro della giustizia Alfano ha affermato che il Ministero della Giustizia  ha un debito accertato di 400 milioni di euro nei confronti delle aziende che forniscono servizi relativi alle intercettazioni telefoniche.  
Il ministro della Giustizia ha altresì spiegato come sia stato difficoltoso capire l’entità precisa dei debiti del suo Ministero in materia di intercettazioni perchè ha dovuto mettere insieme le richieste degli oltre 1.800 pubblici ministeri che hanno chiesto le intercettazioni nello svolgimento delle varie indagini. Ha anche precisato che i prezzi relativi ai servizi di intercettazioni sono differenti da Procura a Procura perchè ogni Tribunale è libero di affrontare una trattativa con le varie aziende e ottenere il prezzo migliore o meno. Alfano ha anche detto che nel suo progetto di riforma le intercettazioni vanno fatte, ma "non sempre e non comunque".
Avendo un debito di tal fatta sulle spalle cerchiamo di capire cosa sono le intercettazioni e quale è la regolamentazione “precaria” delle stesse all’interno del nostro ordinamento.
Innanzitutto preciso che l’intercettazione nel diritto processuale penale italiano è un o "Mezzo di ricerca della prova" mezzo di ricerca della prova tipico, in quanto previsto e disciplinato dall'art. 266 e seguenti del codice di procedura penale.   
Esso consiste nell'attività diretta a captare comunicazioni e conversazioni, nonché flussi di comunicazioni informatiche o telematiche mediante strumenti della tecnica. L'intercettazione tende a limitare gravemente alcune importanti libertà costituzionali, fra cui la libertà di comunicazione del pensiero (art. 15 Cost) e la libertà domiciliare (art. 14 Cost), per cui sono dettate norme procedurali volte a garantire la legittimità formale e sostanziale dell'attività.
Il codice di procedura penale prevede dei limiti e dei presupposti e una disciplina procedimentale molto rigorosa.
Come è noto, l’intercettazione non è un istituto discrezionale, ma al contrario è “consentita”, previa autorizzazione concessa con decreto motivato al Pubblico Ministero dal Giudice per le indagini preliminari, solo secondo criteri rigidi e precisi (art. 266 e 267 c.p.p.)
In particolare: l’art. 267 c.p.p. stabilisce che le intercettazioni debbano essere previamente
autorizzate con decreto motivato del giudice. Solo in casi di assoluta urgenza possono essere
disposte con decreto motivato del pubblico ministero, soggetto peraltro a motivata convalida da
parte del giudice entro il termine di quarantotto ore.
L'evidente intento del legislatore, quindi, è di imporre un preventivo accertamento di serietà delle
esigenze investigative che legittimino l'intrusione dell'autorità giudiziaria nella sfera dei diritti
inviolabili di un cittadino che può essere anche del tutto estraneo al reato per il quale si procede.  
I presupposti per disporre le intercettazioni telefoniche:
Gravi indizi circa la sussistenza di uno dei reati per cui può essere disposta l’intercettazione.
Indispensabilità dell’intercettazione di quell’utenza fissa o mobile o del numero IMEI di quel cellulare ai fini delle indagini.
Il rigetto della richiesta del P.M. è atto non impugnabile. Potrà però essere avanzata una nuova
richiesta evidenziando elementi ulteriori.  
Per quanto concerne poi i procedimenti in tema di criminalità organizzata, l’art.13 del D.L. 152/1991 ha previsto una maggiore elasticità di criteri laddove si tratti di indagini relative a delitti di criminalità organizzata. In particolare:
- non più gravi ma sufficienti indizi di sussistenza del reato;
- non più indispensabilità ma necessità delle intercettazioni per lo svolgimento dell’indagine in
questione.
Tale disciplina è stata poi estesa ai procedimenti per i delitti di terrorismo ed ai delitti previsti dagli
artt. 600 – 604 del codice penale.
Dal punto di vista normativo, la possibilità di pubblicare le trascrizioni delle intercettazioni eseguite in modo legittimo incontra i limiti sanciti dallo stesso codice di procedura  penale, in modo particolare dagli artt. 114 c.p.p. (che disciplina il divieto di pubblicazione degli atti coperti da segreto ovvero di quelli non piu’ coperti da segreto, consentendo invece la pubblicazione del contenuto degli atti non coperti dal segreto), 115 c.p.p. (che, in aggiunta alla sanzione penale, impone la trasmissione degli atti all’organo titolare del potere di instaurare l’azione disciplinare nei confronti di impiegati dello Stato o di altri enti pubblici) e 329 c.p.p. (che indica quali sono gli atti coperti da segreto, prevedendo la ulteriore possibilità per il P.M. della secretazione in caso di necessità d’indagine).
Recentemente il Ministro della Giustizia, ha annunciato una serie di innovazioni nell’ambito della disciplina delle intercettazioni che verranno a dare una maggior efficienza al  sistema giudiziario italiano.
Innanzitutto ad autorizzare le intercettazioni dovranno essere tre giudici riuniti in Collegio, e non più un solo giudice; e quei giudici dovranno autorizzare le intercettazioni che si devono effettuare in tutto il territorio di ogni distretto di Corte d' appello. Questo sistema comporterà un intenso movimento di plichi, contenenti notizie di estrema delicatezza per le indagini, che dovranno essere trasferiti anche in tempi rapidissimi (come quando si deve procedere a convalidare atti urgenti entro 48 ore). Cosa che ha preoccupato, ovviamente, in tema di tutela della privacy.
Già nel 2006 l’allora Garante Stefano Rodotà si era pronunciato in tema di intercettazioni dicendo che “Le intercettazioni hanno invaso lo spazio pubblico, e pongono seri problemi di legalità. In due direzioni: la tutela della dignità delle persone (è questa la parola giusta da usare, più del riferimento alla privacy, pur indispensabile); la necessità e l'urgenza di ripristinare il rispetto di regole minime di diritto in aree che sembrano essere sfuggite ad ogni logica di legalità, con un inquietante parallelo con quanto accade in parti del territorio nazionale passate dal controllo pubblico a quello criminale.”
Partendo da questa affermazione dell’ex Garante vediamo quale difficile rapporto intercorre tra intercettazioni e privacy prendendo in considerazione il testo del D.Lgs. 30.6.2003 n. 196 (c.d. ”Codice della Privacy”). In particolare i titoli che toccano da vicino la materia di cui trattiamo sono:
Il Titolo I. Stabilisce quale principio generale che “chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano” (art. 1), prevede che il trattamento“si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali” (art. 2) , intendendosi come dato personale “qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica,ente o associazione,identificati o identificabili,anche indirettamente,mediante riferimento a qualsiasi altra informazione” (art. 4 lett. b) ivi compresi i dati giudiziari, anche solo rivelatori della “qualità di imputato o di indagato” (art. 4 lett. e).
Il Titolo III. Indica le regole per il trattamento dei dati e prevede che il rispetto delle norme contenute nei “Codici di Deontologia” (ivi compreso quello dei giornalisti) “costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza” del trattamento stesso (artt. 3-4).
Il Titolo XII. Disciplina le regole attinenti l’attività giornalistica e prevede che la necessità del rispetto delle norme del Codice di Deontologia relativo al trattamento dei dati debba prevedere “misure e accorgimenti a garanzia degli interessati rapportate alla natura dei dati, in particolare per quelli idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale” e che in caso di violazioni delle prescrizioni contenute nel Codice stesso “il Garante può vietare il trattamento” (art. 139).
Pur prevedendo, inoltre, l’esenzione da alcune restrizioni previste per altre categorie (ad esempio, in materia di dati giudiziari), stabilisce che, in ogni caso, debbano restare“fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’art. 2 e, in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico” (art. 137).
Il Garante, nell’ipotesi accertata di violazioni del Codice della Privacy (e del Codice Deontologico) , può adottare una serie di misure che varia dal blocco al divieto totale o parziale del trattamento (art. 143).
L’inosservanza dei provvedimenti del Garante è sanzionata penalmente (art. 170).
L’escalation che negli ultimi anni ha vissuto tale strumento di indagine è, oggettivamente, stata così impressionante da indurre alcuni osservatori a qualificarla come forma di vera e propria “bulimia intercettatoria”.
In effetti, secondo i dati forniti da Eurispes, l’incremento delle intercettazioni negli ultimi 7 anni è stato notevole: se nell’anno 2001 i telefoni intercettati erano 32.000 circa, nel 2002 sono diventati 45.000, nel 2003 quasi 78.000, nel 2004 quasi 93.000, nel 2005 oltre 107.000, con un ulteriore incremento nell’ultimo biennio sino a giungere al numero di 112.623 nell’anno 2007.
La spesa complessiva nel periodo 2001/2007 è stata di € 1.600.000.000,00 e ha raggiunto la somma di € 224.000.000,00 nel 2007, pari a poco meno del 3% del Bilancio del Ministero della Giustizia.
Dette queste cifre, va da se che l’impatto con l’opinione pubblica risulta forte e per nulla positivo. Però prima di dare un giudizio sul sistema delle intercettazioni occorrerebbe fare una ricerca ulteriore, con riferimento al parametro costi- benefici, atta a verificare quale tipo di beneficio lo Stato abbia ottenuto  utilizzando questo sistema.
Per fare questa ulteriore ricerca occorre capire come si computano i costi delle intercettazioni.
Innanzitutto  i costi delle indagini variano in relazione alle tariffe praticate dalle società private che si occupano della materiale attività di intercettazione, non avendo lo Stato strutture adeguate, in assenza di una normativa destinata a calmierare e unificare questo ricco “mercato”;
In secondo luogo, potrebbe accadere che il costo apparentemente notevole di una singola inchiesta, potrebbe essere ampiamente coperto se non addirittura superato dal denaro recuperato attraverso le successive fasi processuali (nel caso delle intercettazioni che hanno sconvolto il mondo bancario, la spesa di circa € 7.900.000,00 è stata “surclassata” dalle restituzioni e dai risarcimenti di coloro che hanno patteggiato la pena, giunti ad oggi ad un importo vicino ad € 350.000.000,00).
Peraltro, il vero problema delle intercettazioni può essere ritrovato non tanto e non solo nei costi ingenti, ma anche e soprattutto nell’eventuale abuso del loro utilizzo che va ad influire su diritti fondamentali del cittadino (in primis quello sancito dall’art. 15 della Costituzione, laddove è prescritto che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”). Mi riferisco ovviamente alla pubblicazione sulla stampa delle trascrizioni delle intercettazioni personali.
Francesca Aloisi.


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