Commissione "Grandi rischi": un'incriminazione annunciata

08 Giugno 2010   12:50  

Sono passati quasi quattro mesi da quel maledetto 14 dicembre 2008. 113 giorni separano la mattinata di un freddo inverno aquilano nel quale la terra d'Abruzzo comincia a farsi sentire con una debole scossa di magnitudo 1.8 dalla notte del più drammatico lutto nazionale degli ultimi decenni.

Tra questi due episodi, un lungo, crescente ed inesauribile sciame sismico che affligge la città dell'Aquila e l'intera provincia. Uno sciame che suonò come un avvertimento, un avvertimento impossibile da comprendere per molti e scomodo da comprendere per altri.

Il 30 marzo 2010, alle ore 14:38, l'intera popolazione del capoluogo abruzzese avverte quel timore che fino ad allora aveva sperato di poter allontanare: l'intensità delle scosse sta crescendo. Una scossa di magnitudo 4 scuote l'intera città, provocando numerosi danni ad edifici pubblici e privati, per un ammontare di 15 milioni di euro. Due scuole vengono chiuse per inagibilità.

Il sindaco Massimo Cialente è preoccupato; avvia immediatamente verifiche e stime dei danni e, contemporaneamente, si attacca al telefono della Protezione Civile. Il risultato arriva presto: la Commissione "Grandi Rischi", organo istituito il 12 aprile 2002 con decreto dall'allora Ministro dell'Interno Claudio Scajola e finalizzato alla prevenzione delle grandi calamità naturali, si riunisce nella città colpita il giorno successivo, allo scopo di stabilire condizioni di pericolo ed eventuali misure da intraprendere.

La riunione, cominciata alle 18:45 e interrotta bruscamente per dare il via all'annunciata conferenza stampa, dura appena 45 minuti e si chiude con un nulla di fatto. Ad oggi sappiamo che nessun verbale venne steso quella sera e che il mantra dell'intero vertice fu "nessun pericolo".
Nel verbale che, secondo quanto riferisce il Prof. Enzo Boschi, presidente INGV e membro della Commissione, venne firmato a posteriori nel pomeriggio del 6 aprile, oltre 12 ore dopo la drammatica scossa delle 3:32, tutte le dichiarazioni sembrano essere improntate ad un unico comandamento: rassicurazione.

Bernardo De Bernardinis, vice-capo della Protezione Civile e Presidente della Commissione, usa termini come "nessun allarme in corso", "non ci aspettiamo una crescita della magnitudo" e "è lecito aspettarsi altri danni, ma sempre su questa tipologia, vale a dire su elementi secondari, come i cornicioni, ma certamente non strutturali".
Enzo Boschi ritiene ufficialmente "improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703".
Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre, ritiene le scosse "difficilmente in grado di produrre danni alle strutture".
Mauro Dolce, direttore Ufficio Rischio della Protezione Civile, pone l'attenzione sulla "vulnerabilità architettonica delle parti fragili non strutturali degli edifici".

La conferenza stampa si arricchisce di toni ancora più confortanti. Lo stesso sindaco Cialente si dichiara "rassicurato". Non completamente, a quanto pare, se il giorno successivo porta l'intera giunta a varare una formale richiesta di dichiarazione dello stato d'emergenza (richiesta che il sindaco presenterà in forma di telegramma alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che verrà istantaneamente cestinata).

Il risultato dell'incontro, "non è possibile fare previsioni sui terremoti, ma è possibile escludere una crescita", assume le forme del totale paradosso. Un paradosso rimasto in vigore per ben 6 giorni e che si è dimostrato letale per oltre 308 civili. Uomini, donne e bambini.

Questo almeno per la Procura dell'Aquila che, per mano del Procuratore Alfredo Rossini e del sostituto Fabio Picuti, ha incriminato per omicidio colposo sette componenti della Grandi Rischi: Franco Barberi, presidente vicario della commissione nazionale per la prevenzione e previsione dei grandi rischi e ordinario di vulcanologia all'università Roma Tre, Bernardo De Bernardinis, vice-capo settore tecnico operativo del dipartimento nazionale di Protezione civile, Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del centro nazionale terremoti e corrdinatore del progetto CASE, Gian Michele Calvi, direttore della fondazione Eucentre, Claudio Eva, ordinario di fisica terrestre presso l'Università di Genova, e Mauro Dolce, direttore dell'ufficio Rischio sismico del dipartimento di Protezione civile.

E' difficile dire quanta speranza di riuscita nutriva l'avvocato aquilano Antonio Valentini quando il 17 agosto 2009 si recò presso la Procura dell'Aquila per presentare un esposto per omicidio colposo nei confronti della Grandi Rischi.
Oggi, a seguito del suo esposto e dei successivi due presentati da Fabio Alessandroni, avvocato dei familiari di numerose vittime, e Luca D'Innocenzo, ex Presidente Adsu, a condividere l'incriminazione per le responsabilità della tragedia, a fianco dei costruttori indagati per le vicende Facoltà di Ingegneria, Ospedale San Salvatore e Casa dello Studente, vi sono sette autorevoli esponenti del mondo italiano dello studio e della prevenzione delle calamità.

Le responsabilità penali verranno accertare con il lento scorrere del tempo. Quella morale, di aver trasformato una commissione scientifica d'indagine e prevenzione in un organo politico di rassicurazione collettiva, è già acclarata.
La responsabilità di aver compreso ciò a cui si poteva andare incontro con ben 6 giorni di ritardo, 308 morti dopo.


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