#Confindustria: #Italia ha perso 15 anni di crescita. Limate stime #Pil - LA DIRETTA @Confindustria

Occupazione perderà slancio fino a tutto il 2017

15 Settembre 2016   12:00  

Dopo il taglio di giugno gli economisti di Confindustria hanno limato ancora al ribasso le stime sulla crescita: nel 2016 il Pil è visto al +0,7% (era +0,8%) e nel 2017 al +0,5% (era +0,6%).

E la crescita 2017, avvertono, "non è scontata e va conquistata".

Dopo "un quindicennio perduto", "tempo sprecato", il Paese "soffre oggi di una debolezza superiore all'atteso": ai ritmi attuali "di incremento del prodotto - indica quindi il Csc - l'appuntamento con i livelli lasciati nel 2007 è rinviato al 2028".

Lo sottolinea il Centro studi Confidnustria nel rapporto 'Le sfide della politica economica'.

"Il tempo sprecato - si legge - si allunga notevolmente se si considera il prodotto per abitante, indicatore perfettibile ma significativo di benessere.

Ai ritmi attuali di incremento del prodotto, l'appuntamento con i livelli lasciati nel 2007 e' rinviato al 2028 mentre non verrà mai riagguantato il sentiero di crescita che si sarebbe avuto proseguendo con il passo precedente, pur lento".

Riemerge inoltre "con forza la questione del divario di crescita tra l'Italia e gli altri paesi europei, che pure in media non sono brillanti".

Riviste al ribasso le stime del Pil per il 2016 e il 2017, crescita "bassa e insoddisfacente": per l'anno in corso il prodotto interno lordo passa a +0,7% (da +0,8%) e per il prossimo anno a +0,5% (da +0,6%).

"Nel contesto di accresciuta turbolenza globale - si legge ne 'Le sfide della politica economica' - l'economia italiana presenta una debolezza superiore all'atteso. La risalita del Pil si è arrestata già dalla scorsa primavera. Gli ultimi indicatori congiunturali non puntano a un suo rapido riavvio, piuttosto confermano il profilo piatto. I rischi si mantengono verso il basso.

La crescita indicata per il 2017, sebbene già del tutto insoddisfacente, non è scontata e va conquistata". "L'urgenza di misure a favore degli investimenti e che spronino la produttività è ribadita dalla sostanziale conferma delle previsioni Csc di bassa crescita", prosegue il rapporto. "Il forte aumento dell'incertezza - spiega Luca Paolazzi, direttore del Csc - è legato questa volta anche alla questione politica, all'evidente incertezza politca".

Secondo le previsioni di Confindustria, l'occupazione continua a salire ma perderà slancio a metà anno e nel 2017; dall'altra parte i disoccupati sono in lento calo ma il tasso dei senza lavoro resterà "elevato". "L'aumento dell'occupazione (calcolata sulle Ula, unita di lavoro equivalenti a tempo pieno), - scrive il CsC - iniziato già nel 2014 (+0,3%) e consolidatosi nel 2015 (+0,8%) è proseguito nella prima metà del 2016 (+1,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente).

L'incremento si smorzerà nella seconda parte dell'anno e nel 2017, dato il rallentamento del Pil. Csc stima che le Ula aumenteranno dell'1% in media d'anno nel 2016 e dello 0,5% nel 2017 e torneranno alla fine dell'orizzonte previsivo a 23,9 milioni, 730mila unità sopra al minimo di fine 2013, ma ancora 1 milione e 280mila unità sotto il livello pre-crisi.

Il tasso di disoccupazione oscilla intorno all'11,6% da circa un anno (11,4% a luglio). Calerà nel biennio previsto ma resterà elevato perché crescerà ancora la forza lavoro. Nel 2016 sarà in media dell'11,5%. Nel 2017 scenderà all'11,2%". Le riforme sono "molto importanti" e in "gran parte attendono piena attuazione e la trsformazione in comportamenti".

Ma quando vengono attuate" i risultati non tardano a concretizzarsi": è il caso del Jobs Act con cui sono stati creati molti posti fissi in più. E' quanto stima il Centro studi Confindustria negli scenari economici.

"Un chiaro esempio è fornito dal Jobs Act accompagnato dalla temporanea riduzione della contribuzione sociale a carico delle imprese. Quasi i quattro quinti (l'80%) degli oltre 426mila posti di lavoro aggiuntivi creati dall'inizio del 2015 a metà 2016 sono con contratti a tempo indeterminato". Prima del Jobs Act erano solo il 20%.

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