Costa Concordia: Antonio Nesi, "Troppa faciloneria, così si crea un mostro"

15 Gennaio 2012   08:38  

"Si parla di cose tecniche con troppa faciloneria. Bisognerebbe conoscere tutti i dati prima di parlare. Si rischia di dire cosa senza senso. Ed è molto facile parlare dalla terra ferma e creare il mostro". A parlare così del naufragio della Costa Concordia, è il comandante di lungo corso Antonio Nesi, esperto di marineria, 80 anni di cui 61 passati ad occuparsi di navi, prima a bordo e poi da consulente di importanti armatori. "Ho sentito una quantità di cose bizzare da questa mattina -dice Nesi all'Adnkronos- tra radio e tv: intanto un black out non ferma le strumentazioni elettroniche perché sui ponti alti ci sono generatori d'emergenza che entrano in azione, soprattutto nelle navi così nuove come la Concordia; un ecoscandaglio non guarda sul lato né di fronte ma sonda in verticale quello che c'è sotto lo scafo; un radar non vede uno scoglio se lo scoglio è sommerso; una nave di quelle dimensioni che va a velocità di crociera non si ferma con il freno a mano; quando si parla di inquinamento bisognerebbe evitare allarmismi, perché il gasolio è un cosidetto 'non persistent oil' e fa meno danni dei combustibili pesanti. Bisognerebbe insomma evitare di dare informazioni sbagliate e diffondere panico".

"Ma quello su cui mi preme di più far riflettere -sottolinea il comandante Nesi- è che gestire 4.200 persone in preda al panico mentre la nave si inclina e le scialuppe di salvataggio da un lato sono pendule e dall'altro non scendono perché si appoggiano sullo scafo, è cosa difficilissima. Mi verrebbe da dire che troppo bravi sono stati ad evitare che tutti si buttassero in mare, vedendo così vicina la costa, e che col panico si creassero altri morti per la concitazione della fuga".

Nesi non esclude neanche che il comandante potrebbe avere deciso deliberatamente di andare contro gli scogli per evitare una tragedia peggiore: "Nelle controversie marine è contemplata la cosiddetta 'avaria generale', che si verifica laddove, di fronte alla spedizione in pericolo (il carico o i passeggeri), il comandante decide volutamente di far danno alla nave pur di salvare il salvabile. Ora io non so se al Giglio sia andata così, ma se la nave inbarcava copiosamente acqua, potrebbe essere comprensibile persino la decisione di andare in costa, purtroppo in questo caso contro gli scogli, perché così c'è stato sì l'urto ma l'abbattimento dello scafo è stato più lento, si è evitato il capovolgimento, la nave non è affondata ed ha consentito di fatto lo sbarco di tutti i passeggeri. E' sempre terribile dire queste cose quando ci sono state delle vittime ma se la nave si fosse inabissata al largo, la tragedia avrebbe potuto essere molto molto più grave. Comunque sarebbe sempre bene attendere l'esito delle inchieste prima di dare giudizi", conclude Nesi.


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