Foto intime diffuse per vendetta: 49enne a giudizio dopo la fine della relazione

03 Dicembre 2024   19:01  

Revenge porn e perizia psichiatrica: un caso che svela i pericoli della violazione della privacy e il confine tra vendetta e reato.

Un uomo di 49 anni, residente a Roma, è accusato di aver diffuso materiale intimo appartenente alla sua ex compagna, una donna di 30 anni, tramite WhatsApp dopo la fine della loro relazione. Il caso, approdato al Tribunale di Sulmona, ha sollevato l'accusa di revenge porn, reato che prevede la condivisione non consensuale di contenuti sessualmente espliciti. Prima del processo, l’imputato sarà sottoposto a una perizia psichiatrica, come richiesto dal suo legale, Riccardo Maltzef, per verificare la sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto.

La fine di una relazione e l'inizio di un incubo

Secondo le ricostruzioni, la vicenda risale al 31 maggio 2022, quando la donna ha deciso di interrompere la relazione. L’uomo, apparentemente incapace di accettare la rottura, avrebbe inviato a due amici della vittima foto e video privati che lei stessa gli aveva condiviso durante il loro rapporto. Il gesto, considerato una forma di vendetta, ha portato la donna a sporgere denuncia presso il commissariato di Sulmona.

I due destinatari del materiale hanno immediatamente avvisato la 30enne, riferendole di aver ricevuto sul loro cellulare immagini e filmati espliciti tramite WhatsApp. La denuncia ha portato al sequestro del dispositivo dell’imputato, consentendo agli inquirenti di recuperare e analizzare i contenuti diffusi. L'indagine è stata avviata contemporaneamente dalla Procura di Velletri e da quella di Sulmona, a causa della diversa competenza territoriale.

Processo e possibili conseguenze

L’altro giorno, durante l'udienza preliminare presieduta dal giudice Marta Sarnelli, è stata fissata una nuova data per il 12 febbraio, occasione in cui sarà nominato un perito incaricato di valutare le condizioni psichiche del 49enne. In caso di condanna, l'uomo rischia una pena che varia da uno a sei anni di reclusione, oltre a una sanzione pecuniaria significativa. La vittima, rappresentata dall’avvocato Maria Grazia Lepore, si è costituita parte civile nel procedimento.

Il pm Stefano Iafolla, che ha richiesto il rinvio a giudizio, ha sottolineato la gravità del reato di revenge porn, un fenomeno purtroppo in crescita, che mina profondamente la dignità delle vittime e costituisce una violazione della loro privacy.

Un problema di consapevolezza sociale

Questo caso rappresenta un esempio emblematico di come il revenge porn non sia soltanto un atto di vendetta personale, ma un reato grave con conseguenze legali e morali rilevanti. L’introduzione di pene severe nel codice penale italiano sottolinea l'urgenza di arginare questa piaga, ma resta fondamentale una maggiore sensibilizzazione sui diritti digitali e sulla tutela della propria privacy.

La vicenda di Sulmona, che proseguirà nei prossimi mesi, non riguarda solo la responsabilità individuale, ma pone interrogativi più ampi sulla necessità di educare alla gestione consapevole delle relazioni e dei contenuti digitali.


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