Gli Argentini d´Italia fanno grande la nazionale di rugby

17 Aprile 2007   14:09  
Agli inizi fu solo Diego Domínguez. Argentino di Cordoba, mamma milanese, con il suo straordinario talento e il suo magico piede sinistro dal 1991 al 2003 ha guidato la nazionale italiana di rugby fino all’ingresso nel prestigioso Torneo delle 5 Nazioni, una delle manifestazioni più antiche delle storia dello sport. Con l’arrivo dell’Italia il torneo, nato nel 1883 e riservato ai soli paesi britannici più la Francia, diventa Sei Nazioni . E’ stato un percorso difficile, costellato di esaltanti vittorie e paurosi scivoloni, che sembravano ogni volta rimettere tutto in discussione, ma la stella di Dieguito, 1,73 di altezza per 76 kg in uno sport di giganti, ha sempre brillato, in Italia così come nel durissimo campionato francese, dove ha vinto due scudetti con lo Stade Francais. A fine carriera con l’Italia avrà segnato avrà segnato 983 punti nel corso di 74 partite, avendo all’attivo la partecipazione a 3 coppe del mondo e a 4 tornei delle Sei Nazioni. Fortunatamente l’Italia del rugby, pur non avendo mai più trovato un sostituto all’altezza di Domínguez, ha continuato a crescere fino a raggiungere proprio quest’anno l’ottava posizione nel ranking internazionale e proprio dietro i terribili Pumas argentini. Il nome con cui è conosciuta la nazionale argentina è frutto dell’errore d’un giornalista che confuse il giaguaro presente nello stemma cucito sulle maglie con un puma… ma il risultato non cambia, i sudamericani sono da sempre una delle migliori squadre del mondo, capaci nel 2007 di battere a domicilio i campioni del mondo inglesi e tutte le maggiori nazionali. Nel rugby, dove la tradizione è da sempre un valore, le squadre sono quasi tutte rappresentate da un simbolo storico: gli Inglesi, la rosa rossa dei Lancaster, vincitori della Guerra delle due Rose contro gli York, rosa bianca, nel 1481 dopo trent’anni di lotte; i Francesi il gallo, per cui vengono chiamati per l’appunto cocq, galletti; gli Irlandesi, il trifoglio, shamrock, grazie al quale il loro santo protettore San Patrizio spiegò il concetto della Santissima Trinità la Scozia il cardo, thistle, che secondo la leggenda salvò il paese da un’invasione vichinga, allorquando uno degli aggressori posò un piede su un cardo selvatico mettendo in allarme con le sue grida le sentinelle scozzesi; il Galles, le tre piume di struzzo, delle quali ornò l’elmo il principe Edoardo vincitore del re di Boemia, al quale le sottrasse, nel 1346, e sotto le quali campeggia il motto, ancor oggi del Principe di Galles, “Ich dien”, io servo. E gli Italiani? Si chiamano semplicemente Azzurri e sulle loro maglie c’è uno scudetto tricolore ornato di due rami di foglie d’alloro: la ricchezza della nostra storia e la sovrabbondanza di simboli ha impedito l’individuazione d’un elemento unico che potesse rappresentare le tante italie regionali. Con la scalata del ranking, gli Azzurri sono saliti nella considerazione della spocchiosa stampa britannica, che aveva già aperto un forum per discutere dell’opportunità di tenerla ancora nel Torneo, mentre in Italia i giocatori più famosi, come i fratelli Mauro e Mirko Bergamasco, sono ormai personaggi noti anche al grande pubblico “pallonaro” Nella rosa della squadra sono presenti, come titolari, ben sei argentini, “equiparati” ad italiani grazie alla presenza di un genitore o di un avo di sangue italiano: Gonzalo Canale (Cordoba), Pablo Canavosio (Cordoba), Martín Castrogiovanni (Paraná), Santiago Dellapé (La Plata), Carlos Nieto (La Plata), Sergio Parisse (La Plata), Ramiro Pez (Cordoba). Nell’ultimo Sei Nazioni Castrogiovanni è stato inserito nel XV ideale, mentre Nieto, figlio del famoso cantante folk El Chango Nieto, lo era stato nel 2006, ma tutti giocano ad altissimo livello nei campionati francesi ed inglesi e hanno dato un contributo determinante per la crescita della nazionale e del movimento rugbystico. Quello tra Italia e Argentina è già un legame indissolubile, che passa per intere generazioni di emigranti e che nello sport ha avuto grandi esempi di “ibridazione”, si pensi alla nazionale di calcio degli oriundi Sivori e Maschio, protagonista degli sfortunati mondiali del Cile del 1962. Qualcuno ha detto che gli Argentini sono Italiani che parlano spagnolo, chissà…. Certo è che noi abbiamo una nazionale di rugby nella quale gli Argentini parlano italiano e cantano l’inno di Mameli, con passione vera. Floreat rugbeia! Guido D’Urbano

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