Circa tremila aquilani, di tutte le età ed estrazione sociale, sono scesi in strada sabato pomeriggio, non spaventati dalla pioggia. C'erano i cassintegrati che ancora non vedono un euro degli ammortizzatori sociali, madri che non sanno ancora se potranno iscrivere i figli a scuola a settembre, chi chiede giustizia per gli studenti vittime dei crolli, come quello della casa dello studente e di tuguri del centro affittati a prezzi da usura, contadini a cui è stata espropriata la terra per costruire la new town, e che delle new town ne contesta la localizzazione, residenti che denunciano i ritardi della messa in sicurezza del centro storico, chi vuole vedere in galera i palazzinari, che con la complicità dei loro politici tirapiedi anche hanno costruito male e ora qualcuno di lro sta facendo soldi a palate con gli appalti della ricostruzione, chi denuncia la soffocante militarizzazione delle tendopoli, chi chiede con forza che vengano dati immediati aiuti alle imprese. Chi, tantissimi, che hanno perso il lavoro o lo stanno perdendo, è intravedono in un futuro prossimo dà morti di fame, a prescindere dal modulo abitativo che gli sarà assegnato.
Chi chiede 100% trasparenza e partecipazione, nella consapevolezza che la ricostruzione sta diventando un gigantesco affare con sempre più zone d'ombra (e siamo solo all'inizio). Leggasi a tal proposito questo articolo di Repubblica a firma di Attilio Bolzoni
L'AQUILA - Nel primo cantiere aperto per ricostruire
L'Aquila c'è un'impronta siciliana. L'ha lasciata un socio di soci poco
rispettabili, uno che era in affari con personaggi finiti in indagini
di alta mafia.
I primi lavori del dopo terremoto sono andati a un
imprenditore abruzzese in collegamento con prestanome che riciclavano,
qui a Tagliacozzo, il "tesoro" di Vito Ciancimino.
Comincia da
questa traccia e con questa ombra la "rinascita" dell'Abruzzo devastato
dalla grande scossa del 6 aprile 2009. Comincia ufficialmente con un
caso da manuale, una vicenda di subappalti e di
movimento terra, di
incastri societari sospetti. Tutto quello che leggerete di seguito è
diventato da qualche giorno "materia d'indagine" - un'informativa è
stata trasmessa dalla polizia giudiziaria alla procura nazionale
antimafia - ma l'intreccio era già rivelato in ogni suo dettaglio da
carte e atti di pubblico accesso.
Partiamo dall'inizio. Dai fatti,
dai luoghi e dai nomi di tutti i protagonisti e dei comprimari di
questo primo lavoro per il terremoto d'Abruzzo. Partiamo dalla statale
17, la strada tortuosa e alberata che dall'Aquila passa per Onna, il
paese che non c'è più, il paese spazzato via alle 3,32 di quasi ottanta
notti fa. È qui, sotto la collina di Bazzano, dove sorgerà la prima
delle venti "piccole città" promesse da Berlusconi agli aquilani per la
fine di novembre - sono le famose casette, i 4500 alloggi per ospitare
fra i 13 mila e i 15 mila sfollati - che è stato dato il via in pompa
magna alla grande ricostruzione. È qui che sarà costruita la prima "new
town".
È qui che hanno alzato il primo cartello: "Lavori relativi agli
scavi e ai movimenti di terra lotto Ts". Ed è qui che l'imprenditore
Dante Di Marco, alla fine di maggio, ha cominciato a spianare la
collina con le sue ruspe e i suoi bulldozer. Così si chiama l'amico
degli amici siciliani che nascondevano in Abruzzo i soldi di don Vito,
l'ex sindaco mafioso di Palermo.
Dante Di Marco ha 70 anni, ha
amicizie importanti in tutto l'Abruzzo, è residente a Carsoli che è un
piccolo paese fra l'Aquila e Roma.
L'appalto per rosicchiare la
collina di Bazzano e sistemare una grande piattaforma di cemento - è là
sopra che costruiranno quelle casette sostenute dai pilastri
antisismici - è stato aggiudicato da un'"associazione temporanea di
imprese". La capogruppo era la "Prs, produzione e servizi srl" di
Avezzano, la seconda ditta era la "Idio Ridolfi e figli srl" (anch'essa
di Avezzano, sta partecipando anche ai lavori per la ristrutturazione
per il G 8 dell'aeroporto di Preturo), la terza era la "Codisab" di
Carsoli, la quarta era l'impresa "Ing. Emilio e Paolo Salsiccia srl" di
Tagliacozzo e la quinta l'"Impresa Di Marco srl" con sede a Carsoli, in
via Tiburtina Valeria km 70.
L'impresa Di Marco è stata costituita
nel 1993, ha una ventina di dipendenti e un capitale sociale di 130
mila euro, l'amministratore unico è Dante Di Marco (gli altri soci sono
il figlio Gennarino e la figlia Eleana), la ditta non è mai stata
coinvolta direttamente in indagini antimafia ma il suo amministratore
unico - Dante - risulta come socio fondatore della "Marsica Plastica
srl" con sede a Carsoli, sempre in via Tiburtina Valeria km 70. È
questo il punto centrale della storia sul primo appalto del terremoto:
un socio della "Marsica Plastica srl" ha praticamente inaugurato la
ricostruzione.
Quest'impresa, la "Marsica Plastica srl", è molto
nota agli investigatori dell'Aquila e anche a quelli di Palermo. È nata
il 22 settembre del 2006 nello studio del notaio Filippo Rauccio di
Avezzano. Tra i soci di Dante Di Marco c'era l'abruzzese Achille Ricci,
arrestato tre settimane prima del terremoto per avere occultato i soldi
di Vito Ciancimino in un villaggio turistico a Tagliacozzo.
C'era
Giuseppe Italiano (il nome di suo fratello Luigi è stato trovato in uno
dei "pizzini" del boss Antonino Giuffrè quando era ancora latitante),
che è un ingegnere palermitano in affari di gas con Massimo Ciancimino.
C'era anche Ermelinda Di Stefano, la moglie del commercialista
siciliano Gianni Lapis, il regista degli investimenti del "tesoro" di
Ciancimino fuori dalla Sicilia.
Il 22 settembre del 2006, nello
studio dello stesso notaio di Avezzano Filippo Rauccio, era stata
costituita anche un'altra società, l'"Ecologica Abruzzi srl". Fra i
suoi soci ci sono ancora alcuni della "Marsica Plastica srl" (la moglie
di Lapis e il palermitano Giuseppe Italiano per esempio) e poi anche
Nino Zangari, un altro imprenditore abruzzese arrestato il 16 marzo del
2009 per il riciclaggio del famigerato "tesoro" di don Vito. Erano due
società, la "Marsica Plastica" e l'"Ecologica Abruzzo", che con la
"Ricci e Zangari srl" - se non ci fosse stata un'inchiesta del Gico
della finanza e i successivi arresti - avrebbero dovuto operare per la
produzione di energia, lo smaltimento rifiuti, nel settore della
metanizzazione. Un labirinto di sigle, patti, commerci, incroci. Tutto
era stata pianificato qualche anno fa. E tutto alla luce del sole.
Ecco
come ricostruisce le cose Dante Di Marco, l'imprenditore che ha vinto
il primo sub appalto per la ricostrizione dell'Aquila: "Ho presentato
una regolare domanda per accreditarmi ai lavori di Bazzano e sono
entrato nel consorzio di imprese, che cosa c'è di tanto strano?". A
proposito dei suoi vecchi soci siciliani ricorda: "Quella gente io
nemmeno la conoscevo, mi ci sono ritrovato in società così,n per fare
il mio lavoro di movimento terra". E consiglia: "Chiedete in giro chi è
Dante Di Marco, tutti diranno la stessa cosa: uno che pensa solo a
lavorare con tutti quelli che vogliono lavorare con lui".
Proprio
con tutti. Dante Di Marco ha una piccola impresa, tanti lavori e
tantissimi amici in Abruzzo. È entrato in società non soltanto con i
siciliani amici di Ciancimino ma anche con Ermanno Piccone, padre di
Filippo, senatore della repubblica e coordinatore regionale del Pdl.
Sono
insieme dal 2006 - e con loro c'è pure il parlamentare del Pdl Sabatino
Aracu, sotto inchiesta a Pescara, accusato di avere intascato tangenti
per appalti sanitari - nella "Rivalutazione Trara srl", quella ha
comprato alla periferia di Avezzano 26 ettari di terreno un antico
zuccherificio per trasformarlo in un termovalorizzatore. Fili che si
mescolano, finanziamenti, compartecipazioni, una ragnatela. E appalti.
Come quello di Bazzano, l'opera prima della ricostruzione. Per il
governo Berlusconi è la splendente vetrina del dopo terremoto in
Abruzzo. Per Dante Di Marco da Carsoli, socio dei soci dei Ciancimino,
era un'occasione da non perdere.