Il piano piano neve. Cronaca di un viaggio nella bufera

12 Marzo 2010   13:26  

'' Mettetevi in viaggio solo se strettamente necessario. Solo ripeto se proprio non ne potete fare  a meno. Mi raccomando le gomme termiche o le catene a bordo. Comunque portate per precauzioni con voi viveri, bevande calde e coperte.''

Era questo il rassicurante messaggio, diramato su Isoradio, da un uomo della Protezione civile che stava affrontando, pochi giorni fa,  l'emergenza rappresentata dal grande evento  ''Nevica che Dio la manda'' (sottotitolo: del resto è inverno e non siamo all'equatore)'', e che metteva l'accento, come suo costume, sulla prevenzione e il procurato  allarme. 

Ad averlo saputo prima, avrei cercato da dormire sulla costa adriatica, dove mi ero recato nel pomeriggio per lavoro. Mi  ritrovavo invece in mezzo ad una bufera di neve sulla A25 direzione L'Aquila, senza  nemmeno a bordo una scorta di cicolane, pecorino, una bottiglietta di cordiale e un piumone d'oca.

Ma avevo ragionato: ''Primo: qui sulla costa da dopo il terremoto ci sono migliaia di concittadini in soggiorno coatto, e gli alberghi saranno tutti esauriti. Secondo: non ho soldi per un albergo, quindi le chiacchiere stanno a zero''.

''E' anche vero – considerai altresì - che  ho qualche amico negli alberghi, potrei telefonargli e chiedere ospitalità. Del resto sono  le nove di sera, e  avranno appena finito di succhiare aragoste annaffiate da Greco di Tufo dell'84, lamentandosi perché servito loro  a temperature superiore ai dieci gradi...scrocconi e ingrati...hanno proprio ragione i  lettori de Il Giornale... Loro non potrebbero ospitarmi, è vietatissimo, però la Protezione civile è  andata via ...insomma.. ora è più facile fare ad aumma-aumma....eludendo l'occhiuta vigilanza del receptionist...potrei intrufolarmi spacciandomi da psicologo serale specializzato in traumi post-sismici, oppure come un ex-sindaco dell'Aquila scroccone.''

Subito però cancellai questo empio intento: ''Non è legale, è un reato, cribbio, da buon italiano, come tutti gli altri miei connazionali, devo comportarmi anche nelle piccole cose come un cittadino che rispetta le regole e le leggi delo Stato. Gli alberghi sono pagati dai donatori e da quella minoranza di italiani che paga le tasse, e che stanno aiutando noi terremotati. Non posso tradire così la loro generosità, non sarebbe etico''.

E così decisi di  avventurarmi, col cuore pieno di patriottismo, lungo la A25, immaginandomi già il selvaggio  altopiano dei Navelli, spazzato da bufere di neve e  attraversato da antichi e fieri Vestini bardati da pelli di orso e con le ciaspole ai piedi.

Pensai però per farmi coraggio: ''La strada dei Navelli, a seguito del terremoto, è diventata un'arteria viaria  fondamentale, attraversata anche  a quest'ora da tanti pendolari che lavorano a l'Aquila e vanno  a dormire sulla costa. Quindi - conclusi- sicuramente sarà stata  certosinamente pulita dagli spazzaneve dell'Anas. E' poi una bella strada, appena allargata e velocizzata, ci hanno speso milioni di euro, ci sono pure tante rotonde per snellire il traffico, chiese tratturali incastonate dentro gli svincoli, ponti sopra le aree archeologiche, guard-rail in noce nei tratti di maggiore valenza ambientale''. Ricordavo bene pure ciò che fu detto dalle autorità, con voce rotta dall'emozione, il giorno del taglio del nastro:  ''Ora finalmente l'Aquila e Pescara  sono più vicine, l'Abruzzo da trino è diventato uno. Questa strada è un ponte di amicizia gettato tra le genti di mare e queli di  montagna''.

E  avevano ragione, le trafitture di luce che in direzione contraria squarciavano ogni tanto il velo di neve fitta, e ti facevano sentire meno solo, erano aquilani che dopo il lavoro, grazie  alla nuova strada andavano  a socializzare con i fratelli  della costa,  alla folle velocità di 15 km orari.
Di spazzaneve, invece, non se ne vedeva uno manco a pagarlo, più facile incontrare Babbo natale con la slitta trainata dalle renne.

La neve sul manto stradale aveva superato intanto i dieci centimetri, sotto c'era il ghiaccio, e infatti sbandai all'altezza di una micidiale rotonda incastonata in fondo ad un rettilineo, rischiando di contribuire alla sua quadratura. Sintonizzai subito lo stereo sul rosario serale di radio Maria. Chiamai poi un mio  amico guardia forestale e gli chiesi dove fossero gli spazza-neve, se per caso anche loro  erano andati a mangiare un panino.

Mi rispose che quelli che lui aveva visto, mentre andava avanti e indietro a soccorrere  automobilisti sbandati causa-neve, erano rimasti bloccati da auto andate di traverso oppure erano impegnati  a rendere percorribili i valichi montani.
''Occhei –  risposi  infuriato - a parte che  anche questo è un valico montano, proprio oggi la provincia ha inaugurato in pompa magna  i suoi nuovi mezzi spazzaneve , perché non ne hanno mandato uno qui? Non hanno indotazione le catene, forse? Con il maltempo non lavorano?''.

'''La statale 17 non è di loro competenza -  mi spiegò  e per rincuorarmi aggiunse -  anche il centro storico dell'Aquila è nel caos totale, sull'autostrada ci sono poi centinaia di persone bloccate da ore''.

'' E vabbè però - mi sfogai – la neve non è mica come le macerie! Mica bisogna cambiare le leggi europee  e far intervenire l'esercito italiano per spostarla sul ciglio della strada!''.

''Dai calmati -  concluse  l'amico Forestale -  se hai bisogno di aiuto chiamami, tra un po' finisco di lavorare, non prendere freddo mi raccomando...''.

La situazione intanto peggiorava metro dopo metro. La discesa tra Barisciano e Poggio Picenze era degna di ospitare una gara di bob alle olimpiadi invernali del 2017. Capivo solo in quel momento cosa andava inteso per Piano neve: se non vai piano, molto molto piano, sei fottuto.

L'importante comunque è  arrivare, possibilmente non  a piedi, a san Gregorio , pensai con incrollabile fiducia,''l'ultimo tratto non possono non averlo spazzato,  cavolo, lì ci deve transitare un sacco di gente, c'è l'imbocco  dell'autostrada, i nuovi quartieri del progetto CASE, dove ci vivono migliaia di persone.''

Macché,  anche lì sembrava di  avventurarsi in un fuori pista a Cortina d'Ampezzo. Ti sentivi come Jack London nella tundra.
La salita della superstrada di Bazzano poi pareva invalicabile come il Kilimangiaro, anche con gomme termo-nucleari. E infatti c'erano due automobili parcheggiate e abbandonate.

Ero in trappola, insomma, come altri disperati automobilisti compagni di sventura, perché per arrivare dall'altra parte dell'Aquila, che non è in pianura Padana, avrei dovuto comunque affrontare, senza nessuna possibilità di successo, salite ancora più ripide.

Non restavano che due possibilità: attendere con pazienza l'improbabile soccorso del popolo delle carriole. Oppure parcheggiare, telefonare ad un caro vecchio vicino di tendopoli,  che ora vive nel quartiere antisismico di Bazzano, sperando che non sia andato già  a dormire, o che non sia già tornato nella casa del centro già ricostruita.
E'  andata bene. Ho dormito da lui, sul divano letto e al caldo.  C.A.S.A. dolce C.A.S.A...

Filippo Tronca


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