Tutto ha inizio nel febbraio scorso, quando gli
uomini del comando provinciale della Guardia di finanza, guidati dal colonnello
Gioacchino Angeloni, danno inizio ad una serie di controlli ai danni dell’economia
sommersa, finchè l’attenzione degli inquirenti non si sofferma su una azienda
avicola di Villamagna. Dall’analisi dei registri sanitari, necessari per
consentire i trattamenti farmacologici degli animali da parte della Asl, spunta
fuori la “straordinaria”, nonché sospetta, capacità produttiva,di quest’azienda,
che riusciva a gestire un numero di pulcini esorbitante, senza versare contributi
e senza pagare tasse. Finiscono, così,
nei guai padre e figlio, proprietari della società, accusati di aver evaso
circa 10 milioni di tasse. Ma non
finisce qui. L’indagine si estende e vengono coinvolte altre 7 società capitali
(srl), alcune sconosciute al fisco, altre già inserite nella lista nera degli
evasori, tutte appartenenti al sodalizio creato dai due imprenditori di
Villamagna. Stesso metodo di lavoro per tutte: 8 capannoni con una capacità di15 mila pulcini
per ogni ciclo produttivo di 90-120 giorni, che rendeva circa 150 mila polli l’anno.
Ogni pollo prima acquistato a 0,70
centesimi, veniva poi rivenduto prevalentemente al mercato pugliese a 2,40
euro, Iva esclusa. Un giro d’affari a dir poco
redditizio. Anche per quanto
riguarda l’iva, le indagini hanno accertato che non sono state le dovute
ritenute e che oltre 7mila euro non erano stati versati.
Come se non bastasse, dagli accertamenti sono stati scoperti anche tre
lavoratori in nero. Si tratta di extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, la cui
assunzione risultava essere inesistente , per la gioia dei capi che in
questo modo potevano permettersi di non versare i contributi.Tempi duri per gli
imprenditori avicoli di Villamagna, che stavolta “purtoppo” non sono riusciti a
farla franca.
(IP)