In vacanza con la crisi. La lunga estate calda dei minori italiani

Quando il miglior servizio sociale è la nonna

19 Giugno 2009   16:34  
Sono sempre più intelligenti. Iperattivi, disincantati, con gli inseparabili cellulari e i videogame di guerra, ridono a crepapelle se racconti loro di Hansel e Gretel. Nell’ascolto delle favole tradizionali volentieri simpatizzano per l’antagonista, e ti guardano come fossi un ritardato quando parli della nonna di Cappuccetto rosso uscita ancora intatta dalla pancia del lupo cattivo.  Figli della Rete e della tv satellitare hanno appreso il sarcasmo intellettuale del dottor House, la teatrale malizia di Gossip Girl e l’ironia travolgente dei Simpson. Sono tanti. Quasi 11 milioni e mezzo di italiani, e sono a spasso.

Ma se i numerosi under 19 del Paese non aspettano altro che tuffarsi nelle piscine cittadine e nei caldi mari della Penisola, un altro esercito di connazionali suda a freddo, facendo telefonate intercontinentali e scandagliando i desolati fondali dei propri risparmi, con la speranza di poter piazzare i propri figli in contesti che ne preservino salute psichica e integrità. Alle prese con un blackout scolastico tra i più lunghi in Europa(siamo secondi soltanto alla Bulgaria) ai genitori italiani non resta che programmare costosissimi campi scuola, pena l’incustodito e accidioso imbarbarimento estivo che da sempre avvolge i bambini e gli adolescenti delle grigie realtà urbane dell’entroterra.

Ecco allora che la fusione del bronzo, la ricerca dell’oro del Leno, la decorazione di ceramiche medievali e persino le tecniche di scheggiatura della selce, prendono il posto delle tradizionali colonie estive, dove  schiere di bambini perennemente in fila si vedevano togliere sonno e libertà da educatrici per lo più urlanti stile signorina Rottermaier di Heidi. Un’offerta turistica ampia e variegata quella odierna, destinata ad evolversi ed espandersi ulteriormente non fosse che, come prima e più di prima, la maggior parte dei minori italiani trascorrerà l’estate giocando svogliatamente a carte con il nonno( attimi di straordinaria quotidianità a lungo rimpianti ma che al momento suggeriscono ipotesi di suicidio più o meno estreme) o sprofondata davanti alla tv con tanto di pinguino De Longhi sulle ginocchia, e ventilatore dietro la nuca bagnata che nel migliore dei casi costerà anni ed anni di cervicale. A differenza dei coetanei che hanno la fortuna di abitare in montagna o lungo la coste, per i bambini e gli adolescenti di città che non possono permettersi alcuna forma di villeggiatura, il gioco rischia di farsi pesante.

Stando a quanto diffuso dall’Istat infatti, la quota di bambini che l’anno scorso non ha goduto di alcuna villeggiatura si aggira intorno al 36%, ciò significa che ben un giovinetto su tre al di sotto dei 14 anni è rimasto fuori da quello che l’Istituto di statistica nazionale ha identificato come vacanza, e ossia un arco di tempo composto da “almeno 4 notti trascorse fuori, con o senza famiglia”.
Se si considera il decremento di circa 204 mila unità tra gli occupati del primo trimestre 2009 rispetto allo scorso anno, la percentuale di piccoli soggetti senza possibilità di svago e “occupazione” estiva è destinata ad aumentare. E allora che si fa? Tra genitori assorbiti dal lavoro e servizi sociali di anno in anno sempre più ridotti l’unica soluzione è ancora quella dei nonni.

Un’equazione confermata dalle statistiche: una volta chiusi i cancelli delle scuole, ben il 64% dei bambini sotto i tredici anni viene infatti affidato alle cure dei nonni, con picchi che superano il 70% per i più piccoli. Un vero e proprio sbarco che la terza età è costretta a gestire, guidare, intrattenere. “La nonna resta il più grande servizio sociale per ora funzionante nel Paese” afferma la filosofa e sociologa della famiglia Chiara Saraceno. “La nostra organizzazione scolastica- commenta la studiosa- sin dalla materna si basa su un’idea della famiglia che non è più corrispondente alla realtà, come ha dimostrato il dibattito sul tempo pieno, del tutto indipendente dai bisogni e dalle disuguaglianze sociali sui quali impattava”.

E se in Italia il welfare è inteso unicamente come assistenza ai casi più disgraziati, i genitori non possono che volgere lo sguardo alle proprie radici, smettendo i panni di adulto emancipato e tornando figlio con figli a carico a bussare alla porta del padre e della madre. Se poi nonni e nipoti siano contenti o meno di tale contingenza è un altro discorso. Di sicuro resta la colorita e cinematografica realtà di un esercito bambino lasciato a zonzo, tra i cortili delle fabbriche in disuso, i giardini comunali arsi dal sole e la spettacolare briscola del tramonto fatta col nonno, che per l'ennesima volta narra nostalgico le gesta della propria gioventù, ancora una volta eroiche, esilaranti, gravide di preziosissimi quanto spesso infondati dettagli, figlie di un tempo in cui proprio nessuno si sarebbe posto il problema di tre mesi di pura, assoluta, indimenticabile libertà.




Giovanna Di Carlo

 

 


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