L'Abruzzo non cresce e si allontana dall'Europa

Presentato il rapporto del Cresa

20 Giugno 2008   14:10  

Nel 2007 la dinamica dell'economia abruzzese si e' rivelata piu' debole di quella dell'anno precedente, deludendo le aspettative di un rafforzamento della ripresa di cui si erano ravvisati segnali nel biennio 2005-2006. Lo dice il "Rapporto sull'economia abruzzese 2007" elaborato dal Cresa, il centro studi regionale delle camere di commercio abruzzesi, presieduto da Giorgio Ranaldi. Il Prodotto interno lordo dell'Abruzzo ha registrato una crescita dell'1% in termini reali rispetto al 2006, un ritmo inferiore alla media del paese (1,5%). L'Abruzzo ha perduto terreno soprattutto nel confronto con l'area dell'euro, che ha continuato a svilupparsi nonostante la perdita di competitivita' legata all'apprezzamento della moneta europea. Sulla decelerazione del prodotto ha inciso la battuta d'arresto dell'industria, dopo un biennio piuttosto positivo, mentre si e' rafforzata, dopo un incerto 2006, la tendenza espansiva nelle costruzioni. L'accelerazione del valore aggiunto si e' estesa anche al settore dei servizi, con ritmi di crescita solo lievemente inferiori alla media nazionale. Il Pil pro capite dell'Abruzzo si e' attestato all'81,9% del valore medio nazionale, in calo di 5 punti percentuali rispetto al 2000. La provincia abruzzese con il piu' elevato tenore di vita risulta Chieti che raggiunge una ricchezza pro capite di circa 22 mila euro, pari all'85% di quella media nazionale, seguita da Teramo (81,5%), l'Aquila e Pescara con circa il 79%. Il sistema produttivo mostra una rinnovata vitalita' ma il numero delle cancellazioni dai Registri delle Camere di Commercio e' ancora elevato, indicando che il processo di selezione delle imprese piu' efficienti e' tuttora in corso. La crescita del prodotto ha beneficiato soprattutto della domanda dall'estero, in particolare di quella proveniente dalla Germania e dai mercati piu' dinamici (tra i quali la Cina, i paesi dell'Europa centro-orientale e quelli di recente ammissione alla UE), che stanno rapidamente acquisendo importanza. Le esportazioni sono aumentate dell'11,8% a prezzi correnti (5,5% nel 2006), un valore superiore alla media nazionale (8%). Nonostante la ripresa delle vendite all'estero, la quota di esportazioni della regione sul totale nazionale e' rimasta invariata.

I principali indicatori annuali continuano a fornire un quadro sostanzialmente positivo del mercato del lavoro abruzzese. L'occupazione totale ha continuato a crescere (+4 mila unita' rispetto al 2006) mentre il tasso di disoccupazione ha proseguito la sua discesa, ormai ininterrotta dal 1998, attestandosi al 6,2%. Gli incrementi occupazionali si sono concentrati nell'industria (+12.000) e nell'agricoltura (2.000 unita' in piu'), mentre nei servizi si e' verificata una netta inversione di tendenza con una flessione di ben 11 mila unita' (di cui 7.000 femmine). Nonostante una certa uniformita' complessiva le differenze nei mercati del lavoro locali restano apprezzabili. Questioni di fondo emerse nel Rapporto 2007 L'Italia rallenta, l'Abruzzo ancora di piu'. Si delinea con sempre maggiore evidenza una certa difficolta' a riprendere il percorso dello sviluppo. In un quadro non particolarmente incoraggiante emergono, tuttavia, alcuni importanti segnali positivi: l'Abruzzo dimostra di possedere una non trascurabile base industriale, settima regione italiana per valore aggiunto e numero di occupati nell'industria; le imprese abruzzesi confermano una elevata capacita' di cogliere le opportunita' che si aprono sui mercati internazionali soprattutto attraverso un nucleo di rinnovate aziende di medie dimensioni che hanno elevato la gamma delle proprie produzioni. La disoccupazione scende ma aumentano i giovani, soprattutto donne, che rinunciano alla ricerca di lavoro. Insieme ai segnali di rallentamento congiunturale nel tasso di crescita dell'occupazione colti nel corso del 2007 sil Cresa segnala l'emergere di altri due fenomeni: la caduta sostenuta ed ininterrotta del tasso di disoccupazione degli ultimi anni e' stata accompagnata, a partire dal 2004, da un aumento significativo delle persone che, pur in eta' da lavoro, risultano tuttavia inattive evidenziando un progressivo scoraggiamento della forza lavoro, soprattutto femminile; la forte espansione dell'occupazione a orario ridotto (part-time), pur non essendo di per se' negativa, fa sorgere il timore che i nuovi occupati part-time possano in realta' essere considerati sostitutivi di posti di lavoro a tempo pieno. Di conseguenza, si riduce il volume complessivo di ore lavorate


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