L'Aquila, la movida che torna nel centro disabitato e le polemiche. E sembra di vivere un déjà vu...

19 Luglio 2011   11:59  

Il centro storico dell'Aquila - quello che, solo oggi, per alcuni è diventato tra i più importanti d'Italia - due anni dopo è ancora buio e disabitato. 17, 18 ettari di ruderi, vicoli e piazze deserte. Sull'unica, o quasi, via riaperta, però, un piccolo cenno di vita.

Un manipolo di "folli" commercianti, con coraggio da vendere, piuttosto che altrove ha deciso di tornare ad investire lì, in quello che era il cuore pulsante della città. Oggi, a qualche mese di distanza, la loro può essere considerata una scommessa vinta. A dispetto di tutti i pessimisti sono riusciti a far tornare centinaia, forse migliaia di giovani a trascorrere le proprie serate nei loro spazi, nei loro luoghi, abbandonati forzatamente quel sei aprile, che oggi sembra lontano decenni.

Attraversare il Corso, o i Quattro Cantoni, o piazzetta Regina Margherita - insomma, i nuovi luoghi di ritrovo, che poi coincidono con i bar e le birrerie che hanno riaperto - nelle serate estive diventa complicato quanto lo era lungo via Sassa, via Cavour o piazza San Biagio, i vecchi spazi della movida.

Vociare, musica, sì, magari anche schiamazzi, animano questo scampolo di città tornata a vivere nella quale, evviva, per farsi largo c'è da sgomitare.

Eppure, aprire il giornale la mattina, magari sfogliandolo proprio in uno di quei bar del centro che stoicamente resistono anche se semivuoti per l'intera giornata, sembra proprio un déjà vu. "I residenti invocano maggiori controlli". Se non si conoscesse la realtà della città sembrerebbe davvero di essere tornati ad una normalità che troppo spesso si invoca ma altrettanto frequentemente sembra volersi scongiurare.

Si esorcizza il rischio che L'Aquila muoia presto, manifestando, indossando t-shirt che esprimono il proprio amore per la città, appiccicando adesivi di dubbio gusto sulla propria auto. Ma guai ad accogliere a braccia aperte il ritorno della vita nella città vera, quella storica, fatta di mura, Porte, sdruccioli, vicoletti e nicchiette e non quella delle casette provvisorie o dei capannoni iguana - il giorno officine e la sera pub - che pure, volente o nolente, ci siamo abituati ad apprezzare.

Così accade che in una città ancora presidiata dai militari manco si fosse a Kabul - e comunque pattugliata da vigili urbani e forze dell'ordine - si chiede una maggiore sicurezza, in una città abitata da forse neanche una decina di persone si invocano "regole" per la vita notturna.

Il centro, spopolato e abbandonato se non fosse stato per quei coraggiosi imprenditori che hanno deciso di ripartire da lì, ora lo si vuole di nuovo evacuare.
Forze dell'ordine, incitate da quei pochi residenti tornati ad abitare ai margini di quel centro che ancora sembra sanguinare e piangere, sono pronte a passare al setaccio i locali, a caccia di eventuali trasgressioni.

Tutti pronti a sedare sul nascere la nuova vita dei giovani aquilani, molti di loro giovanissimi giusto in tempo strappati da una adolescenza da trascorrere in un centro commerciale. Ma questo, evidentemente, importa meno.

(MS)


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