L'orrore a Lampedusa, il dolore di cooperante aquilano

03 Ottobre 2013   18:06  

''Novanta vittime vittime…duecentocinquanta dispersi…questa volta i numeri fanno impressione, mettono paura!

Una immensa tragedia, una grande vergogna, una enorme sciagura...quasi non ha senso cercare una definizione di quanto accaduto questa notte a largo di Lampedusa!

Ancora una volta si parla di vittime innocenti, ancora una volta si chiede giustizia e rispetto per le vittime. Il rispetto che dovremmo pretendere, tutti, nessuno escluso, è quello per chi fugge, per chi è in fuga e non solo per chi ormai non ha più il fiato , le forze, l’ossigeno per fuggire.

Giustizia per tutti quei ragazzi costretti a scappare dai loro paesi, fuggire da guerre e tirannie, da sfruttamenti e minacce. Uomini, donne e bambini che, una volta fuggiti dall’Eritrea, dall’Etiopia, dalla Siria o dal Sudan, dal Mali o dal Ghana, trovano altro sfruttamento, altre minacce per poi trovare la morte in mare!

Ma la giustizia, il rispetto, in queste occasioni, si chiedono solo per le vittime continuando ad abbandonare, e a non rispettare, tutti coloro i quali continuano a vivere senza alcun riguardo, senza alcuna protezione.

Chissà, forse erano amici di Zeki dell’Etiopia, o di Dawed dell’Eritrea, o forse un cugino di Addouma del Sudan o di Sayid dalla Somalia. Magari un parente di Ahmed del Mali o un conoscente di Nuhu del Ghana.

Di sicuro erano ragazzi che fuggivano dalle loro case, dai loro paesi, dopo avere abbandonato i propri amici, i parenti, gli affetti, gli amori. Un giorno non ce la si fa più a vivere nella paura, nel terrore, circondati da armi e minacce, e si decide di fuggire.

O magari non si ha nemmeno il tempo per razionalizzare la scelta perché al ritorno a casa la famiglia è scomparsa o riversa per terra…ed allora si deve scappare.

Si attraversa il deserto su pik-up stracolmi di persone evitando i corpi di chi non ce l’ ha fatta oppure si cammina per giorni con la sola acqua a disposizione che si può attingere aprendo la pancia del cammello di scorta.

Poi la Libia, la paura, la segregazione, lo sfruttamento e poi il mare, quindi l’Italia…per chi ce la fa! Sono queste le storie delle persone che vengono ospitati nei progetti di accoglienza di tutta Italia, sono queste le persone a cui i nostri paesi DEVONO dare protezione ed accoglienza (e non solo una degna sepoltura).

Sono queste le storie dei 50 ragazzi che sono stati ospitati anche nel nostro progetto, qui a L’Aquila.

In questi momenti viene voglia di avere un progetto che possa ospitare non 15 ma 20, 50, 100 persone!

Ed allora sentire certe notizie fa male così come fa ancora più male il cinismo e la falsità dei politicanti di turno che piangono le vittime di un sistema inefficace.

Un sistema che non solo offende le vittime ma ancor di più lede la dignità dell’essere umano, di colui che è costretto a fuggire, a scappare, inseguito prima dalla violenza, poi dalle profondità del mare.''

Andrea Salomone
Coordinatore Progetto SPRAR
COMITATO TERRITORIALE ARCI L’AQUILA

 


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