Licio Di Biase presenta a Roma il libro su Giuseppe Spataro

Interventi di Andreotti, Tagliente e Tancredi

12 Giugno 2008   07:45  
“Giuseppe Spataro una vita per la democrazia” è il titolo del volume scritto da Licio Di Biase, edito da Ianierieditore e presentato a Roma il 9 giugno scorso, al Museo romano dedicato allo scultore di Giulianova Venanzo Crocetti.

Più che una presentazione è stata una vera e propria commemorazione della vita e dell’abnegazione politica di un uomo che andrebbe ricordato più spesso, e soprattutto raccontato ai giovani per il suo costante e intenso impegno politico, volto all’affermazione dei valori cristiani e cattolici in un’Italia, quale era allora, quasi del tutto nuova ai temi della giustizia sociale e della solidarietà verso le fasce più deboli, e che di nuovo si mostra vulnerabile all’affarismo e alle clientele di qualsiasi colore, purché potenti.

L’incontro si è tenuto alle 18 in via Cassia 492, ed è stato aperto da Antonio Tancredi, Presidente della Fondazione “Crocetti” e della Banca di Teramo che ne sponsorizza le attività culturali.Il primo intervento è stato naturalmente quello dell’autore del libro, politico e giornalista pescarese, profondamente legato alla figura di Spataro, originario di Vasto (Chieti), che definisce come il personaggio simbolo dell’esperienza politica dei cattolici italiani, prima e dopo la Seconda Guerra mondiale.In effetti, come anche attesta la puntuale e interessante ricostruzione che l’autore fa della vita di Spataro, vero e proprio esempio per coloro che vorrebbero porsi al servizio del Paese.Fin da giovanissimo, il protagonista del nuovo libro di Di Biase si distinse per l’attenzione profonda volta alle condizioni dei più disagiati, entrando nelle fila dei sindacati cattolici e soprattutto nella Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana), organizzazione che sotto il suo attivismo politico si rese autonoma dall’Azione cattolica, e di cui in seguito divenne presidente nazionale, fino a doverla lasciare per l’assiduo impegno che il Partito popolare gli richiese fin da subito. Spataro aveva solo 24 anni quando fu nominato vicesegretario di Luigi Sturzo. Da quel momento si pose come figura imprescindibile nell’evoluzione della democrazia di stampo cristiano nel Paese: dalla sua presenza nel Triumvirato che guidò il Ppi in seguito all’esilio di don Sturzo sotto il fascismo, alla conduzione ispirata dei partiti aventiniani, da vicesegretario di Alcide De Gasperi prima della disgregazione del Partito popolare, fino a ricoprire volutamente il medesimo ruolo alla nascita della Democrazia cristiana, passando per un ventennio di durissima repressione fascista nel quale mostrò di avere tutte le carte in regola dell’eroe di guerra. Spataro mantenne e gestì, infatti, i contatti tra i popolari di tutta Italia, lavorando coraggiosamente nonostante le condizioni di clandestinità, affinché il progetto della Dc potesse finalmente concretizzarsi.Non solo. Oltre ai vari mandati che il politico assunse con serietà e coerenza per la vita pubblica del Paese, dimostrò autentico amore anche per la sua terra.Fu Spataro infatti, in concomitanza con i suoi impegni ministeriali, a spingere per l’inserimento del suo Abruzzo nella Cassa del Mezzogiorno, salvando il territorio nostrano da un atavico isolamento e stimolando quello sviluppo economico e industriale che negli anni 70 e 80 condusse la regione a rinascere socialmente e politicamente.Un personaggio, dunque, di grande levatura ed eccellenza morale ma anche spassionatamente pratico e concreto, abile comunicatore e lavoratore instancabile, come attestano le parole del senatore a vita Giulio Andreotti (nella foto, con Di Biase) nel suo sentito intervento: “Un uomo indubbiamente colto e preparato ma soprattutto umile, in grado di mettere in relazione personalità politiche appartenenti a contesti diversi, un politico vero e ispirato, dalle grandi capacità organizzative, restio alle celebrazioni e alla vita mondana, che seppe raccogliere con un’apertura forse anche superiore a quella di Sturzo, la tradizione popolare cristiana in qualità di valore collettivo in difesa di tutti”. Anche l’avvocato Giuseppe Tagliente, consigliere regionale ed ex sindaco di Vasto, intervenuto dopo il Senatore, ha rimarcato l’importanza dell’impegno sociale di quel Vicesegretario democristiano che era molto di più di un Vice, e che proprio in virtù del suo mandato politico rilevante ma non troppo, fu in grado di  lavorare a una certa distanza dai riflettori, e di porsi come un uomo che “amava fare più che apparire” e soprattutto “essere piuttosto che sembrare”.Il tono solenne e formale della giornata commemorativa è stato poi stemperato da un intermezzo musicale di gran pregio e forza artistica, in cui il tenore Giuliano Di Filippo accompagnato al piano da Carlo Ponticelli Cuggiù, ha divertito il pubblico con l’interpretazione di famose arie napoletane e della vivace e colorita canzone abruzzese “Vola Vola”.La serata si è conclusa con il conferimento da parte della Banca di Teramo del Quattrino d’oro ad Andreotti, un riconoscimento che l’Istituto di credito teramano conferisce ai personaggi illustri che ritiene prevalenti nello sviluppo sociale e politico italiano: il presidente Tancredi, il vicepresidente Aladino De Paulis, il direttore Roberto Profeta e il consigliere Anna Maria Caccia hanno senz’altro evidenziato, tramite questa particolare “premiazione”, l’interesse abruzzese  per la crescita culturale e non solo economica di una regione che ha veramente molto da offrire.Un Abruzzo che reclama il riconoscimento ad oggi ancora non pienamente avvenuto, di una figura di grande rilievo storico e sociale quale è quella di don Peppino Spataro, esempio di cui tutti i politici e tutti gli elettori dovrebbero tener conto, in un’Italia fatta di partiti spudoratamente interessati alla propria sopravvivenza piuttosto che al bene del Paese e delle stesse persone che lo abitano.Alla domanda se nel panorama attuale sia rintracciabile una figura di levatura simile a quella di Spataro, Di Biase risponde senza mezzi termini che “le cose sono talmente cambiate da non consentire l’emersione di tali personalità politiche, né tantomeno il confronto con il passato”.Ai posteri l’ardua sentenza, con la speranza che qualche altro italiano, magari abruzzese, torni a dare un senso alla parola “democrazia”. Giovanna Di Carlo

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