Mancato pagamento fitti alloggi post sismici, Corte dei Conti, dimostrata incapacità del Comune

05 Giugno 2015   09:29  

 "Cio' che si rileva, infatti, e' la dimostrata, radicale incapacita' o riluttanza del Comune dell'Aquila nella gestione delle situazioni di morosita', cioe' l'inerzia nel prendere provvedimenti a tutela delle finanze comunali, previa individuazione delle singole posizioni interessate dall'inadempienza e delle relative ragioni (al fine di discernere i casi di effettiva fragilita' sociale rispetto a quelli di azzardo morale)".

E' un passaggio delle motivazioni di condanna della Corte dei Conti dell'Abruzzo, al Comune dell'Aquila, in relazione ai mancati sfratti dei morosi ai progetti Case e Map, alloggi provvisori antisismici sorti nel post terremoto.

La Procura regionale contabile aveva avanzato un maxi risarcimento di quasi 12 milioni di euro, ridotti a soli 150 mila euro, di cui 60 mila per la dirigente comunale, Patrizia Del Principe e 30 mila euro ciascuno per il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente ed gli assessori comunali, Fabio Pelini ed Alfredo Moroni (quest'ultimo non piu' assessore).

"Non e' tollerabile - proseguono i giudici contabili - in uno stato di diritto, che alcuni cittadini soltanto corrispondano quanto dovuto ad un ente pubblico, mentre altri, nelle stesse condizioni, si sottraggano a tale adempimento, in maniera eclatante, senza che l'amministrazione assuma in proposito alcuna iniziativa, non tanto e non solo a tutela delle proprie finanze, ma anche in adesione ad intuitive ed elementari aspettative di legalita' e di imparzialita', che necessariamente devono connotarne l'azione".

"Se cio' non e' ammissibile in situazioni di ordinarieta', meno che mai - sostengono sempre i giudici della Corte dei Conti - puo' esserlo in un contesto segnato dall'emergenza abitativa, qual e' quello in esame, in cui i presidi di imparzialita' e di uguaglianza assumono ancor piu' pregnanza, a tutela della dignita' stessa di famiglie in condizioni di particolare vulnerabilita'.

Non e' accettabile che l'obbligo di pagamento dei canoni e delle quote, puntualmente stabilito dalla regolamentazione comunale, sia rimasto sostanzialmente rimesso, per circa due anni, alla buona volonta' e al senso civico di coloro i quali, spontaneamente, abbiano adempiuto all'obbligo stesso, mentre rimanevano sconosciuti, quindi privi di qualsiasi conseguenza, i singoli omessi pagamenti, pur risultando nitida la percezione della morosita' complessiva.

Il problema, a ben vedere, non puo' essere ridotto alla semplicistica questione dell'omesso 'sfratto' dei morosi, vale a dire dell'allontanamento dagli alloggi di una quota di beneficiari attestantesi tra il 50% (per le quote) e l'85% (per i canoni) dei soggetti tenuti al pagamento.

Lo snodo cruciale dell'intera vicenda risiede nel fatto che il Comune non avrebbe dovuto rimanere inerte per poi trovarsi nelle condizioni di dover fronteggiare, per di piu' a distanza di tempo, una morosita' di tali proporzioni. In estrema sintesi - proseguono i magistrati contabili - il Comune si e' trovato nelle condizioni di dover 'sfrattare' per morosita' migliaia di nuclei familiari bisognosi di alloggio, evidentemente qualcosa non ha funzionato 'a monte', stanti le inadempienze e inefficienze nella gestione del rapporto con i debitori assegnatari degli alloggi".

 

 Per i giudici della Corte dei Conti dell'Aquila, nel motivare la sentenza di condanna nei confronti del Comune per i mancati sfratti dei morosi dei pogetti Case e Map, "la situazione - si legge in un passaggio - puo' essere cosi' sintetizzata: la "politica" attendeva le iniziative della "dirigenza"; la "dirigenza" attendeva istruzioni dalla "politica"; nel frattempo, pagava chi voleva.

Le uniche azioni intraprese dai convenuti sono state, in realta', inazioni, consistenti nel declinare le proprie prerogative e competenze rinviandole al futuro e demandandole prima a ditte esterne ancora da individuare (in esito a procedure concorsuali future, non bandite), poi alla SED (la quale pure ha operato, per le "quote", come da capitolato allegato alla delibera n. 468/2012), poi alla Guardia di Finanza (la quale ha efficacemente elaborato i dati forniti dal Comune stesso, mettendo l'Ufficio della Del Principe nelle condizioni di agire di conseguenza), poi ancora subordinando ogni iniziativa all'esito di un nuovo censimento, infine rimettendo la questione al Prefetto o alla Presidenza della Repubblica.

Si era verificata - evidenziano i giudici - in pratica, una soluzione di stallo operativo, determinata da una palese carenza organizzativa, in cui ciascuno dei convenuti restava inerte o assumeva iniziative meramente dilatorie, aspettando che prima o poi agisse l'altro; ciascuno ritiene oggi di non essere responsabile dell'inerzia, sicche' nessuno sarebbe responsabile, mentre e' evidente che tutti, in concorso, hanno contribuito al verificarsi della paradossale situazione rilevata dalla Guardia di Finanza". 


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