Stanno arrivando. Sono tinte di beige, di nero e marrone e sono pecore
dal manto “naturalmente” colorato, dalle tonalità calde ed autunnali;
velli pensati, studiati e modificati appositamente per creare raffinati
maglioncini, cardigan e quant’altro, tutti rigorosamente rispettosi
dell’ambiente. Basta un piccolo aiutino genetico e il gioco è fatto. Quella che
potrebbe sembrare un’assurdità è invece diventata una realtà, grazie agli studi
biotecnologici condotti dall’Univesità di Teramo, che dal 2006, in
collaborazione con l’assessorato regionale all’ agricoltura e all’ Arssa , lavora
a questo progetto chiamato non a caso “vestire l’ambiente”. Un progetto volto al
recupero e alla valorizzazione della millenaria tradizione pastorale abruzzese. Una mano tesa
agli allevatori ovini abruzzesi , dunque, per aiutarli ad uscire dalla
crisi che affligge il loro settore, per renderli più competitivi, pronti a vincere la sfida
con il mercato globale . Un settore in crisi, quello della pastorizia, che va
aiutato, e non solo perchè le attività pastorali hanno
contribuito in maniera rilevante alla formazione del paesaggio agro-forestale,
alla biodiversità e allo sviluppo economico e sociale della regione, ma anche
perché la presenza delle greggi nei sottoboschi abruzzesi potrebbe essere
un’efficace strumento per contrastare la piaga degli incendi estivi, che ogni
anno mette in ginocchio intere regioni del nostro paese. I pastori infatti,
potrebbero avere un’importante(seppur minima) funzione di prevenzione, in quanto
con la propria presenza sul territorio potrebbero tenere sotto controllo le
zone più a rischio; accanto a loro le proprie greggi potrebbero fare da veri e
propri “spazzini”, eliminando sterpaglie facilmente infiammabili. La pastorizia
è un’importante risorsa, che va valorizzata, ma vive oggi una crisi senza precedenti che
potrebbe portare a mutamenti irreversibili. Pertanto bisogna agire velocemente per
rilanciare opportune tecniche di attività pastorale. “Col progetto Vestire l’ambiente
abbiamo voluto dare una certezza alla tradizione della pastorizia, che può
diventare ricchezza per il territorio, qualcosa di potente e attraente, come in
Scozia o in Irlanda», ha infatti affermato Mauro Mattioli, rettore dell’Ateneo teramano.
Detto fatto . All’Università di Teramo è tutto
pronto. I capi di bestiame acquistati (11 femmine e quattro maschi),
sono stati triplicati grazie alla fecondazione assistita e dall’azienda
agricola dell’Ateneo, a Chiareto, sono stati trasferiti in quegli allevamenti che hanno aderito al progetto.
A spiegare tutti i particolari
dell’intervento ci ha pensato Barbara Barboni, coordinatrice del progetto: «Con programmi di selezione genetica agiamo
sugli animali già esistenti sul territorio, per aumentare il numero di capi in
grado di produrre lana di alta qualità, superiore a quella della lana grezza
appena tosata e con un valore economico 8-10 volte superiore rispetto alla
produzione attuale. Inoltre abbiamo introdotto nuove linee genetiche da
Australia e Irlanda, di origine merinos, con un vello naturalmente colorato».
Un altro aspetto importante del piano,ovvero la ricostruzione della filiera di trasformazione della lana ,
è stato sottolineato dall’assessore Marco Verticelli, che avverrà grazie all’adesione ad un consorzio
di allevatori di imprenditori ed aziende
di trasformazione artigianale della lana.
Un programma ambizioso, una sfida importante per la nostra regione, che arriva in concomitanza con la proclamazione da parte dell’assemblea generale dell’ ONU, del 2009 come anno Internazionale delle Fibre Naturali , per tutelare l’ambiente e per far crescere la consapevolezza del consumatore sull’importanza delle fibre naturali. Questo e rafforzerà la domanda di prodotti che ne fanno uso, dando così un contributo al miglioramento delle condizioni di vita di milioni di agricoltori che le producono ed al reddito complessivo dei paesi che le esportano.
(IP)