Omicidio Rea. La Cassazione: ''Parolisi è pericoloso e ha depistato le indagini''

19 Gennaio 2012   16:46  

Salvatore Parolisi è "pericoloso", è senza un alibi e ha depistato le indagini "con la messa in scena della siringa". Lo scrive la Cassazione nello spiegare perché, il 28 novembre, ha negato la scarcerazione del caporalmaggiore, accusato dell'omicidio della moglie Melania Rea.

Nei confronti di Salvatore Parolisi è stata individuata una "pericolosità specifica sia processuale che criminale desumibile, oltre che dalla particolare gravità ed efferatezza del delitto contestato, anche dal depistaggio posto in essere successivamente (con la messa in scena della siringa) e il deturpamento del cadavere", scrive la Prima sezione penale della Cassazione, nello spiegare perché ha detto no alla scarcerazione del caporalmaggiore, accusato dell'omicidio della moglie Melania Rea, avvenuto il 18 aprile scorso in un boschetto a Ripe di Civitella (Teramo).

Parolisi, dice la Cassazione nelle motivazioni contenute nella sentenza 2136, "non ha un alibi". In particolare, la Suprema Corte, convalidando il giudizio del Tribunale del Riesame dell'Aquila dello scorso 22 agosto, rileva che "nessun profilo di illegittimità è fondatamente ravvisabile nell'ordinanza impugnata, con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza", visto "l'esauriente e corretto riferimento compiuto dai giudici del riesame alla personalità del soggetto indagato ed all'individuazione di una pericolosità specifica sia processuale che criminale, quale desumibile, oltre che dalla particolare gravità ed efferatezza del delitto contestato, anche dal depistaggio posto in essere successivamente e il deturpamento del cadavere".

La Cassazione, nel respingere il ricorso della difesa di Salvatore Parolisi, rimarca "i profili di gravità indiziaria" come pure le "esigenze cautelari" nei confronti dell'uomo, unico indagato per l'omicidio della moglie Melania. Definendo "infondati" i motivi addotti dalla difesa del caporalmaggiore, piazza Cavour fa notare che il Tribunale dell'Aquila ha "correttamente applicato le norme e ha offerto, a sostegno delle sue valutazioni, una motivazione completa e logica che resiste a tutte le censure prospettate dalla difesa dell'indagato".

La Cassazione si trova d'accordo in tutto con il Riesame, a partire dall'attribuzione di "valore indiziante alle dichiarazioni del Parolisi in merito ai movimenti suoi e della moglie per la giornata del 18 aprile 2011". A tale proposito, si fa notare che correttamente i giudici di merito hanno evidenziato che "la versione fornita dall'imputato sugli spostamenti suoi e della moglie nella giornata del 18 aprile sia rimasta sostanzialmente costante nel tempo, venendo confermata anche in sedi extraprocessuali e, quel che più conta, che la stessa risulta formulata nelle sue linee essenziali gia' in sede di denuncia della scomparsa della Rea, in un atto cioe' che, come correttamente precisato nell'ordinanza impugnata, appartiene ad un primissimo momento processuale, in cui nessun elemento indiziante a carico del Parolisi poteva rappresentarsi".

Per la Cassazione, Salvatore Parolisi non ha un alibi. "Occorre considerare - scrivono i supremi giudici - che risultando incontestato nel presente giudizio il dato fattuale secondo cui l'omicidio della Rea venne sicuramente commesso in Ripe di Civitella, nel luogo stesso in cui fu rinvenuto il cadavere della vittima, non sembra seriamente confutabile che a tali dichiarazioni dell'imputato, in quanto dirette a sostenere che all'ora in cui si assume che il reato sia stato commesso egli si trovasse 'altrove', in tutt'altra localita', possa, a ragione, attribuirsi il significato dell'indicazione di un alibi".

Per amore di "completezza", poi, la Cassazione fa notare che anche se alle dichiarazioni di Salvatore Parolisi non si volesse attribuire il significato di "alibi falso", in ogni caso "nessun profilo di illegittimità può ravvisarsi nella decisione del Tribunale che ha attribuito al carattere menzognero delle dichiarazioni dell'indagato una valenza indiziaria, sia pure complementare, ove si consideri che legittimamente il giudice puo' trarre argomenti di prova anche dalle giustificazioni manifestamente infondate dell'imputato, specie allorquando, come avvenuto nel caso in esame, si registri la presenza di significativi e rilevanti elementi di accusa a carico dello stesso, quale l'accertata presenza di una più che consistente causale, a lui riferibile in via esclusiva".


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