Piazza Navona dice no al ''decreto ammazza precari''

Roma, la giornata del 14 novembre

15 Novembre 2008   12:58  

VIDEO - INTERVISTA - L’ hanno detto e l’ hanno fatto. Ieri, 14 novembre 2008 l’onda umana degli universitari italiani ha invaso pacificamente la Capitale, rispondendo con passione, gioia, e rinnovata presenza intellettuale alle misure imposte dal governo al mondo dell’alta formazione e della ricerca.

Tanti i pullman partiti da tutta Italia, i treni speciali, le auto private, oltre 200 mila i manifestanti, più di 4000 gli studenti che hanno raggiunto i colleghi romani già dal giorno precedente lo sciopero nazionale, ospitati con i loro sacchi a pelo nelle facoltà occupate della Sapienza. Tutti riuniti ancora una volta dopo la grande manifestazione del 30 ottobre scorso, con l’intenzione di rispondere ‘presente’ all’appello delle rappresentanze studentesche italiane e delle forze sindacali, compatte come non mai nella battaglia contro i “provvedimenti ammazza precari” voluti da Tremonti, Gelmini e Brunetta, a difesa dell’ Università pubblica in qualità di “centro propulsore della crescita culturale” sociale ed economica del Paese, e della ricerca, senza la quale l’ Italia cesserebbe di progredire, sprofondando in un clima di ristagno e ignoranza che “ci riporterebbe indietro nel tempo, lontani da quel futuro che invece può e deve essere realizzato”.

La giornata è iniziata con qualche nuvola capricciosa, per poi aprirsi ad un sole insolitamente caldo e forte ad illuminare i tre grandi cortei che hanno attraversato la Città Eterna: sindacati, docenti e ricercatori sono partiti da piazza Bocca della Verità, passando per via del Teatro Marcello, Botteghe Oscure e Corso Vittorio, per confluire verso le 12 nella splendida piazza Navona, dove Flc Cgil e Uil hanno tenuto un comizio finale arricchito dalle testimonianze di giovani precari della ricerca, e dai rappresentanti dei movimenti studenteschi italiani. Un percorso all’insegna della sensibilità artistica e della consapevolezza storica quello scelto dagli universitari della Sapienza (oltre 30 mila studenti), che dopo essersi riuniti a piazza dei Cinquecento davanti la stazione Termini, hanno accolto il corteo delle medie romane(10 mila ragazzi), e aspettato pazientemente i numerosi colleghi giunti da tutto il Paese, per attraversare festosi via Cavour, i Fori Imperiali e la sconfinata piazza Venezia, giungendo soltanto alla fine di un dibattito che per la prima volta dopo anni, ha visto esprimersi direttamente sul palco e per diversi minuti, alcuni dei lavoratori simbolo della precarietà occupazionale che sconvolge il Paese.

Orfane della Cisl, che ha evidentemente ritenuto sufficienti le rassicurazioni fornite dalla Gelmini a sole 48 ore prima dello sciopero, Cgil e Uil hanno espresso convinte le loro posizioni, sulle quali al momento “non intendono cedere”. Le proteste e le perplessità sollevate nel corso degli interventi hanno riguardato i tagli alle retribuzioni del personale accademico e della ricerca voluti da Tremonti e Gelmini, lo stop ai concorsi straordinari per ricercatori, le misure “indiscriminate” adottate da Brunetta in relazione alle assenze per malattia, la trasformazione delle Università in Fondazioni di diritto privato, il congelamento dei processi di stabilizzazione dei precari, il “taglio dei fondi e l’attacco all’autonomia” degli Enti pubblici di ricerca, e dell’ Afam (Alta Formazione Artistica e Musicale), e molte delle altre tematiche affrontate nei giorni scorsi, e “destinate a monopolizzare l’attenzione dei media fino a quando non cambieranno le cose.”

Oltre alle numerose delegazioni dei grandi Istituti di ricerca italiani come Istat, Enea, Cnr, Inaf, le rappresentanze studentesche e il corpo docenti delle Accademie di Belle Arti, dei conservatori e delle Università di tutta Italia, anche Legambiente e Alitalia hanno espresso la propria solidarietà nella lotta al precariato, facendosi sentire in una piazza Navona compatta e decisa nell’affermazione dei valori della democrazia, della pubblica istruzione e del diritto al lavoro.

Particolarmente intenso l’intervento del segretario generale di Flc Cgil Domenico Pantaleo, che si è detto deciso a mandare avanti la battaglia per l’annullamento della legge 133, decreto “inaccettabile” che rende impossibile il dialogo tra sindacati e governo sulla riforma del sistema pubblico dell’istruzione e della formazione. Un contributo speso soprattutto a favore dei giovani, costretti alla povertà, alla dipendenza dalla famiglia d’origine,al lavoro sommerso e all’emigrazione da “un governo che non vuole bene all’Italia”. Dall 'intervento di Mimmo Pantaleo: “Finalmente in questa piazza si realizza un nuovo patto tra generazioni , i giovani con gli adulti, i lavoratori con i precari, gli studenti con i sindacati, uniti per dare al Paese un futuro diverso da quello che si prospetta oggi […]. Come si fa a dichiarare che mancano i ricercatori e poco dopo spingere quegli stessi ricercatori nella precarietà? Che innovazione è trasformare l’istruzione pubblica in un affare privato? Che strana forma di innovazione … abolire il dettato della Costituzione italiana che parla di diritto all’apprendimento per tutti, indipendentemente dalla condizione economica, dalla razza, dalla religione. Noi vogliamo un’Italia con un’Istruzione che sia di qualità e nel contempo di massa. Il governo si dice 'disponibile' al dialogo, come fosse una concessione. In un Paese democratico il dialogo è la normalità. […] Noi accogliamo la sfida del Paese reale, non quello delle veline e della televisione. La protesta continuerà. Questo è solo l’inizio”.

 

Intervista a Tino Colacillo, rappresentante Udu al Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari.

Tino Colacillo, qual è il bilancio di questa giornata romana trascorsa interamente a sfilare per il diritto allo studio, alla ricerca, e al lavoro?

“Positivo. Una manifestazione che ha raccolto larghi consensi nonostante sia stata organizzata senza la partecipazione della Cisl. Dall’Aquila sono partiti 4 pullman con oltre 200 persone, un altro centinaio da Pescara e Chieti, mentre a Teramo hanno scioperato in sede per via di alcuni problemi organizzativi, qualcuno però a scelto di venire autonomamente a Roma”.

Una manifestazione pacifica, forse con qualche bandiera in più rispetto a quella che si è tenuta il 30 ottobre scorso …

“Si. A differenza della scuola, all’interno delle Università sono presenti collettivi marcati a livello ideologico. Il grosso del movimento però è studentesco e riesce a portare avanti iniziative a difesa di temi ritenuti essenziali indipendentemente dagli schieramenti politici. Questa è la grande differenza del movimento attuale rispetto a quelli del 68, del 77 o degli anni 90. Tant’è che l’ Udu protestò anche contro le misure prese da Mussi qualche anno fa, un Ministro di centrosinistra. Si tratta di un fenomeno certamente apartitico, ma non apolitico. Non bisogna nascondere le differenze.”

Sembra che i sindacati abbiano preso a cuore le vostre ragioni. A che livello vi siete sentiti rappresentati e compresi dalla manifestazione di ieri?

“Con la Flc Cgil c’è una grande sintonia d’intenti, condividiamo l’idea di un’Università pubblica, accessibile a tutti, senza differenze sociali ed economiche.”

Nessuna incongruenza?

“Non ci sono incongruenze, piuttosto qualche differenza nell’approccio, ma è normale: i sindacati spostano l’attenzione sulle questioni contrattuali della docenza in un’ottica più politica, noi ci occupiamo del diritto allo studio, delle borse di studio, dell’offerta formativa. Siamo organizzazione autonome, ma il livello di sintonia è alto.”

Quale futuro intravedi per gli studenti abruzzesi?

“Uno scenario dove gli sbocchi lavorativi verranno ulteriormente ridotti. L’area di formazione tecnico scientifica sta assistendo al disfacimento del tessuto tecnologico e industriale abruzzese, l’area umanistica con i suoi laureati in Lettere e Scienze della Formazione va incontro ad un momento di grande difficoltà: con il blocco della SSIS, i tagli della Gelmini e la precarietà generale che dilaga nel Paese, le opportunità di lavoro si ridurranno al minimo. A preoccuparci più di ogni altra cosa sono le condizioni economiche della Regione, il precariato rischia di estendersi -e di fatto si è già esteso- anche al momento formativo del giovane: meno case dello studente, meno borse di studio, meno agevolazioni … Qualche anno fa assieme alla Cgil e alla Fondazione Cesar realizzammo un’inchiesta sulle condizioni socioeconomiche degli studenti lavoratori: venne fuori che circa il 70% degli studenti lavorava in nero. Il rischio di oggi è che non si possa più studiare.”.


Giovanna Di Carlo




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