Prometheus e la ricerca della vita nell'Universo grazie alla liberalizzazione dell'impresa spaziale

20 Settembre 2012   07:45  

Prometheus è l’incipit apocalittico di Ridley Scott alla ricerca di Dio e dell’origine della vita nell’Universo grazie alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata. Prometheus è un omaggio all’Islanda ed all’Europa, ai nostri cervelli pronti a inventare il reale Warp Drive sulla base della Relatività Generale di Einstein. Promethesus è la caccia all’energia negativa in grado di far muovere oltre la velocità della luce lo spaziotempo attorno alle future navi interstellari. L’Astronave Prometheus di Ridley Scott esplora il mondo alieno LV-223 grazie alle Weyland/Yutani Industries frutto della privatizzazione dell’impresa spaziale scientifica e commerciale. Quando la realtà supera la fantasia: ecco la vera Prometheus della Orbital Sciences. Oggi le Corporation posso davvero inaugurare la nuova era dell’esplorazione cosmica per fini commerciali e industriali. Siete pronti a partire per visitare davvero i pianeti alieni appena scoperti? “La storia di Prometheus – rivela Ridley Scott – è l’idea che se ricevi un dono dagli dei, non devi abusarne e non devi pensare di competere con loro. Prometeo rubò il fuoco e, come punizione, fu condannato ad essere straziato da un’aquila tutti i giorni per l’eternità. Ogni notte il suo ventre ritornava normale e la mattina dopo l’aquila tornava per cibarsi nuovamente con le sue interiora. È un purgatorio perpetuo. In buona sostanza non si scherza con gli dèi”. I segreti di Prometheus e le eterne domande di Ridley Scott sull’Umanità:“Questa palla sulla quale siamo seduti in questo momento è stata qui per tre miliardi di anni o un miliardo? Siamo stati i primi ominidi? Atlantide che cos’è? Da dove viene? È reale, lo è stato, è un ricordo, è esistita? E se è esistita, è esistita 250.000 anni fa? Chi e come l’ha creata? La vita: c’è stata una forza che ha guidato questo processo? È un’idea o un’entità molto più grande di quanto possiamo fantasticare? C’è un Dio o non c’è un Dio? Siamo una piastra da laboratorio e, se sì, di chi? Qual è la forza, quale l’entità che non possiamo neanche immaginare, solo perché non abbiamo ancora superato quella linea?”. Il Telescopio Spaziale Spitzer osserva la sua prima super-Terra, “55 Cancri e”. La Nasa estende le missioni dei telescopi spaziali Spitzer, Planck e Kepler, a caccia di mondi alieni come la Terra, in colloraborazione con la European Space Agency. Come fa la Prometheus ad evitare di finire dentro una stella, un pianeta vagabondo, un asteroide e una cometa?    

(di Nicola Facciolini)

“Timeo Danaos et dona ferentes”(Publio Virgilio Marone, Eneide, Libro II, 49). Sono le parole pronunciate più di tremila anni fa da Laocoonte ai Troiani per convincerli a non far entrare il famoso cavallo di Troia (astuzia di Ulisse) tra le possenti mura della città di Ilio. “Temo i Danai anche quando portano doni”: secondo l’antica massima dei Romani, mai fidarsi dei portatori di doni. Anno Domini 2093. Nella tela del ragno fin troppo ingenuamente cade l’equipaggio scientifico della nave interstellare Prometheus (United States Commercial Star Ship, liberamente ispirata a progetti autentici della Nasa e dell’Agenzia Spaziale Europea, compresi i veicoli di esplorazione esoplanetaria, e di Star Trek) costruita dalle Weyland Industries ( HYPERLINK "http://www.weylandindustries.com" www.weylandindustries.com, nella saga di “Alien” il vero nome della compagnia è Weyland/Yutani, contrassegnata dal logo sul quale campeggiano una “W” con al centro una “Y” gialla) il vascello di esplorazione scientifica del mondo alieno LV-223 filmato tra le spettacolari cornici giurassiche delle pendici del vulcano Hekla nell’Islanda meridionale e le impressionanti cascate islandesi settentrionali Dettifoss, le più maestose d’Europa. Secondo alcuni LV-223 sarebbe una luna di un gigante gassoso forse in orbita attorno alla stella nana HD245409, meglio nota come Gliese 208, nella costellazione di Orione, distante circa 37 anni luce dalla Terra. Astro di quasi mezza massa solare che pare sia passato dalle nostre parti, a meno di 5 anni luce, circa mezzo milione di anni fa. Stella verso cui, il 6 luglio 2003, i radioastronomi ucraini di Eupatoria, grazie all’RT-70, inviarono la “Cosmic Call 2”, un breve messaggio ( HYPERLINK "http://www.cplire.ru/html/ra&sr/irm/CosmicCall-2003/index.html" www.cplire.ru/html/ra&sr/irm/CosmicCall-2003/index.html) interstellare che dovrebbe giungere su quel lontano sistema nell’Agosto del 2040. Forse esploreremo davvero Gliese 208, prima della risposta degli alieni! La Prometheus non è solo l’astronave protagonista del nuovo kolossal in 3D del leggendario regista Ridley Scott, un velivolo multiruolo in grado di operare perfettamente nel volo interstellare ed atmosferico, ma è un vero progetto tecnologico che nasce da una compagnia commerciale privata. Pare che Virgilio si sia ispirato alla frase scritta da Sofocle della sua tragedia Aiace (665):“I doni dei nemici non sono doni, né benefici”. Perchè non si scherza con Dio come piace a Hollywood. Nè con gli “dèi”, cioè tutti quegli esseri più o meno intelligenti come l’Uomo che, prima o poi, potrebbero giocare brutti scherzi all’Umanità. Come in “Star Trek V: The Final Frontier” anche in Prometheus (in Italia vietato ai minori di 14 anni) la motivazione principale del viaggio è la ricerca di Dio e delle origini della vita attraverso un’astronave. Idem per i nuovi alieni xenomorfi creati in “Alien vs. Predator: Requiem”. Ma per la Weyland Corporation, a quanto pare, sono tutti sacrificabili ( HYPERLINK "http://www.projectprometheus.com/" www.projectprometheus.com/) in nome degli affari, dei profitti e della “scienza”. Prima incoerenza colossale. Questo comportamento assai poco strategico, commerciale e razionale non depone sicuramente a favore dello sviluppo dell’impresa spaziale privata, forse agognata dalla pellicola, le cui principali motivazioni economiche non potrebbero mai sussistere sulla base della filosofia delle pedine sacrificabili: navigatori interstellari o spettatori che dir si voglia. Ma Prometheus nel primo week-end ha raccolto quasi due milioni di euro nel Belpaese. Gli incassi, in crescita, sono comunque non eccezionali rispetto ad Avatar. Il messaggio del prequel di “Alien” secondo Ridley Scott è chiaro. Esorcizzare le future catastrofi spaziali. Per la serie: state attenti, là fuori! Potreste incontrare di tutto. Voraci insetti xenoformi e spietati dinosauri sono pronti a ghermirvi perchè sui loro mondi alieni sono loro al vertice. Prometheus è solo fantascienza? Grazie alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata, oggi negli Usa le Corporation posso inaugurare la nuova era dell’esplorazione cosmica per fini commerciali e industriali. Tra qualche anno anche nello spazio esterno oltre la Luna, perchè i minerali abbondano là fuori. Compresa l’acqua, quella più pesante del prezioso liquido contenuto nei nostri oceani. Hollywood fa la sua parte, non sempre, centrando l’obiettivo. Con il kolossal Avatar di James Cameron c’eravamo quasi andati vicino, ad appena 4 anni luce dalla Terra, su Alpha Centauri. Stavolta si preferiscono le lunghe distanze. Forse raffreddati dal “gavettone” politico statunitense per le aspettative poco ottimistiche di crescita, anche in campo spaziale, espresse dalla Presidenza di Barack Hussein Obama. Il quale, dopo due guerre agli “sceicchi del terrore” post Undici Settembre e dopo aver chiuso alla Nasa i rubinetti finanziari pubblici dei programmi Constellation (esplorazione umana permanente della Luna, inaugurata dal Presidente G. Bush jr.) e Space Shuttle, ha certamente creato le condizioni per una “primitiva” liberalizzazione delle imprese spaziali private, limitandone però le attività alla sola orbita bassa terrestre. Cioè allo sviluppo ed alla costruzione di navette di collegamento alla Stazione Spaziale Internazionale. Ulteriori speranze (riconquista della Luna, conquista di Marte e Giove, prime missioni interstellari) potrebbero giungere dalla Presidenza Usa del repubblicano Mitt Romney (con Paul Ryan, vice Presidente: un cattolico al comando della Nasa!) sempre che vinca le elezioni del 6 Novembre 2012. L’attesissima ultima fatica di Ridley Scott ha riacceso le speranze per quello che moltissimi hanno già definito un piccolo capolavoro economico da Nobel: l’inaugurazione ufficiale dell’Economia dell’Idrogeno e della conquista umana del Cosmo con vere astronavi interstellari ideate, sviluppate e costruite da industrie, istituzioni e corporation in grado di creare subito un miliardo di posti di lavoro sulla Terra. Per un mondo senza più guerre, fame e malattie che sono causate da conflitti territoriali e regionali basati sulla vecchia economia predatoria dei combustibili fossili. Il prequel di Alien lascia presagire almeno altri due sequel per Prometheus. La storia è sicuramente potente: la ricerca di Dio e delle origini dell’Umanità attraverso le ricerche di due archeologi convinti che la nostra civiltà sulla Terra sia in realtà nata tra le stelle. Idea non nuova ma affascinante. Che, però, sposta altrove i termini del quesito fondamentale peraltro senza risolverlo: chi o che cosa ha creato o portato sulla Terra i mattoni della vita, cioè gli Antenati dei cianobatteri? Anche in Prometheus troviamo l’eterna lotta contro il mostro e il cattivo di turno: l’Uomo e l’automa (l’altra creatura del nostro Leonardo da Vinci) positronico David dovranno lottare per sopravvivere, cercando di rispondere in tempo reale a interrogativi laceranti. Espressioni di una fantascienza muscolare, a tratti horror, in grado di sospendere il giudizio della ragione quanto basta per divertirsi o spaventarsi, magari in febbrile attesa dei titoli di coda. Qui manca però il fascino e l’azione della splendida navigatrice interstellare Sigourney Weaver (il tenente Ellen Ripley) che nel primo Alien (a bordo dell’astronave commerciale Nostromo in viaggio di ritorno verso la Terra dal pianeta Thedus con un grosso carico di minerali) è riuscita a ridisegnare per sempre la femminilità cinematografica fantascientifica. Siamo nel filone fanta-horror degli Anni Cinquanta del secolo scorso, svuotato della “purezza” che caratterizzava le pellicole di quel tempo come nell’immortale e inimitabile “Pianeta Proibito”. In Prometheus non ci sono mascotte come il gatto Jones di Ripley. Qui gli alieni cattivi oltre ad essere bruttissimi, brutali e disgustosi sono anche “Ingegneri”(triste metafora eterna dei politicanti che non riescono a mettere in totale sicurezza anti-sismica le case e le città degli Italiani prima di altre catastrofi naturali, condannando il Belpaese alla decrescita) affetti da una strana sindrome psicologica al confine tra darwinismo ed evoluzionismo. Altra eterna lotta “bordenline” dagli esiti imprevedibili. A proposito, la nuova scimmia Lesula scoperta in Africa, qualcosa dovrebbe pur suggerire agli inguaribili “infedeli” della scienza e dei misteri dell’Universo! La ragione non sempre è contro l’Uomo. Sicuramente fede, scienza e tecnologia al servizio dell’Uomo possono prevenire grandi disastri ed effetti collaterali come il patetico sogno d’immortalità che non risparmia alcuno, neppure gli automi, e il complesso di Edipo da competizione. Qui Prometheus docet. Come sempre, l’automa Michael Fassbender, bravissimo, e la sentimentale Rapace, dai ragionamenti stereotipati, salvano il salvabile di una pellicola che passa dalla padella alla brace di una narrazione (il tema della grotta-morte-salvezza è splendidamente celebrato in Star Trek senza eccessi e divieti) che preferivamo avulsa da scene truculente e polpettoni alla “Lost”. Peccato per i pochi adrenalinici esterni (volo interstellare compreso!) che avrebbero sicuramente bilanciato la struttura narrativa piuttosto debole di un film di due ore. Troppe per sapere di dover attendere almeno il primo dei due sequel per capire dove si andrà a parare. Avremmo certamente assaporato i segreti dell’addestramento al volo interstellare (magari in flash-back) dei piloti umani e di David. Qui, invece, si dorme soltanto per tutto il viaggio spaziale perché, come al solito, nel crio-sonno i sogni sono impossibili. E così bisogna lavorare di fantasia per non rimanere basiti. Ma niente poesia, niente amore, niente speranza, niente fede. Solo morte, errore e distruzione. Come avrebbero mai potuto simili “Ingegneri” creare tutta la bellezza della vita qui sulla Terra? Da un errore semplice o madornale? Da una fialetta nera maleodorante ma necessaria al brodo primordiale? Da una ricetta segreta che esclude Dio? Dal genio creativo di Ridley Scott molti attendono una seria e coscienziosa rielaborazione, se non un ripensamento, che sicuramente sortirà frutti migliori nei suoi prossimi kolossal spaziali. Perché se è vero che l’automa David rende omaggio al magico HAL9001 dell’immortale pellicola “2001 Odissea nello Spazio” del grande Kubrik, va anche detto che nel Terzo Millennio cristiano per gridare al capolavoro cinematografico da Oscar non basta inzuppare un pianeta alieno di viscidi mostri amorali e di truculente scene di morte. Il punto è che la buona fantascienza ci ha donato negli ultimi anni capolavori come l’Avatar di James Cameron e il “Moon” di Duncan Jones, rispettivamente un kolossal spettacolare e un film visionario indipendente che hanno riscritto per sempre la sintassi del genere fantascientifico, condizionando anche Star Trek. Queste opere fanno apparire Prometheus davvero superato, obsoleto, compassato, velleitario. Il 3D decisamente non può bastare a salvare la situazione visti gli obiettivi industriali seri che si propongono queste pellicole tecnologicamente profetiche per il destino dell’Umanità e non soltanto per l’intrattenimento ufficiale della Fox. Ridley Scott con Prometheus ci ha fatto dono di un’ineccepibile pellicola di astronautica commerciale e scientifica privata, obbligatoriamente poco razionale sul fronte della sicurezza degli equipaggi durante le operazioni di sbarco sugli esopianeti alieni. Nella realtà – è questa la morale – i protocolli di navigazione, di sicurezza e di emergenza andrebbero sicuramente migliorati per non lasciarsi infinocchiare, fatte naturalmente salve le leggi della robotica di Asimov. Ridley Scott ha riscritto la moderna science-fiction, oltre 30 anni fa, con Alien e Blade Runner imponendo i nuovi standard per il genere. Con Prometheus è tornato alla fantascienza che ha contribuito a definire la mitologia originale del film. Che nasce dal dna di Alien (il suo creatore, Carlo Rambaldi, autore anche di E.T., che nel 1980 vinse l’Oscar per i Migliori effetti speciali, ci ha lasciati lo scorso Agosto 2012) ma spazia altrove per indagare la conoscenza dell’Umanità sui segreti dell’Universo e per esorcizzare i futuri pericoli degli esploratori interstellari. Scott è uno dei più apprezzati e ricercati registi in attività: la sua carriera comprende alcuni dei più importanti film della storia del Cinema. Oltre ad Alien e Blade Runner, Scott ha realizzato classici del cinema come Thelma & Louise, Il gladiatore, Black Hawk down e il filo-islamico Le Crociate. Ha lavorato con attori come Russell Crowe (Robin Hood), Denzel Washington (American Gangster), Leonardo Di Caprio (Nessuna verità), Demi Moore (Soldato Jane), Tom Cruise (Legend) e Michael Douglas (Black Rain - Pioggia sporca). E con creativi come l’abruzzese storyboard artist Cristiano Donzelli. Alle star ha aggiunto Charlize Theron, Michael Fassbender, Noomi Rapace, Idris Elba e Logan Marshall Green del cast di Prometheus. La sceneggiatura è stata scritta dal creatore di Lost, Damon Lindelof, e dall’autore de L’Ora Nera, Jon Spaihts. La sua vision di Prometheus, grazie a Pietro Scalia, trae le fondamenta dalla sua stessa carriera. “La science-fiction – rivela Ridley Scott – è un magnifico universo per la creatività. È un’arena dove puoi mettere tutto. Ma devi stare attento che la storia sia buona e non abusata, che non sia qualcosa di falso. C’è una preoccupante mancanza di originalità oggigiorno. È solo un contorno e utilizza le stesse idee. Fondamentalmente c’è l’opportunità di fare tutto quello che vuoi, a patto di avere un tuo libro delle regole. Devi prima delineare le regole della tua storia e, all’interno di quell’universo, inserire il tuo libro delle regole. Penso che sia successo questo - non abbiamo delineato abbastanza regole quando abbiamo creato il nostro materiale. È come scrivere un libro o un articolo: va diviso in tre parti. C’è un inizio, una parte centrale e una fine. Non c’è nulla di diverso dallo scrivere un libro o una sceneggiatura. La parte più difficile è tirare fuori una dannata, buona sceneggiatura”. La passion di Ridley Scott per la science-fiction è nata “grazie al lavoro di Jean Giraud - Moebius - ed alle sue meravigliose illustrazioni, pensando che erano perfette per magazine come Métal Hurlant e tutte quelle pubblicazioni che io nascondevo ai miei figli, perché troppo violente e sessualmente esplicite. Erano delle striscie a fumetti per adulti ma non ti tiravano alcun pugno, e io pensai, "questa è la via". Infatti, Moebius ha disegnato i miei costumi per Alien. L’idea della science-fiction è uscita fuori all’improvviso. Io sono un designer incallito, e lo sarò sempre, e mi stavo divertendo ad immaginare una storiella semplice quando vidi Star Wars. E Star Wars ha dato una bella sterzata ai miei piani”. Alien fu una reazione natural a Star Wars. “Mi sono detto:"Santo Dio, da dove è uscito questo tizio?"(George Lucas). Ha interrotto i miei piani e mi ha fatto cambiare totalmente idea”. I film apocalittici raccontano la “fine”, Prometheus è il modo di andare nella direzione opposta per immaginare com’è stato l’inizio della vita. “È così. È sull’inizio della vita e sul “what if”(che cosa sarebbe successo se...). È un grande “what if”. Questa palla sulla quale siamo seduti in questo momento è stata qui per tre miliardi di anni o un miliardo? Qualunque sia la risposta, è tantissimo tempo. È solo la nostra arroganza che ci fa dire:"Siamo stati i primi". Siamo i primi ominidi? Lo dubito molto, molto seriamente. Nelle nostre memorie o leggende sentiamo parlare di meravigliose, strane cose come Atlantide: che cos’è? Da dove viene? È reale, lo è stato, è un ricordo, è esistita? E se è esistita, è esistita 250.000 anni fa? Non ne è rimasta traccia al giorno d’oggi. Chi e come l’ha creata?”. Sull’apparente sorprendente similitudine tra culture che si sono sviluppate in zone lontane del pianeta, Ridley Scott innesta la sua storia. “Assolutamente, è qualcosa che ci sfugge. Qualcosa che ci sfugge veramente. C’è stata una forza che ha guidato questo processo? E un’idea o un’entità molto più grande di quanto possiamo fantasticare? È come la formica accanto a te che non ti vede. Non sa neanche che tu sei lì. Io però penso ci sia una differenza, perché noi siamo abbastanza intelligenti da capire: "oh, c’è un tipo veramente grande" è una metafora interessante”. I personaggi di Prometheus affrontano questi temi in vari modi. “Hanno differenti tesi al riguardo sul fatto di essere stati visitati, che è un’idea vecchia. C’è un Dio o non c’è un Dio? Siamo una piastra da laboratorio e se sì, di chi? Qual è la forza, quale l’entità che non possiamo neanche immaginare, solo perché non abbiamo ancora superato quella linea?”. James Cameron ha avuto successo digitalizzando Avatar, Prometheus invece sembra più concreto. “Penso che Jim abbia alzato l’asticella sia per il risultato e la storia sia per come l’ha portata a termine - ha avuto pazienza... quattro anni e mezzo! - ma io non volevo muovervi in quella direzione, e neanche la Fox. Inoltre, quello che avevo era ciò che mi aspettavo. Quello che ho da dire fa abbastanza paura, mentre Jim non è molto interessato in questo genere di film. No, si è evoluto. La verità è che se sai da prima ciò che vuoi fare, sarà sicuramente più economico. Gli effetti digitali non sono economici. Abbiamo fatto questo film spendendo veramente poco”. Il significato titolo del film è eloquente. “La storia di Prometheus è l’idea che se ricevi un dono dagli dei, non devi abusarne e non devi pensare di competere con loro. Prometeo rubò il fuoco e, come punizione, fu condannato ad essere straziato da un’aquila tutti i giorni per l’eternità. Ogni notte il suo ventre ritornava normale e la mattina dopo l’aquila tornava per cibarsi nuovamente con le sue interiora. È un purgatorio perpetuo. In buona sostanza, non si scherza con gli dèi”. E le altre astronavi di Ridley Scott che prefigurano lo sviluppo dell’impresa commerciale spaziale? La nave cargo Nostromo nel primo Alien trasporta materiale minerario grezzo che viene raffinato durante i 20 mesi di viaggio di ritorno verso la Terra. È divisa in due sezioni: una navetta con ponte di comando, sistema di navigazione, e stiva con attrezzature minerarie, e una sezione di raffineria. La Nostromo ha un sistema informatico perfettamente integrato (Apple Inc. docet) nell’hardware chiamato Mother programmato con delle direttive che riguardano l’eventuale ritrovamento di artefatti sconosciuti, l’intercettazione di qualunque fonte dalle caratteristiche non convenzionali o umane (segnale di soccorso alieno), prima di svegliare l’equipaggio in crio-sonno e istruirlo sulle coordinate del ritrovamento. La Nostromo è l’apocalittico palcoscenico dalle ambientazioni claustrofobiche spaziali, dopo l’atterraggio su un pianeta sconosciuto, in prossimità della stella Z2 Reticuli (ricordate il primo rapimento alieno di Barney e Betty Hill, nella notte tra il 19 e il 20 Settembre 1961, ufficialmente riconosciuto nel 2011 dallo Stato del New Hampshire negli Usa e la mappa stellare vista da Betty a bordo dell’astronave extraterrestre?) delle vicende che coinvolgono una forma di vita sconosciuta ostile e il suo equipaggio. In “Alien 2” di James Cameron (siamo nel 2179, ossia 57 anni dopo i primi eventi) LV-426, l’inospitale pianeta sul quale era atterrata la Nostromo e dove erano state trovate le uova aliene, è stato nel frattempo esplorato e colonizzato dai terrestri “battistrada” per il “terraforming” esoplanetario grazie a colossali impianti termonucleari. Imbarcata sulla USS Sulaco, il tenente Ellen Ripley fa la conoscenza dei Marines coloniali per distruggere gli alieni che hanno fatto strage dei terrestri. Oggi Prometheus non è un semplice Prologo. Forse, siamo in un universo alternative, senza memoria dei fatti passati e futuri. Ne è consapevole Damon Lindelof, co-creatore di “Lost”. Autorizzato da Jon Spaihts, ha ampliato la storia originale all’inverosimile, cioè potenzialmente aperta a mille scenari conclusivi, indirizzandola però su uno stretto sentiero di discesa nell’universo di Alien. Per cui la fine della storia non sarà il primo Alien. Forse uno dei suoi “spin-off” in compagnia dell’altrettanto famoso Predator? Dipenderà dal successo commerciale del primo Prometheus, ammette Michael Ellenberg, uno dei produttori esecutivi della pellicola. D’altra parte l’edizione speciale del secondo Alien (ma anche la scena finale del quarto) lascia intravedere anche ulteriori interessanti sviluppi del personaggio “storico” di Ellen Ripley, di sua madre e della sua famiglia. Gli applausi dei fan non mancheranno se la 20th Century Fox e il suo CEO Tom Rothman, decideranno favorevolmente in proposito. L’Astronomia esoplanetaria, da parte sua, nutre ogni speranza. Non passa giorno, ormai, senza la scoperta di nuovi pianeti alieni al di fuori del nostro Sistema Solare, in qualche angolo sperduto della nostra Galassia. Se non fanno più notizia, la colpa è soltanto dei media non liberi. Perché stavolta gli esopianeti appena scoperti dalla Nasa sono caratterizzati da peculiarità che li staccano da tutti gli altri gruppi finora individuati. Un team di astronomi finanziati dalla Nasa (con Sam Quinn della Georgia State University di Atlanta, l’autore principale dello studio effettuato grazie a un telescopio Tillinghast di 1,5 metri dell’Osservatorio Fred Lawrence Whipple in Arizona) ha trovato per la prima volta dei giovani pianeti extrasolari, forse i più giovani in assoluto, orbitanti attorno a un ammasso di stelle simili al nostro Sole. È la prima prova diretta che i pianeti possono formarsi anche in ambienti ad alta densità stellare. I due “hot Jupiters” (gioviani caldi) appena scoperti sono esopianeti enormi, gassosi e caldi che gravitano a distanze ravvicinate rispetto alle loro stelle madri. Sono stati battezzati Pr0201b e Pr0211b (la lettera “b” è l’attuale convenzione pubblica internazionale per denominare i pianeti) ed orbitano nell’ammasso stellare Beehive, chiamato anche Presepe, al centro della costellazione del Cancro, a 550 anni luce dalla Terra. Sono i primi pianeti extraterrestri scoperti in un ammasso stellare come Beehive. Il cielo di ogni pianeta “brilla” della luce di circa 1000 stelle, tutte con una simile composizione chimica. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Astrophysical Journal Letters. “Stiamo rilevando pianeti in ambienti diversi ed estremi come quello di questo ammasso a noi vicino – rivela Mario R. Perez, padre della scoperta – la nostra galassia contiene più di 1000 di questi ammassi aperti che potenzialmente possono presentare le condizioni fisiche per ospitare molti altri di questi due pianeti giganti”. Il metodo usato dagli scienziati è la misura della lieve oscillazione gravitazionale che gli esomondi orbitanti inducono sulle loro stelle ( HYPERLINK "http://planetquest.jpl.nasa.gov" http://planetquest.jpl.nasa.gov). La scoperta aiuterà a capire come fanno i pianeti gioviani caldi a finire così vicini ai loro astri. La maggior parte delle teorie sostiene che questi potenziali esomondi si formano lontano dai loro astri per poi essere attirati dalla forza gravitazionale in un’orbita più stretta. Una cosa è certa: questi pianeti gioviani sono sicuramente inospitali alla vita così come la intendiamo, soprattutto a causa delle alte temperature, ma il cielo sopra di loro è molto più stellato rispetto a quello che possiamo osservare dalla Terra, e le loro lune in eclisse, magari di taglia terrestre, potrebbero benissimo nascondere molti segreti. Altre ricerche avevano evidenziato la presenza di esomondi in ammassi stellari più “pesanti”, cioè attorno a stelle più massicce. Finora mai così vicini ad ammassi di tipo solare. Per cui la sorpresa e l’entusiasmo degli scienziati sono giustificati. La maggior parte delle stelle, come si osserva nella Nebulosa di Orione, si formano in ammassi concentrati più o meno densi di gas e polveri. Ma non sempre c’è materia per formare pianeti. I “bozzoli” stellari di tipo solare negli ammassi aperti, invece, possono ospitare pianeti. Ora gli scienziati ne hanno la prova. “La relativa giovane età dell’ammasso di Beehive elegge questi nuovi esopianeti al rango dei più giovani mai conosciuti – fa notare Russel White, il “principal investigator” della Nasa per lo studio sulle Origini dei Sistemi Solari – e la loro importanza è significativa per capire la dinamica planetaria della loro rapida migrazione. Capire quanto velocemente questi giganti si spostano nel loro sistema solare, è fondamentale”. Oggi il nostro sistema solare è stabile. Ma un giorno, chissà? Gli esomondi appena scoperti in Beehive sono ricchi di metalli. Le stelle di Beehive hanno sovrabbondanti elementi più pesanti del ferro di quanti ne abbia il nostro Sole. Secondo White, le ricerche di pianeti così vicini alle loro stelle suggeriscono che questi metalli agiscono come un “fertilizzante planetario” in grado di arricchire di elementi pesanti non solo i giganti gassosi ma anche le loro lune. “I nostri risultati sembrano suggerirlo e potrebbe essere vero in questo genere di ammassi stellari”. L’Exoplanet Exploration Program office della Nasa, funziona grazie al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena (California) ed alla tenacia dei suoi scienziati. Anche il Telescopio Spaziale Spitzer ha per la prima volta individuato, nella finestra infrarossa, la luce emessa da una “super-Terra”, un pianeta alieno lontano dal nostro sistema solare, apparentemente inabitabile. Altra pietra miliare di un osservatorio spaziale, lo Spitzer, che ha offerto il suo contributo pioneristico allo studio delle atmosfere aliene di pianeti distanti diversi anni luce dalla Terra. Perfetto antesignano del futuro James Webb Space Telescope che, con tecniche simili, sarà in grado di analizzare in gran dettaglio gli elementi chimici e le caratteristiche fisiche degli esopianeti in grado di ospitare la vita. L’esomondo in questione si chiama “55 Cancri e”. Appartiene alla classe dei pianeti terrestri “super”, cioè più massicci del nostro mondo ma più leggeri dei giganti come Nettuno; è grosso due volte la Terra con una massa otto volte superiore. Orbita “sincronizzato” attorno alla sua stella brillante 55 Cancri in appena 18 ore. In precedenza, lo Spitzer ed altri telescopi avevano analizzato le “cadute” di luce su 55 Cancri provocate dal passaggio di un pianeta sulla stella. Nel nuovo studio il telescopio orbitale Spitzer ha misurato direttamente quanta luce infrarossa produce l’esomondo alieno. I risultati rivelano che il pianeta extraterrestre è scuro durante il suo moto di rivoluzione attorno all’astro perchè rivolge sempre la sua stessa faccia a 55 Cancri. Ragion per cui il lato illuminato arde a più di 2mila gradi Kelvin (3.140 gradi Fahrenheit). Una temperatura sufficiente a sciogliere il metallo. I nuovi dati sono in accordo con la vecchia teoria che immagina “55 Cancri e” come un mondo d’acqua, per metà allo stato gassoso e per metà allo stato liquido: un nucleo di roccia circondato da un immenso oceano di acqua allo stato “supercritico” dove coesistono la parte liquida e gassosa con un’atmosfera in perenne ebollizione. “Potrebbe essere simile a Nettuno, se il nostro fosse spinto in avanti verso il Sole” – rivela Michaël Gillon della Université de Liège del Belgio, “principal investigator” della ricerca pubblicata sull’Astrophysical Journal dall’autore Brice-Olivier Demory del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge. Il sistema solare alieno di 55 Cancri è relativamente vicino alla Terra, a circa 41 anni luce di distanza. Finora sono stati scoperti 5 esopianeti nel sistema con “55 Cancri e” il più vicino alla sua stella e il più soggetto ai poderosi effetti mareali che lo hanno “legato” gravitazionalmente al moto di rotazione dell’astro. Chissà, forse l’atmosfera aliena è responsabile della trasmissione del calore alla parte oscura del pianeta con implicazioni considerevoli. Il James Webb Space Telescope della Nasa, l’erede del mitico Hubble,  non verrà lanciato prima del 2018. Allora potremo svelare anche i misteri di “55 Cancri e” perchè gli scienziati andranno alla ricerca dei mattoni della vita, le molecule di base aliene, oggetto della spedizione della Prometheus. “Quando fu progettato lo Spitzer più di 40 anni fa, gli esopianeti alieni non erano stati ancora scoperti – rivela Michael Werner, “project scientist” del telescopio al Jet Propulsion Laboratory della Nasa – ma proprio perché lo Spitzer è stato costruito molto bene, è riuscito ad adattarsi a questo nuovo genere di ricerca facendo compiere progressi straordinari all’esoplanetologia”. Nel 2005 lo Spitzer è diventato il primo telescopio a intercettare la luce proveniente da un mondo extraterrestre oltre i confini del nostro sistema solare. Tra la sorpresa e la meraviglia di molti, l’osservatorio spaziale ha visto la luce infrarossa di un “hot Jupiter” gassoso molto pià grande del solido “55 Cancri e”. Da allora altri telescopi, compresi l’Hubble e il Kepler, hanno avuto successo con i giganti utilizzando lo stesso metodo (dell’apparizione e della scomparsa dell’esopianeta) che consente agli astronomi di determinare il contributo luminoso diretto dell’esomondo e, quindi, la sua temperatura e la composizione atmosferica. Molto presto formuleremo le previsioni del tempo per i mondi extraterrestri ( HYPERLINK "http://www.nasa.gov/spitzer" www.nasa.gov/spitzer HYPERLINK "http://spitzer.caltech.edu" http://spitzer.caltech.edu). Non solo dallo spazio ma anche dagli osservatori terrestri, pubblici e privati. Per questi motivi la Nasa ha deciso di estendere le missioni Kepler e Spitzer per la ricerca della vita extraterrestre e, in colloraborazione con la European Space Agency, ( HYPERLINK "http://science.nasa.gov/astrophysics/2012-senior-review/" http://science.nasa.gov/astrophysics/2012-senior-review/), la vita operativa del telescopio Planck. “Ciò significa che gli scienziati possono continuare ad utilizzare i tre telescopi spaziali – fa notare Michael Werner a capo degli astronomi e dei fisici al JPL – per studiare tutto: la nascita dell’Universo con Planck; le galassie, le stelle, i pianeti, le comete e gli asteroidi con Spitzer, mentre Kepler determina la percentuale di stelle simili al nostro Sole in grado di ospitare pianeti come la Terra potenzialmente abitabili”, in una fetta sottilissima di spaziotempo, nella costellazione del Cigno, lungo l’orbita galattica del Sole che, in verità, andrebbe esplorata tutta. Già ora i risultati statistici sono entusiasmanti: nella nostra Galassia potrebbero esistere più di 160 miliardi di esomondi. La missione estesa di Kepler dovrebbe terminare il 30 Settembre 2016. La ricerca della vita, cioè di mondi simili al 99.999% alla Terra, continua nella “zona abitabile” di ciascuna stella simile al Sole. Per ora nella Via Lattea. Un giorno sulle altre galassie più vicine. Spitzer, lanciato nel 2003, continua a collezionare immagini infrarosse uniche alla comunità astronomica internazionale: l’elaborazione dei dati acquisiti è appena cominciata. L’osservatorio ha esplorato direttamente il Cosmo, nella sua missione primaria, per tutta la durata (prevista) del liquido refrigerante esaurito nel 2009. Ma non è finita. Perché le sue capacità, seppur ridotte, continuano nella fase “calda” secondaria, grazie alle osservazioni dirette delle atmosfere aliene degli esopianeti e di alcune delle galassie note più distanti. Come richiesto e previsto dal nuovo progetto, Spitzer ha ricevuto in regalo due anni in più di vita operativa dalla Nasa, almeno fino al 2014. Inoltre prosegue il partenariato con l’Esa, almeno un anno in più, nella missione Planck, relativamente all’U.S. Planck data center ed alle operazioni del Planck’s Low Frequency Instrument. Planck, lanciato nel 2009, sta fornendo dati eccezionali sulle origini dell’Universo, spingendosi molto più vicino di qualsiasi altro osservatorio spaziale, in prossimità dell’istante “esplosivo” del Big Bang primordiale. Per capire il nostro destino. Non è escluso che la collaborazione con la Nasa possa rafforzarsi in futuro, con ulteriori fondi anche per progetti simili ma più impegnativi, sempre che i consorzi europei di Planck lo desiderino ( HYPERLINK "http://www.nasa.gov/planck" www.nasa.gov/planck HYPERLINK "http://www.esa.int/planck" www.esa.int/planck). La competizione scientifica internazionale è quanto mai aperta. Chi scoprirà la prima vera Terra aliena, avrà un posto d’onore nella Storia della Scienza. Per cui è ragionevole pensare che gli osservatori privati (anche spaziali) di università, corporation, magnati, filantropi ed appassionati miliardari, spunteranno come funghi per dare la caccia agli esopianeti extraterrestri che ospitano la vita. Questa gara farà bene all’economia mondiale. Nuovi avveniristici telescopi ottici, sempre più grandi e complessi, saranno presto lanciati nello spazio, nei punti lagrangiani di equilibrio gravitazionale, specificamente per dare la caccia ad ET. Viviamo nell’epoca d’oro dell’esoplanetologia, il suo inizio. Sempre che riusciamo a sopravvivere ad una società violenta e malata, scoperte eccitanti sono alle porte. Perché la strumentazione e i software si fanno sempre più complessi e precisi. Ad esempio, la Penn State University e l’Università del Montana hanno deciso di costruire un loro telescopio cacciatore di pianeti alieni sulla Palomar Mountain in California, chiamato Minerva. Kepler ha mostrato le potenzialità della ricerca degli esopianeti grazie a una strumentazione dedicata che in appena due anni ha rivoluzionato l’intero settore. Oggi sappiamo che là fuori esistono piccoli pianeti rocciosi ricchi di ogni ben di Dio. Ciò significa che se costruisci il telescopio giusto, fai centro! E troverai quello che cerchi. Altri mondi come la Terra, abitati o abitabili. Ma anche sfruttabili commercialmente, perchè ricchi di minerali preziosi. Rispetto ad altri telescopi, specialmente quelli di potenza sufficiente per osservare gli esopianeti rocciosi più grandi, Minerva è concepito per essere montato velocemente con costi relativamente bassi. Il sistema ottico è costituito da quattro specchi di 70 centimentri di diametro che compongono l’immagine fornita dai telescopi installati sulla Palomar Mountain nel sud della California. Ogni telescopio potrà osservare oggetti astronomici in maniera indipendente e in “sincronia” con gli altri strumenti, offrendo al sistema grande flessibilità. La tecnica della batteria di piccoli telescopi darà a Minerva la potenza di uno strumento molto più grande in grado di stanare esopianeti alieni come la Terra, anche in remoto. Nulla esclude che una simile configurazione, opportunamente studiata e progettata, possa essere spedita nello spazio. I privati possono farlo più facilmente e più rapidamente. Batterie di piccoli telescopi spaziali, decine se non centinaia, totalmente automatici e multibanda ottica, potrebbero operare in maniera ancora più efficiente come “exoplanet-finder” spaziando lungo tutta l’orbita galattica del nostro sistema solare. La competizione tra gli scienziati è molto forte anche in questo nuovo campo di ricerca. A volte le osservazioni approvate e programmate sono davvero poche nel corso dell’anno: molti astronomi pubblici non sanno spesse volte a che santo votarsi! Con telescopi come il sistema Minerva le osservazioni esoplanetarie sarebbero più semplici, convenienti, efficienti e scientificamente produttive. Si potrebbero così scoprire facilmente “super-Terre” delle dimensioni di due o tre volte il nostro mondo, in orbita attorno a stelle simili al Sole, lungo la fascia di abitabilità. Naturalmente concentrando le ricerche sui sistemi solari più vicini, non è escluso che si possano trovare esopianeti simili alla Terra. Il sistema Minerva consentirà la partecipazione degli studenti laureati e dottorati del Caltech per le osservazioni astronomiche che utilizzeranno i due più comuni metodi di caccia agli esomondi: il metodo del transito e della velocità radiale. Insieme possono fornire informazioni sul raggio e la struttura interna dei pianeti extraterrestri osservati. Come Minerva nacque dalla testa di Giove allo stesso modo sono stati i cervelli del Johnson’s ExoLab a partorire questo nuovo sistema di caccia galattico che vedrà la luce nel 2014. Progetti simili sono i benvenuti per espandere le nostre conoscenze il più velocemente possibile. I mondi alieni ci aspettano e se non li troviamo in tempo, forse saranno loro a trovare noi per primi. Scherzi a parte, come nel caso della ricerca di asteroidi e comete in rotta di collisione con la Terra, servono osservatori astronomici totalmente dedicati alla ricerca di esopianeti. Servono soldi per spazzare tutto il cielo in tempo reale. I privati possono farlo. Non si tratta di accontentare i capricci di qualche scienziato. Si tratta del nostro futuro nell’Universo da persone libere. Poi, quando avremo scovato le eso-Terre, non invieremo sonde, ma le esploreremo direttamente a bordo di vere astronavi come la Prometheus e l’Enterprise. Grazie ai motori ionici nucleari in grado di fornire una propulsione costante, sicura e fedele alla Relatività di Einstein. Non è necessario superare la velocità della luce per conquistare le altre stelle. Perché la struttura dello spaziotempo consente di muoversi liberamente, senza infrangere le leggi della Natura, seguendo semplicemente la sua “struttura gravitazionale relativistica” che “si muove” naturalmente in espansione accelerata e solidale all’intero Universo. Di fatto, un motore di tal genere sarebbe comunque un “warp drive” anche senza scomodare Star Trek, Star Wars, Alien e Prometheus. Einstein docet. Per manipolare lo spaziotempo, come suggerì nel 1994 il fisico messicano Miguel Alcubierre, senza stoccare proibilitive quantità di carburante e di energia, impossibili da custodire all’interno di un’astronave, bisogna sfruttare ciò che Madre Natura ci offre nello spazio. La meccanica quantistica prevede una probabilità finita perché l’Universo (che sta accelerando la sua espansione cosmica) si muova per effetto tunnel da uno stato di vuoto a uno energicamente più basso. Se questo succedesse in un dato punto dello spaziotempo, creerebbe una Bolla che si espanderebbe a velocità prossima della luce, inglobando, formattando e cancellando tutta la materia lungo la sua strada. Secondo alcune teorie, è quello che accadrà tra qualche centinaio di miliardi di anni. Energie e pressioni negative sono legate alla materia esotica (materia oscura) necessaria per stabilizzare i possibili ponti di Einstein-Rosen, le autostrade del Cosmo. Che sarebbero comunque microscopici e di vita molto breve. È concepibile che possano essere creati in acceleratori di particelle come il Large Hadron Collider al Cern, per studiargli meglio e poi ricrearli nello spazio come propulsore naturale delle future astronavi. Speculazioni e teorie. Ma nulla è impossibile se non espressamente vietato dalla Natura. Il vuoto, ad esempio, è pieno di energia! Se fosse possibile creare o attivare una Bolla attorno a una nave spaziale, senza disintegrare l’Universo, potremmo sperare di viaggiare alla velocità della luce e forse oltre. L’idea è quella di manipolare non solo la materia esotica ma anche l’energia oscura che è quella forza misteriosa che permea l’Universo favorendo la sua espansione accelerata: quale migliore propellente a buon mercato per una vera astronave interstellare? E senza violare le leggi di Natura. I surfisti sono i maestri nel cavalcare le grandi onde degli oceani. I futuri navigatori interstellari umani faranno altrettanto cavalcando nell’iperspazio le nuove “geometrie gravitazionali”, le nuove “onde” prodotte ed amplificate dai loro propulsori. In teoria, nulla esclude che ancora oggi l’Universo intero o parte di esso possa viaggiare alla velocità della luce ed oltre, come fece per un brevissimo istante subito dopo il Big Bang, spinto dall’energia oscura anti-gravitazionale che rappresenta circa il 74 per cento della massa totale del Cosmo. La materia oscura appena il 22 per cento e la materia barionica normale (la nostra, dei pianeti e delle stelle) solo il 4 per cento. Potrà sembrare strano ma, per non violare la Relatività di Einstein, occorre che tutto lo spaziotempo (o parte di esso attorno all’astronave) si crei, si muova e si espanda alla velocità della luce. A quel punto entrano in gioco le famose equazioni di Einstein che fanno il “miracolo”, cioè che rendono possibile l’inimmaginabile. La contrazione e la dilatazione dello spazio e del tempo, con alcuni apparenti “paradossi” la cui soluzione sarà decisiva per il decisive salto di qualità rispetto ad Einstein. La teoria delle stringhe cosmiche, ad esempio, consente di manipolare l’energia oscura e di accelerare un’astronave all’interno della famosa Bolla, creando un colossale “differenziale” gravitazionale attorno alla nave spaziale, che indirizzato opportunamente potrebbe generare la spinta istantanea di curvatura (warp). Finiremmo disintegrati? Forse. Il fatto che esistano altre dimensioni (più di sei) oltre le quattro note, secondo alcuni teorici delle stringhe, potrebbe semplificare o complicare le cose. Ma sono ancora speculazioni. La nuova teoria “M”, elaborata dal fisico Stephen Hawking, con i suoi 10 alla 500esima potenza di universi possibili e immaginabili, potrebbe spalancare molte finestre al volo interstellare, facendo crollare tutte quelle mura alzate contro dalla fantascienza. Le stringhe vibrano e quando lo fanno nel modo caratteristico (ancora ignoto) aprono le porte ad altri universi. Servono esperimenti mentali in proposito perché la manipolazione delle dimensioni potrebbe anche alterare i delicati equilibri cosmici esistenti. Se fosse corretto e possibile, allora potremmo inventare un “warp drive” in grado di alterare localmente la curvatura dello spaziotempo, attorno all’astronave, per raggiungere qualsiasi punto del Multiverso, senza finire “speghettizzati” in un buco nero, in una singolarità nuda o in un quasar. Magari per tornare sulla Terra, al punto ed al tempo di partenza senza sperimentare il “paradosso” dei due gemelli. Si tratterrebbe di manipolare la giusta quantità di l’energia oscura davanti alla nave interstellare per far diminuire o aumetare il tasso di espansione dell’Universo e, quindi, la velocità del velivolo. Se l’energia oscura fosse “resa” negativa davanti alla nave, allora lo spazio locamente potrebbe contrarsi, realizzando l’effetto voluto piegando un foglio di carta per unire due punti bidimensionalmente distanti. Einstein approverebbe? I suoi tunnel spaziotemporali mentali obbediscono alle leggi della Natura. I buchi neri fisici, che sono stelle collassate gravitazionalmente, ci dicono che è possibile. Il conflitto è semmai tecnologico perché nel nostro spaziotempo ordinario a quattro dimensioni per accelerare un oggetto alla velocità della luce occorre una quantità di energia pressoché infinita. La sola manipolazione dell’energia oscura attraverso qualche effetto fisico extradimensioanle (oggi ignoto) richiederebbe, secondo alcuni scienziati, la conversione in energia dell’intera massa di Giove (annichilazione) per far muovere un’astronave cubica di 10 metri. Per altri, della massa della sonda Voyager 1 lanciata dalla Nasa nel 1977 e già al di fuori del sistema solare. La soluzione potrebbe essere quella di creare un grande acceleratore di particelle attorno all’astronave, aumentando la potenza nell’anello e sperando che si generi un effetto finora sconosciuto. Come la creazione locale di uno spaziotempo “su misura” anche a velocità 10 volte superiori a quella della luce, senza infrangere Einstein. Se fosse possibile dominare l’intensità della contrazione spaziale, anche l’energia richiesta si ridurrebbe considerevolmente. Finora gli scienziati, i tecnici e i ricercatori brancolano nel buio più assoluto. Alcune soluzioni proposte sono puramente speculative, altre plausibili, altre impossibili. Sono necessari esperimenti teorici e pratici. La sola oscillazione dell’intensità della Bolla è un grattacapo insostenibile. Non si capisce ancora quale debba essere l’ammontare esatto di energia necessaria. Alla Nasa alcuni hanno varato il “White-Juday Warp Field Interferometer” del Johnson Space Center, un laser che esplora micro-versioni di spaziotempo contratto, sfruttando i ben noti principi della meccanica quantistica. Gli scienziati stanno cercando di vedere se possono generare istantanee fluttuazioni per alterare localmente lo spaziotempo di almeno una parte su 10 milioni. Un infinitesimale ma promettente primo “step” verso la reale invenzione del primo motore a impulsi gravitazionali necessario alla Prometheus per raggiungere la sua lontana stella. Per alcuni scienziati, se l’Umanità non si autodistruggerà e vorrà realmente realizzare la conquista e l’esplorazione delle altre stelle, allora dovrà necessariamente puntare sulla curvatura artificiale dello spaziotempo (warp drive) per annullare le distanze e i tempi della navigazione interstellare. Entro i prossimi 500 milioni di anni, prima che il Sole renda impossibile la vita sulla Terra. L’audacia, il coraggio e l’innovazione necessari per un balzo così gigantesco, hanno bisogno della collaborazione di tutte le persone di genio e di buona volontà. Altrimenti la nostra civiltà è già condannata all’estinzione. La fantascienza però non aiuta la scienza. In nome dell’intrattenimento a buon mercato si cerca di spegnere la fantasia e il genio delle persone, sospendendo il giudizio critico durante la visione di kolossal senza né capo né coda grazie agli effetti speciali. Eppure il Cinema potrebbe fare miracoli nella corretta divulgazione scientifica di temi così complessi e nell’audace informazione di massa su ricerche che richiedono investimenti colossali. Alcuni fisici dicono espressamente che la tecnologia per il viaggio iperluminare un giorno potrebbe permettere all’Umanità non solo di azzerare le immense distanze tra le stelle e le galassie ma di diffodere le culture della Terra ovunque, consentendo alla nostra civiltà un’evoluzione senza precedenti che neppure immaginiamo. Si cerca di liquidare il tutto con la fantascienza cinematografica! Ma la scienza è complessa. Senza la fantasia della buona fantascienza letteraria, la scienza morirebbe e con essa le nostre libertà fondamentali che non solo in Italia, in effetti, stiamo paradossalmente perdendo senza accorgercene. Nella scienza tutto quello che non è strettamente impossibile, è naturalmente plausibile. I viaggi tra le stelle sono già oggi plausibili anche se non ancora possibili a causa della nostra ignoranza. I razzi non ci condurranno sulle altre stelle. Al massimo i vettori termonucleari potranno farci raggiungere la metà della velocità della luce, utile per volo interplanetario. Non basta neppure a sfiorare il limite scoperto da Albert Einstein con la sua famosa Relatività Generale. Fortunatamente per noi, se sopravviveremo alla nostra stessa stupidità, quel limite si applica soltanto nel nostro spaziotempo ordinario quadri-dimensionale. Mentre ogni oggetto non può superare la velocità della luce, il tessuto spaziotemporale localmente può farlo, muovendo l’astronave al suo interno! È sicuramente una buona notizia da quasi un secolo sulla Terra e da 13,7 miliardi di anni nell’Universo. Tuttavia non è stata ancora sfruttata tecnologicamente dagli umani. Per quale motivo? I navigatori interstellari riprodurranno né più né meno quello che ha già fatto (e forse sta ancora facendo) Madre Natura. I creativi si diano una mossa e i “designer” diano libero sfogo alle loro idee influenzando gli scienziati. Occorre inventare una propulsione in grado di muovere letteralmente lo spaziotempo attorno all’astronave durante la navigazione interstellare e interplanetaria. Ciò implica un nuovo significato di propulsione. In accordo alla Relatività Generale, ogni concentrazione di massa o energia deforma (curva) lo spaziotempo attorno ad essa. Per questa ragione la gravità, che ci tiene legati alla Terra, è semplicemente (secondo Einstein) la curvatura dello spaziotempo che attrae le piccole masse verso le più grandi. In realtà anche le piccole masse attraggono le più grandi, creando un equilibrio di forze attorno a un comune baricentro. Così tra la Terra e la Luna con il baricentro posto a circa 1700 Km di profondità sotto la crosta terrestre. Da qui l’idea che forse è possibile inventare e costruire nuove geometrie spaziotemporali grazie alla massa di qualche forma esotica di energia (e viceversa) in grado di curvare localmente l’astronave per spedirla ovunque nell’Universo. Anche a velocità superiori a quella della luce. Bisogna, però, ancora scoprire queste nuove proprietà dello spaziotempo. Alcuni studi avrebbero già accertato possibili tracce del suo movimento. Degli scienziati hanno fatto ruotare anelli super-raffreddati in un laboratorio, scoprendo che i giroscopi collocati sopra gli anelli sembrano “influenzati” nella loro rotazione apparentemente “indipendente” dalla presenza degli anelli in rotazione sotto di loro. I ricercatori ipotizzano che gli anelli super-freddi abbiano in qualche modo “trascinato” lo spaziotempo, un effetto rilevato dagli stessi giroscopi. Altri studi hanno scoperto che la regione tra due placche parallele di metallo prive di carica, sembra possedere meno energia rispetto allo spazio circostante. Per il fenomeno gli scienziati hanno coniato il termine di “energia negativa”, il probabile futuro “carburante” di astronavi interstellari come la Prometheus in grado di muovere il loro spaziotempo circostante. La caccia alle grosse quantità di energia negativa, a quanto pare, è la vera sfida tecnologica e la chiave di volta che ci aprirà la via verso le altre stelle. Questi studi preliminari dimostrano che già esistono i semi dei futuri “warp drive”. Gli scienziati sono ottimisti pur non conoscendo esattamente ciò che è possibile e ciò che non lo è in questa nuova frontiera. Sono stati raggiunti dei progressi sufficienti a potenziare queste ricerche, anche senza il contributo della fantascienza. Ma i costi rappresentano il maggior ostacolo. Il Cinema d’autore potrebbe aiutare i geni a realizzare l’apparente impossibile. Anche se il volo iperluminare fosse un sogno irrealizzabile, i benifici indiretti derivanti da questi studi sarebbero incalcolabili per l’Umanità. Le più grandi scoperte, infatti, giungono dal totalmente inatteso. In tal senso la nuova navetta spaziale privata Prometheus, un vettore commerciale della compagnia spaziale “Orbital Sciences” della Virginia (Usa), servirà non solo a trasportare gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale. Lo spazioplano sarà un vero taxi cosmico che dalla mitologia e dalla fantascienza diventà presto realtà a beneficio non soltanto della Nasa e delle altre agenzie spaziali pubbliche, ma anche di tutte quelle compagnie private interessate ai voli ed agli esperimenti in orbita bassa. Prima del grande balzo nello spazio esterno. La compagnia ha al suo attivo l’invenzione e la realizzazione di razzi come il Pegasus, il Taurus e il Minotaur. Con il Prometheus il balzo degli umani verso il Cosmo segna un’ulteriore tappa obbligata grazie alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata. La Orbital Sciences fa sul serio. Il suo spazioplano Prometheus volerà molto presto grazie agli internauti del Web. È il secondo vettore commerciale sviluppato dalla compagnia per il mercato, dopo la realizzazione dei velivoli automatici Cygnus e Taurus 2, sulla base di precisi accordi con la Nasa per sostituire gli Space Shuttle (oggi nei musei degli States) nelle funzioni di collegamento, servizio e rifornimento della ISS. Il Prometheus della Orbital Sciences nasce nella seconda fase del “Commercial Crew Development program”(CCDev-2) della Nasa, per potenziare le capacità americane di volo spaziale privato. Il Prometheus sarà lanciato con un missile ma volerà liberamente nello spazio, come uno Space Shuttle, per attraccare alla Stazione Spaziale Internazionale. Per poi rientrare nell’atmosfera ed atterrare dolcemente sulla Terra come un vero spazioplano su una pista speciale. Il velivolo, in effetti, sarà molto più di uno Space Shuttle in miniatura. Il Prometheus inizialmente porterà in orbita quattro astronauti. Ma crescerà nei prossimi anni fino alla capacità massima di sei astronauti, compresi eventuali semplici cittadini passeggeri paganti. Il prezzo del biglietto è per ora salato ma calerà. Le attività commerciali spaziali private sono in pieno fermento negli Usa, mentre in Europa e in Italia si dorme. Solo le agenzie pubbliche sono attive per i rifornimenti della ISS grazie ai speciali moduli automatici come Leonardo e Raffaello. Ma tutto qui. Lo spazioplano Prometheus è il futuro e la speranza di un avvenire di pace, benessere, crescita, sviluppo per tutti. Le compagnie spaziali private sono finalmente chiamate a fare la loro parte nella nuova economia mondiale fondata sulla Persona. Contratti miliardari che potrebbero un giorno far gola alla stessa Apple Inc., qualora volesse tentare la strada del Cosmo grazie alla perfetta integrazione di software e hardware. Il Prometheus non è il solo veicolo spaziale della Orbital Sciences. Altri progetti sono in cantiere. Altre compagnie stanno emergendo mentre la navetta Dragon è pronta al suo secondo attracco sulla ISS. Compagnie commerciali come la SpaceX sono al lavoro per conquistare privatamente l’Universo mentre l’Italia dorme. Lo spazio esterno è lì fuori. Basta prenderlo. Finchè le libertà fondamentali lo consentono. La flotta russa delle Soyuz per ora è la sola speranza pubblica di libero accesso allo spazio orbitale terrestre della ISS. Gli Americani si affidano alle compagnie private per costruire il loro futuro nello spazio, creando centinaia di migliaia di posti di lavoro. Mentre la Cina è pronta a sbarcare sulla Luna, l’Europa dorme. Il nostro Diritto Commerciale Spaziale sembra inesistente, paralizzato, impotente. Prima che sia troppo tardi, dopo essersi svegliati dal torpore fantascientifico cinematografico, bisognerebbe fare qualcosa di concreto. Ma in Europa i privati non sanno a che santo votarsi per sviluppare proprie compagnie commerciali spaziali. Per l’orbita bassa, figurarsi per lo spazio esterno. È un fatto di un’assoluta gravità inaudita che condizionerà pesantemente la difesa delle nostre libertà fondamentali. Perché lo spazio è energia, economia, libertà, crescita, democrazia, ricerca, scienza, verità, tecnologia e cultura. Senza le nostre ali nello spazio, periremo. Come fa la Prometheus ad evitare di finire dentro una stella, un pianeta vagabondo, un asteroide e una cometa?


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