C'è la ricostruzione leggera e quella pesante, c'è la ricostruzione materiale e quella immateriale. Inevitabilmente lunghe entrambe, ma occorre guardare al futuro con una visione strategica che riesca a programmare la città del 2020 e oltre.
Uno sviluppo che non si limiti all'aspetto edilizio ma che si allarghi a quello socio-economico.
Un percorso lungo e tortuoso che fissi lo sguardo al lungo periodo e non all'immediatezza dei problemi, pure impellenti e irrisolti, che inizierà il 26 luglio prossimo con un workshop al quale la struttura tecnica di missione ha chiamato a partecipare alcune fra le più riconosciute menti del mondo nei campi della sociologia, dell'economia, dell'architettura.
A portare un contributo di idee – che in un secondo momento si apriranno al confronto con le risorse intellettuali locali – saranno fra gli altri il premio nobel per l'architettura Alvaro Siza, Vittorio Magnano Lampugnani, urbanista che ha partecipato al processo di ricostruzione di Berlino, Cesare Trevisani e Paolo Leon, esperti di infrastrutture e economia e il sociologo Aldo Bonomi.
Si riprende così anche il discorso del piano strategico, al quale l'amministrazione lavorava prima del terremoto – ha detto il vice commissario e sindaco dell'Aquila Cialente – e ora inevitabilmente da ricalibrare.
Nessuna colonizzazione culturale, è stato assicurato anche su sollecitazione di una rappresentante dell'assemblea permanente di piazza Duomo.
Un modo insomma per uscire dall'autoreferenzialità del provincialismo, è stato auspicato stamani dal commissario Chiodi e dal capo della struttura tecnica di missione, l'architetto Gaetano Fontana, per i quali la necessità è quella di confrontare le idee della comunità locale con il sapere collettivo del paese. Avere progetti chiari – hanno detto – aiuterà anche ad ottenere risorse per la ricostruzione.