Il sostituto procuratore generale di Perugia chiede la conferma delle condanne per due tecnici provinciali, denunciando gestione confusa e scelte mancate prima della tragedia.
Nel nuovo giudizio d’Appello sul disastro di Rigopiano, celebrato a Perugia dopo il rinvio disposto dalla Cassazione, il sostituto procuratore generale Paolo Berlucchi ha chiesto la conferma delle condanne per i due tecnici della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, ritenuti responsabili di omissioni rilevanti nella gestione dell’emergenza neve che precedette il crollo dell’hotel il 18 gennaio 2017, quando una devastante valanga travolse la struttura causando 29 vittime.
Il nuovo processo vede imputate dieci persone, dopo che la Suprema Corte ha sospeso alcune decisioni precedenti, annullando le condanne dell’ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, di un tecnico comunale e dei due tecnici provinciali, rinviandone le posizioni alla Corte umbra. Confermata invece la condanna per falso all’allora prefetto di Pescara, Francesco Provolo.
Restano in giudizio anche sei funzionari della Protezione civile regionale, già assolti nei primi due gradi per le accuse di disastro, lesioni e omicidio colposo.
Durante la sua lunga requisitoria, il pg Berlucchi ha ricostruito le ore critiche che precedettero la tragedia, parlando apertamente di “superficialità” e di “caos totale in cui nessuno sapeva chi comandava”. Al centro delle contestazioni torna la vicenda della turbina spazzaneve, ritenuta decisiva per garantire la percorribilità della strada provinciale che conduce all’albergo.
Secondo il magistrato, la turbina si ruppe il 6 gennaio, fu portata dal meccanico il giorno successivo, ma da quel momento non venne predisposto alcun intervento sostitutivo o alternativo, nonostante le previsioni meteo annunciassero un peggioramento drastico. «Era possibile – e doveroso – prevedere cosa potesse accadere e adottare le misure necessarie», ha affermato Berlucchi, ricordando che “tutti i bollettini segnalavano un’ondata di maltempo eccezionale”.
Per l’accusa, già il 17 gennaio, e non solo poche ore prima della valanga, il quadro meteorologico era “chiarissimo” e avrebbe imposto interventi immediati, come la chiusura della strada per evitare nuovi accessi all’hotel e, soprattutto, una riapertura urgente la mattina del 18 per consentire a clienti e personale di lasciare la struttura.
L’Appello bis dovrà ora valutare se le omissioni contestate ebbero un ruolo determinante nella catena di eventi che portò al disastro. La sentenza è attesa nelle prossime settimane e rappresenterà un passaggio decisivo in una vicenda che, a otto anni dai fatti, continua a interpellare responsabilità tecniche, istituzionali e operative.