Stupro di San Valentino. Isztoika e Racs scagionati dal Dna

Il giallo della Caffarella

04 Marzo 2009   12:37  
Sono stati arrestati per una violenza che non hanno commesso Alexandru Loyos Isztoika e Karol Racz, i cittadini romeni del quartiere di Primavalle accusati di aver stuprato una quattordicenne al Parco della Caffarella lo scorso San Valentino. Lo affermerebbe il test del Dna condotto dalla divisione di medicina legale delle Forze dell'ordine romane: il liquido seminale di chi ha commesso la brutale violenza e le tracce di saliva rimaste sui mozziconi delle "Winston light" trovate sul luogo della vergogna, sembrano appartenere ai profili genetici di altri due uomini adulti, attualmente sconosciuti e anche in questo caso ritenuti di cittadinanza romena. Ma perchè la notte del 17 febbraio scorso Alexandru Loyos Isztoika avrebbe accusato se stesso e lo sventurato compagno di strada Karol Racz di un delitto che sicuramente non hanno commesso in prima persona? Chi sta proteggendo e come é riuscito a convincere gli inquirenti della propria colpevolezza? Per dare una prima lettura al misterioso caso della Caffarella occorre ripercorrere quanto è avvenuto tra le 8 del mattino del 17 febbraio e le 4.40 del giorno 18, quando da un solo accusato l'indagine ha ricavato un secondo colpevole.

La mattina del 17 il quotidiano gratuito Metro pubblica la foto segnaletica di Loyos. Essendo un giornale a grande diffusione urbana è probabile che sia Loyos che Racs, come a questo punto i reali autori della violenza, siano venuti in possesso di una copia del giornale. Mentre però Racs fugge a Livorno, Loyos rimane nella Capitale, lasciandosi trovare e arrestare dalla polizia lo stesso pomeriggio, nella stessa stazione di Primavalle in cui sosta quotidianamente e dove pertanto può essere facilmente identificato. Prima stranezza.

Seconda incongruenza. Riconosciuto in mezzo a 12 foto segnaletiche dall'adolescente aggredita nel parco, e reo di altri precedenti che la Forze dell'ordine romane ben conoscono, Loyos viene portato in Questura per testimoniare. Tra domande e negazioni al giovane viene prelevato un campione di saliva per il test del Dna, mentre in serata viene trasferito al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria. Sono trascorse poche ore quando alle 23, a San Vitale, Loyos afferma di essere pronto a confessare. Il quadro che tutti conosciamo a questo punto si compie: nella Questura arrivano il Pm Vincenzo Barba e il difensore d'ufficio del ragazzo romeno, Valentina Angeli che procedono all'ascolto del reo confesso. Ma la Angeli, scelta casualmente come da procedura, chiede di rinunciare alla difesa del giovane.
L'avvocato opera infatti per "Differenza donna", un'associazione che si occupa di difendere le vittime di abuso e di cui fa parte anche la psicologa che assiste la vittima dello stupro della Caffarella. Quella notte tuttavia tale incompatibilità non viene riconosciuta.  

Una confessione troppo dettagliata. Così la Angeli prende parte al primo atto istruttorio cedendo poi la difesa all'avvocato Giancarlo Di Rosa. La confessione videoregistrata di Loyos dura fino alle 4.40 del mattino: il giovane fornisce una deposizione eccezionalmente simile a quella espressa dalla ragazza abusata, colma di dettagli precisi, affermazioni minuziose, "Persino - affermerà poi il Gip- in particolari di colore, se è lecito usare tale espressione, inutili rispetto all'attribuzione delle responsabilità". Se non è stato Loyos ad aggredire la ragazza romana, da chi ha ricevuto tali particolari? E' possibile che sia stato diretto testimone dell' intero scempio?

In effetti due giorni dopo l'interrogatorio Loyos ritratta ma non viene creduto. Dice di essere stato picchiato, "imbeccato" su quanto avrebbe dovuto affermare agli inquirenti, e costretto a confessare un reato non commesso. Il suo corpo tuttavia non reca alcun segno di violenza, e fonti interne alla Questura descrivono come, fino al momento della confessione, il romeno sia stato sorvegliato a vista da un funzionario moralmente integro(peraltro figlio di un noto magistrato) scelto appositamente affinchè al giovane non venisse torto un capello. Ad ogni modo: se anche la confessione fosse stata estorta senza ricorrere alle mani, chi avrebbe avuto interesse a contaminare le indagini?

La polizia romena, assicurano le forze dell'ordine della Capitale, è stata coinvolta per assolvere all'unico “ruolo ancillare di traduzione” della testimonianza fornita da Loyos. Inoltre non si testa il Dna di qualcuno che si vuole incastrare. Ma gli interrogativi sono tanti e il giallo nuovamente all'inizio, una cosa però sembra essere certa: quanto riportato dal giovane romeno è il calco della deposizione fornita dalla coppietta vittima dell’aggressione. Da qualcuno Loyos deve aver saputo, forse la stessa persona che si ostina a proteggere nonostante il castello di carte sia crollato e la verità venuta a galla. (Nella foto in alto a sinistra l'immagine di un sopralluogo della polizia al parco romano della Caffarella)


 

GDC

 

 


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