Sulmona, cenni storici e turistici

09 Luglio 2012   10:24  

Sulmona a 400 m. s.l.m. al centro della bellissima Valle Peligna, ai piedi del monte Morrone, percorsa dai fiumi Gizio e Vella.
Sulmona, antica città dei Peligni, ha origini molto antiche: Ovidio, che nel 43 a.C. vi ebbe i natali, la fa risalire a Solimo Frigio, compagno leggendario di Enea, ma la notizia storica più remota ci viene data da Livio il quale narra che Annibale transitò con le sue truppe per la città nel 221 a.C. nella sua spedizione contro Roma.
Fu distrutta più volte, ma sempre risorse, partecipò alle guerre sociali, fu prima colonia Romana e poi municipio con splendide terme, templi e teatri.
Dalla fine del secolo V fu sede vescovile, nel medioevo fu sede di un castaldato all’interno del ducato Longobardo di Spoleto, fece parte del regno Normanno e poi di quello Svevo sotto cui tornò a rifiorire.
Nel 1228 fu assediata dalle truppe di Gregorio IX ma fu liberata da Federico II che vi istituì una cattedra di diritto canonico, la fece sede di curie e di fiere e le concesse ampi privilegi.
Nel 1348 fu occupata da Luigi II d’Ungheria e nel 1421 da Braccio da Montone. Successivamente passò agli Aragonesi e Carlo V la diede con il titolo di principato ai de Lannoy. Fu in seguito dei Conca e poi dei Borghese.
Nel ’400 risorse ed ebbe la zecca, grazie allo splendore che raggiunse l’arte orafa nel Rinascimento. Infatti l’emistichio di Ovidio a cui si ispirò l’insegna cittadina “Sulmo mihi patria est” ricorre nelle monete fatte coniare dagli Angioini e dagli Aragonesi.
Dopo questo periodo di splendore la città fu danneggiata da numerosi terremoti, ultimo quello del 1933 e nella seconda guerra mondiale fu gravemente danneggiata dai bombardamenti aerei.
Nonostante ciò la città conserva pregevoli testimonianze artistiche e monumentali del suo passato.
Sulmona è stata patria di Publio Ovidio Nasone (43 a.C. 17 d.C.), grande poeta latino delle Metamorfosi, dei Fasti, dei Tristia, contemporaneo di Virgilio e di Orazio, relegato da Augusto a Tomi, sul Mar Nero dove morì.
È inoltre patria di Cosimo de’ Migliorati, divenuto Papa nel 1404 col nome di Innocenzo VII e di umanisti insigni come Barbato, Quatrario, Ercole Ciofano. Caratteristica di Sulmona è la lavorazione dei confetti iniziata alla fine del secolo XV, e l’arte dell’oreficeria iniziata nel ’300-400 con notevoli maestri come Nicola Pizzulo, Mesello Cinelli e Ciccarello di Francesco.
Iniziamo la visita della città dall’imponente complesso della Cattedrale di San Panfilo: eretta nell’VIII secolo, sui resti di un tempio pagano dedicato ad Apollo e Vesta, prese il nome di S. Panfilo vescovo della città.
Nel XIII secolo fu distrutta da un incendio, ricostruita e riconsacrata nel 1238 fu distrutta dal terremoto del 1706 ma fu restaurata nuovamente. La cattedrale, di chiara origine romanica anche se molto rimaneggiata, conserva il portale ogivale lavorato nel 1391 da Nicola di Salvitto, con due colonne sopra due leoni, terminanti con delle edicole gotiche contenenti le statue di San Pelino a sinistra e di San Panfilo a destra, e nella lunetta un affresco della Deposizione, opera di un artista locale. L’interno a tre navate è diviso da 16 colonnine romaniche. All’inizio della navata di sinistra troviamo: un sarcofago di Bartolomeo de Petrinis, vescovo Sulmonese morto nel 1419; sopra la porta d’ingresso un organo ligneo del ’700 finemente intagliato e dorato; in basso un fonte battesimale del 1757; nella navata di destra un crocifisso ligneo del secolo XIV e nelle navate minori altari del secolo XVIII. Nel presbiterio un coro ligneo del 1751 eseguito da Ferdinando Mosca. La cripta, la parte più antica della chiesa, conserva capitelli attribuiti secondo recenti studi alla fine del IX o all’inizio del X secolo, un bassorilievo bizantino del secolo X raffigurante la Madonna col Bambino, una cattedra vescovile, un busto in rame dorato e argentato di San Panfilo lavorato da Giovanni di Marino di Cicco nel 1459, delle lastre tombali e una bella sedia episcopale, un messale e un pontificale miniaturato del secolo XIV e XV. In sagrestia è custodito un altare, un ricco archivio, arredi e paramenti sacri, un reliquiario quattrocentesco.
Di fronte alla cattedrale troviamo la Villa comunale, che termina con il piazzale Carlo Tresca su cui è il Palazzo Vescovile del settecento.
Percorrendo via Porta Romana si giunge alla “Porta Romana” detta in passato anche porta Pinciara o porta San Matteo, costruita nel 1428 per allargare le mura di cinta e per comprendere un nuovo borgo, sulla cui sommità è un’iscrizione “meo de bubu” probabilmente colui che la fece costruire.
In fondo alla via sulla destra, ammiriamo il palazzo Tabassi, dimora patrizia tardo medioevale con cortiletto interno e una bifora eseguita dal maestro Pietro da Como nel 1449, all’angolo della facciata un bassorilievo riproducente una scena di caccia e nel cortile delle lapidi romane.
Il prospetto conserva un esemplare di portale durazzesco, con l’arco ribassato e riquadrato da una cornice rettangolare con lostemma della famiglia inserito nell ’archivolto.
Poco distante, sulla sinistra, troviamo la chiesetta di S. Pietro con all ’interno un bel crocifisso del ‘400 e alcune tempere di Giovanni da Sulmona, una campana del 1492 e un organo settecentesco.
Su via Corfinio al n. 96 è da vedere il palazzo Cattaneo e al n. 86 un bel portalino del ’400. Nelle vicinanze i resti di Porta Buonomini, una delle sei porte di Sulmona e proseguendo per via Quatrario il palazzo Molina sulla cui fronte è la piccola Porta Molina. Inoltrandoci per la stessa via Porta Filiorum Amabilis del XIV secolo e giungendo in largo Mazara si può vedere il bel palazzo omonimo del ’500 con un ingresso monumentale e la Porta S. Antonio aperta tra il XIII e il XIV secolo. Percorrendo via Panfilo Mazara incontriamo la sede municipale ubicata in parte nell’ex monastero dei conventuali e in parte in un antico palazzo nel cui secondo piano è allestita la Pinacoteca comunale. Poco più avanti troviamo la chiesa di San Francesco della Scarpa, rifatta nel 1290 da Carlo II d’Angiò sul posto di una già preesistente. Subì gravi danneggiamenti in seguito ai terremoti del 1456 e del 1706 ma successivamente fu rifatta. L’interno, ad una sola navata a croce latina, custodisce un bel crocifisso ligneo del ’400 (a destra dell ’ingresso) un organo barocco di fattura certosina, una tela rappresentante la visitazione, della seconda metà del ’500 (altare destro), e un’altra tela del 1766 (altare Porretta). Dell’epoca Angioina la chiesa conserva il portale di tipo romanico con un affresco nella lunetta rappresentante la Madonna ed il Bambino con i Santi Francesco e Chiara, una grande finestra e una cornice.
Procedendo in via Roma, all’angolo con via Angeloni troviamo la chiesa barocca di Santa Caterina d’Alessandria. L’interno è di tipo monastico con dorature sugli altari e conserva un bell’organo del 1741 con una cantoria posteriore. Subito dopo incontriamo il Teatro Comunale realizzato nel 1933 e continuando in via Gramsci la chiesa di San Domenico con l’annesso convento del XIV secolo. Notevole, all’angolo di via Morrone un palazzetto barocco e, poco oltre, un palazzo ottocentesco con un portalino del tardo trecento sulla fiancata destra. Immettendoci in via Iapasseri ammiriamo gli ultimi resti di quella che era la Porta omonima con tratti di mura medioevali e la Fontana Iapasseri del Trecento. Tornando indietro e immettendoci in via Papa Innocenzo VII notiamo il palazzetto Capograssi con un bel portale del 1574 e immettendoci su Corso Ovidio voltando a sinistra, nella seconda via troviamo il palazzo Sanità, un nobile edificio, antica dimora dei Sanità famiglia di Todi trapiantata a Sulmona nel ’200. Ha un bel portale di tipo durazzesco e resti di bifore ogivali, all ’interno un affresco del ’400 raffigurante la Madonna col Bambino, opera di Andrea Delitio della metà del XV secolo.
Procedendo incontriamo la baroccheggiante chiesa della S.S. Trinit à con un bel crocifisso in legno del ’400, tele del secolo XVIII e statue lignee. Nella chiesa ha sede la confraternita dei Trinitari. Subito dopo giungiamo nella piazza della S.S. Annunziata, con il magnifico complesso omonimo costituito dal palazzo e dalla chiesa, che rappresentano quattro secoli d’arte sulmonese, una sintesi di gotico, di rinascimento e di barocco. Il palazzo fu iniziato nel 1320 ma ultimato in fasi diverse. La facciata è opera di quattro periodi: il portale di sinistra fu edificato nel 1415 insieme ai quattro pilastri con le statue dei dottori della chiesa; il portale mediano porta la data 1483 ed ha una bifora di forma rinascimentale nel cui timpano troviamo una Madonna col Bambino tra quattro angeli; il portale di destra del 1522, rinascimentale, ma più piccolo del mediano. La facciata è attraversata da una fascia rappresentante storie sacre e dalla ricchissima trifora con gli stipiti ornati dalle statuette delle virtù, dalla bifora mediana rinascimentale e dalla bifora di destra con ricchi candelabri del 1522.
Anticamente il palazzo era adibito ad ospedale, oggi è sede del Museo Civico e della Camerata Musicale.
Il museo ha una sezione archeologica contenente resti di edifici di epoca romana, affreschi e materiale proveniente dagli scavi effettuati nella Valle Peligna, collezioni di monete, documenti epigrafici, materiali preistorici ecc.
La sezione medioevale e moderna contiene dipinti e arredi, bassorilievi, affreschi, il tesoro del pio istituto della SS. Annunziata, croci, calici, il tesoro della cattedrale. Interessante è il catasto onciario del 1376, il più antico finora conosciuto.
La chiesa dell’Annunziata fondata nel 1320 ma rifatta più volte in seguito alla distruzione dei terremoti fu infine ricostruita su disegno del Fontana nel 1710. L’interno è a croce latina a tre navate con eleganti altari laterali e tele di buona fattura, sulle volte affreschi di Giambattista Gamba, nell ’abside un bel coro ligneo e in sagrestia dei bei mobili intagliati del 1643 e arredi sacri di epoca barocca con argenti di scuola Napoletana.
Da vedere il campanile a pianta quadrata costruito nel 1565 su progetto di Matteo Colli di Napoli che con i suoi 65,50 metri è il campanile più alto della città. All’angolo con piazza XX Settembre, con al centro la statua di Ovidio, ammiriamo il palazzo di Giovanni delle Palle, veneziano del 1484, con un bel portale seicentesco; sullo sfondo l’edificio del liceo classico già sede dei Gesuiti.Voltando a destra ci troviamo nella piazza Salvatore Tommasi, sulla cui sinistra è la sede della biblioteca Publio Ovidio Nasone. In via Peligna 7 troviamo il palazzo rinascimentale chiamato “Meliorati ” con un elegante portale a tutto sesto e quattro finestre del ‘400, all ’interno un portichetto con loggiato ed archi anche questi a tutto sesto. In una traversa del corso Ovidio, nel vico De’ Sardi al n. 9, un palazzo del 1420 fatto erigere da Lotto Sardi ha un portale gotico con una finestra e un cortile con porticato in cui c’è un pilastro ottagonale su un leone stiloforo.
Alla fine del Corso di fronte la Fontana del Vecchio, realizzata nel 1474 dal capitano cesenate Polidoro Tiberti, come testimonia la scritta sulla base che regge una maschera barbuta nella cui sommit à del frontone circolare è il timpano con lo stemma aragonese sorretto da due amorini. Sulla sinistra è il Palazzo Corvi con portale caratteristico e poco lontano la chiesa della Madonna del Carmine, una delle più antiche della città ma completamente rimaneggiata.
 Vicino è l’acquedotto medioevale costruito dai Sulmonesi al tempo di re Manfredi di Svevia, del secolo XIII, costituito da 21 arcate ogivali, anticamente usato per muovere le macchine delle filande, dei frantoi, delle cartiere, un vero e proprio capolavoro di ingegneria idraulica.
Le arcate lasciano intravedere la Piazza Garibaldi o del mercato, con al centro una bella fontana, da cui si può raggiungere la chiesa di San Filippo Neri.
Interessante il portale romanico in stile gotico abruzzese con bassorilievo raffigurante San Martino che dà il mantello al povero e il complesso monastico di Santa Chiara poco distante, di origine duecentesca posto sulla sommit à di una scala sovrastata da un campanile sorse su una chiesa già preesistente; l’interno, riportato agli antichi splendori, è quanto di meglio ci offre il barocco abruzzese.
Si possono ammirare pregevoli affreschi, altari, una cantoria in legno e il ricco portale d’accesso tutto intagliato opera di un artista locale del 1671. Continuando il nostro itinerario, sulla destra del corso, troviamo una parte della chiesa di San Francesco della Scarpa con un bellissimo portale romanico con lunette affrescate. Proseguendo in piazza del Plebiscito ammiriamo la chiesa di Santa Maria della Tomba Assunta in Cielo, edificata sui resti di un tempio pagano dedicato a Giove. La facciata è a coronamento orizzontale di tipo abruzzese abbellita da un portale gotico e da uno splendido rosone del ‘400 commissionato da Palma de Amabile, una nobile locale. Nel 1579 la chiesa fu dotata di una torre campanaria a pianta quadrata. Appena entrati colpiscono i piloni cilindrici in pietra che sostengono gli archi e dividono la chiesa in tre navate.Nella navata di sinistra troviamo un bel crocifisso del XVII secolo a cui seguono 14 quadri che raffigurano le stazioni della Via Crucis, del 1908, opera del pittore Luigi Morgari. All’interno della chiesa ci sono due confessionali lignei del ‘700; scolpita in una nicchia tipicamente rinascimentale, una Madonna in trono col Bambino e vicino al presbiterio due dipinti provenienti dalla Badia Morronese e un piccolo rilievo murato di origine romanica raffigurante Adamo ed Eva, del secolo XIII. Attraverso una piccola porta, sulla destra, si accede all’oratorio della Confraternita, del settecento, ad un’unica navata con molti stucchi e dipinti; nelle nicchie sono ospitate le statue che partecipano alla rappresentazione della Madonna che scappa in piazza e in una teca di cristallo una scultura lignea del secolo XVIII raffigurante Cristo Morto. Vicino all’oratorio è la sagrestia, nel cui interno è un portalino in pietra con un’epigrafe sovrastante, alcuni dipinti e una campana del 1314 di Bartolomeo da Pisa. Al lato sinistro della chiesa è la trecentesca Porta S. Maria della Tomba.
Il corso termina con Porta Napoli, l’arco di trionfo Aragonese detto Porta Nova perché incorporava nella nuova cinta il borgo di Santa Maria della Tomba, è della prima metà del ’300, costruita in pietra, con raffinati movimenti architettonici.
A circa Km. 5 da Sulmona è la Badia Morronese o di Santo Spirito, la cui costruzione si fa risalire al 1241 quando Pietro Angelerio da Isernia, divenuto in seguito papa con il nome di Celestino V, trovò una cappella intitolata a Santa Maria del Morrone, di modeste dimensioni, la ampliò e aggiunse il cenobio, fondando l’ordine dei celestini e divenendo sede dell’abate primario. Al suo ampliamento contribuì Carlo II d’Angiò che nel 1299 ricostru ì il convento e lo abbellì.
Nel 1807 avvenne la soppressione dell ’ordine e fu trasformato poi in penitenziario.
È un ampio fabbricato a pianta rettangolare circondato da mura e quattro torrioni. All’interno troviamo la chiesa barocca della seconda metà del ‘700 con campanile e interno a croce greca e un bell’organo barocco riccamente intagliato. Sopra il portale d’ingresso, splende il coro ligneo posto nell’abside e dei bellissimi armadi intagliati. La cappella Cantelmo presenta un notevole ciclo d’affreschi del ’400 e un sarcofago quattrocentesco contenente le salme di Raimondo e Restaino Cantelmo. Si scende in una chiesetta a pianta irregolare con un porticato, un cortile rettangolare detto dei nobili e un refettorio, tipico ambiente monastico del ‘600. Poco distante dalla badia Morronese si scorgono i resti del Santuario di Ercole Curino, costituito da tre grandi terrazze addossate alla montagna. Sul livello inferiore si allineavano una serie di ambienti come tante grotticelle, le famose “poté che di Ovidio”. Per mezzo di due rampe di scale laterali si saliva al terrazzo sovrastante e da questo, per mezzo di una scala di 21 gradoni articolata in due rampe posizionate a squadra, al ripiano superiore. All’inizio della seconda rampa è posto un grosso cubo in pietra per raccogliere le offerte dei devoti e sulla sommità una fontana alimentata da una sorgente. Sul terrazzo sono stati rimessi in luce avanzi del sacello con pavimentazione a mosaico di origine ellenistica e muri perimetrali affrescati.
Durante le campagne di scavo sono tornati alla luce preziosi reperti, tra i quali un’ara di bronzo e una statuetta raffigurante Eracle in riposo. Ai margini del santuario avanzi di mura della chiesa di S.Maria in Criptis fatta costruire da Pietro Angelerio.
A mezza costa tra le montagne si può ammirare S. Onofrio, l’eremo di Celestino V, dove nel 1294 l’umile eremita fu chiamato da Carlo Martello per essere incoronato pontefice nella città dell’Aquila.
La chiesetta è rettangolare con ai lati gli altari di Sant’Antonio e Sant’Onofrio. La cella dell’eremita è tutta affrescata da mastro Gentileda Sulmona, un artista contemporaneo di Pietro Angelerio. Al centro della cappella è posto un altarino in pietra con una immagine del crocifisso.
Attraversando un corridoio si accede alle altre celle arredate con dipinti e tempere e da qui si scende al loggiato inferiore da cui è possibile ammirare un vasto panorama e accedere al piccolo giardino tre le rocce.
Durante l’ultima guerra mondiale l’eremo subì gravi danneggiamenti in seguito ai bombardamenti aerei.
Tra le manifestazioni caratteristiche di Sulmona ricordiamo la processione del venerdì Santo rievocata da tempo immemorabile la sera del venerdì Santo e la sacra rappresentazione della “Madonna che scappa in piazza” di origine antichissima che si ripete ogni anno la mattina del giorno di Pasqua.


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