Una giovane precaria a Roma, il 9 aprile, per dire basta

23 Marzo 2011   11:01  

Riceviamo e pubbichiamo una lettera di una precaria che il 9 aprile parteciperà alla manifestazione "Il nostro tempo è adesso", mobilitazione lanciata in rete da un gruppo di giovani italiani, che anche in Abruzzo ha registrato già migliaia di adesioni.

'' Aderisco perché ...

... sono precaria da 11 anni, ho 40 anni e il mio tempo è già al giro di boa...

... perché anche io mi trovo ingabbiato in un co. co. pro., in un'azienda dove sembra ormai diventata prassi il rapporto di collaborazione. Perché non si può prevedere di metter su famiglia con un co. co. pro..

Ho 27 anni, sono una studentessa universitaria e ho scelto di aderire perché sono stanca di assistere quotidianamente ad uno scenario che coinvolge il nostro paese di scandali, incertezze, che viene umiliato e che non garantisce un futuro. Sono stanca, appunto, di un sistema povero di aspettative e di un avvenire. Riprendiamoci quello che si spetta.

Voglio avere una scelta.

Sono stanca di fare la fallita davanti agli altri solo perché ho studiato e adesso, da mamma, non riesco a fare a meno dei miei genitori! Il benessere di un paese non si misura solo dal PIL ma dal benessere dei bambini, dalle nascite, da ciò che lo Stato riserva ai più piccoli e alle proprie famiglie e soprattutto da quanto i cittadini rispettino le leggi e siano orgogliosi di chi li governa!

Precarietà vuol dire solitudine. Ed è sulla solitudine dei precari che i poteri forti stanno costruendo le loro fortune. Il pregio di questa iniziativa è che si prefigge di unire coloro che vivono in solitudine la loro condizione di precari e di creare una coscienza collettiva.

Precario del sistema sanitario nazionale, in attesa, ma per quanto? Ogni 31 dicembre spero che il nuovo anno mi regali l'ennesimo progetto di ricerca e così potermi sentire libero e autonomo. Dopo quattro anni, tanti sogni, tanti progetti che devo però tenere in un cassetto e di nuovo attendere.. questo sogno è il vivere serenamente. La vita non può aspettare!

Perché manifestare è una delle poche cose che mi rimangono che mi fa sentire utile.

Partecipo perché è ora che il futuro dei giovani lo decidano i giovani, partecipo perché non credo nella cura della flessibilità nella rigidità della crisi, partecipo perché se non partecipassi non cambierebbe sicuramente nulla.

Partecipo perché nell'Italia di oggi esiste una cosa peggiore della disoccupazione giovanile e cioè il "lavorare gratis" ... una volta la chiamavano "schiavitù".

Ho due figlie di 24 e 18 anni. Serve altro?

Perché il mio Paese non può essere quello della disoccupazione giovanile al 30%.
Non può essere quello in cui l'83% dei nuovi contratti, sono contratti a termine.
Non può essere quello dei voucher.
Non può essere quello della ricerca e dell'istruzione pubblica meno finanziata d'Europa.
Partecipo perché sogno un'Italia diversa. E so che può esistere!

Vivere significa partecipare e partecipare significa decidere. Io sono vivo e io decido.

Io potrò esserci solo emotivamente perché il sabato lavoro.
Sono anch'io una precaria della vita e sono talmente stanca di una vita così sterile ed insulsa che faccio moltissima fatica a non mollare e resistere.
In bocca al lupo a tutti noi.

Non mi voglio arrendere all'idea che per avere un futuro degno devo espatriare.

È ora di dire basta alla violenza con cui questa società condanna i suoi giovani ai margini della vita economica, sociale e politica.
Con 15 anni di precariato nel mondo della ricerca ne ho viste e vissute tante.
E anche oggi, finalmente con un contratto, continuo a sentirmi precario.
Aderisco, partecipo e diffondo.

Life is now!

Partecipo perché sono stanca e stufa di sentirmi dire "sei troppo qualificata" in risposta al mio invio quotidiano di CV. È ORA DI GRIDARE BASTA A QUESTO PAESE CHE NON VALORIZZA LO STUDIO, LA RICERCA, I GIOVANI ... BASTA!

Sono stato precario, al momento sono senza lavoro, dipendo dai miei genitori alla bella età di 35 anni, non ho nessuna intenzione di andare all'estero.

È importante, esserci, cambiare, ognuno deve dare un suo contributo per fare in modo che questo Paese rinasca. E bisogna farlo adesso.

Perché mi so rotto di aspettare di avere 45 anni per essere preso in considerazione come adulto.

Non ho più molto tempo, non voglio più aspettare e non voglio vedere questo mio amato Paese andare definitivamente in rovina.

Sono stanca di sospirare.

Ex ricercatrice emigrata, "controesodata", felicemente docente: la vita è adesso, per i miei ragazzi, in quel caos che sono le scuole oggi, ancor di più.

Perché non è giusto sentirsi dei falliti a 26 anni, non è giusto studiare e fare sacrifici, laurearsi col massimo dei voti per poi sentirsi inutili, sentirsi inermi di fronte ad un paese che non ci offre nessuna opportunità. Dover accettare qualunque compromesso pur di non rimanere a casa sul divano tutto il giorno, lavorare gratis, lavorare senza garanzie, senza la minima stabilità, investire su noi stessi per sperare in un lavoro. Non è giusto non potersi nemmeno permettere di restituire ai nostri genitori quello che ci hanno dato per farci studiare, anzi di dover chiedere loro sempre di più. Non è giusto aspettare fino a 40 anni per potersi permettere di fare progetti per una famiglia e una casa. Non è un paese degno di noi quello che non vuole investire su di noi, non è un paese degno di noi quello in cui nel mondo del lavoro noi giovani siamo solo un peso e non una risorsa.

Doveroso.

Medico, madre che rischia di non essere mai abbandonata dai propri figli.

Perché questo è il nostro tempo e dobbiamo prendercelo, altrimenti non ci verrà restituito, non si potrà tornare indietro.

Riesco ancora a sognare ... un paese migliore, un mondo migliore.

Perché è già tardissimo. Perché sì.''

L'APPELLO ALLA MOBILITAZIONE

'' Non c'è più tempo per l'attesa. E' il tempo per la nostra generazione di prendere spazi e alzare la voce. Per dire che questo paese non ci somiglia, ma non abbiamo alcuna intenzione di abbandonarlo. Soprattutto nelle mani di chi lo umilia quotidianamente.

Siamo la grande risorsa di questo paese. Eppure questo paese ci tiene ai margini. Senza di noi decine di migliaia di imprese ed enti pubblici, università e studi professionali non saprebbero più a chi chiedere braccia e cervello e su chi scaricare i costi della crisi. Così il nostro paese ci spreme e ci spreca allo stesso tempo.

Siamo una generazione precaria: senza lavoro, sottopagati o costretti al lavoro invisibile e gratuito, condannati a una lunghissima dipendenza dai genitori. La precarietà per noi si fa vita, assenza quotidiana di diritti: dal diritto allo studio al diritto alla casa, dal reddito alla salute, alla possibilità di realizzare la propria felicità affettiva. Soprattutto per le giovani donne, su cui pesa il ricatto di una contrapposizione tra lavoro e vita.

Non siamo più disposti a vivere in un paese così profondamente ingiusto. Lo spettacolo delle nostre vite inutilmente faticose, delle aspettative tradite, delle fughe all'estero per cercare opportunità e garanzie che in Italia non esistono, non è più tollerabile. Come non sono più tollerabili i privilegi e le disuguaglianze che rendono impossibile la liberazione delle tante potenzialità represse.

Non è più tempo solo di resistere, ma di passare all'azione, un'azione comune, perché ormai si è infranta l'illusione della salvezza individuale. Per raccontare chi siamo e non essere raccontati, per vivere e non sopravvivere, per stare insieme e non da soli.

Vogliamo tutto un altro paese. Non più schiavo di rendite, raccomandazioni e clientele. Pretendiamo un paese che permetta a tutti di studiare, di lavorare, di inventare. Che investa sulla ricerca, che valorizzi i nostri talenti e la nostra motivazione, che sostenga economicamente chi perde il lavoro, chi lo cerca e chi non lo trova, chi vuole scommettere su idee nuove e ambiziose, chi vuole formarsi in autonomia. Vogliamo un paese che entri davvero in Europa.

Siamo stanchi di questa vita insostenibile, ma scegliamo di restare. Questo grido è un appello a tutti a scendere in piazza: a chi ha lavori precari o sottopagati, a chi non riesce a pagare l'affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi il lavoro non lo trova e a chi passa da uno stage all'altro, alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l'Italia, a chi studia e a chi non lo può fare, a tutti coloro che la precarietà non la vivono in prima persona e a quelli che la "pagano" ai loro figli. Lo chiediamo a tutti quelli che hanno intenzione di riprendersi questo tempo, di scommettere sul presente ancor prima che sul futuro, e che hanno intenzione di farlo adesso.


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